Biden ed il ritiro dall’Afghanistan: significato e conseguenze
Parliamo del ritiro dall'Afghanistan, delle sanzioni alla Russia, del ritorno dell'immigrazione nel dibattito politico e delle altre notizie della settimana.
Biden ed il ritiro dall’Afghanistan: significato e conseguenze
La notizia più importante della settimana riguarda senza dubbio la volontà della presidenza di porre fine alla “Guerra senza fine”, che tiene impegnati gli Stati Uniti in Afghanistan da ormai vent’anni. Il conflitto è infatti iniziato nell’ottobre del 2001, poco dopo gli attacchi dell’undici settembre, con l’amministrazione Bush decisa a smantellare il governo talebano che reggeva il paese.
Una decisione che nessuno dei suoi due precedenti era stato in grado di portare sino in fondo: Donald Trump, in ogni caso, aveva posto il limite del primo maggio come data per il ritiro, che sarà posticipata di qualche mese.
In ogni caso, la scelta ha suscitato qualche perplessità nell’apparato militare americano e un certo timore all’interno della popolazione afghana. Nonostante permanga la speranza che il governo del paese sia in grado di fronteggiare l’offensiva talebana che con ogni probabilità verrà scatenata dopo il ritiro degli statunitensi dal paese, c’è il rischio che il fragile stato si dissolva.
La minaccia è concreta, perché il ricordo del terribile regime talebano (raccontato nel celebre libro “Il cacciatore di aquiloni”, di Khaled Hosseini) è ancora vivo nella popolazione. La situazione interna al paese sia fragile, e le minacce di attentato siano particolarmente frequenti (consigliate a riguardo una serie di puntate di Overland, prodotto dalla Rai, che raccontano bene la vita nel paese), ragion per cui regna il timore di un ritorno a tale situazione.
Sul futuro resta dunque un’incognita, anche per quanto riguarda quello che sarà l’atteggiamento dei talebani. La restaurazione di un potere come quello precedente all’invasione americana non è un obiettivo facilmente raggiungibile, ma non è per nulla scontato neanche il pieno inserimento all’interno della vita politica del paese.
Nel 2020, infatti, i talebani si erano seduti al tavolo dei colloqui con gli Stati Uniti, con un accordo che prevedeva il ritiro americano dal paese barattato con lo stop alle azioni terroristiche ed il colloquio con il governo legale riconosciuto dalla comunità internazionale.
La vera domanda è: i talebani rispetteranno questo accordo e saranno disposti a collaborare? Difficile pensare ad una risposta positiva, visto che il Gabinetto presieduto da Ashraf Ghani è considerato un fantoccio degli odiati Stati Uniti. Il timore dell’amministrazione afghana è quello di un rovesciamento del governo ed una presa del potere con le armi, sfruttando una presunta superiorità dal punto di vista militare. Secondo diversi esponenti, le forze regolari dell’esercito (spesso malpagate e demotivate) non potranno resistere a lungo senza il fondamentale appoggio delle forze statunitensi.
Le sanzioni alla Russia
Nel mentre, cresce la tensione fra gli Stati Uniti e la Russia, con l’amministrazione Biden che ha emanato nuove sanzioni per le interferenze durante le elezioni del 2020, per l’attacco hacker Solarwind e per l’invasione della Crimea.
Gli Stati Uniti hanno sanzionato trentadue individui legati al governo ed all’intelligence russa, mentre dieci diplomatici di Mosca sono stati cacciati dall’ambasciata americana presente a Washington.
Joe Biden, inoltre, ha proposto anche delle mosse volte a colpire il debito sovrano russo, vietando l’acquisto di bond emessi da Mosca, rendendo più difficile per il paese governato da Putin l’acquisto di denaro sui mercati finanziari.
Nonostante questo, però, i rapporti fra i due paesi non sono del tutto logori, con Vladimir Putin che ha continuato a tenere aperta la possibilità ad un bilaterale da tenere in un paese terzo.
Questo a dispetto delle contro-sanzioni presentate dal presidente russo, che ha chiesto a sua volta a dieci diplomatici americani di lasciare il paese ed ha consigliato all’ambasciatore americano John Sullivan di lasciare Washington.
Il tema migratorio ancora al centro del dibattito politico
Il tema migratorio è ancora particolarmente caldo al centro del dibattito politico americano. La questione relativa al numero dei rifugiati presenti al confine con il Messico rischia di essere una grana per Joe Biden, dato che diversi sondaggi evidenziano come la questione sia quella più controversa che penalizza i tassi di approvazione presidenziali.
L’ultima settimana si era aperta con un discusso annuncio della Casa Bianca, che aveva fatto sapere di non voler aumentare i limiti imposti dal presidente Trump, che delimitava a 15.000 persone l’anno il numero di persone che potevano accedere negli Stati Uniti, pur velocizzando i processi di ammissione.
La decisione sarebbe stata in controtendenza con quanto affermato dal presidente in campagna elettorale, quando Biden aveva promesso di portare il numero di persone in fuga da situazione difficile autorizzate ad entrare nel paese oltre quota 60.000.
È bastato poco, in ogni caso, per provocare diverse critiche nel Partito Democratico, arrivate sia da progressisti come Ilhan Omar (D-Mn.), Pramila Jayapal (D-Wash.), Alexandria Ocasio-Cortez (D-N.Y.), che da moderati quali Richard Durbin (D-Illinois) ed il senatore Bob Menendez (D-N.J.).
La portavoce della Casa Bianca Jen Psaki, a riguardo, ha commentato: "La direttiva del presidente è stata l'oggetto di confusione. Nelle passate settimane, Biden si è consultato con i suoi consiglieri per capire il numero di rifugiati che gli Stati Uniti potrebbero realisticamente ammettere tra ora ed il 1 ottobre".
Joe Biden non ha chiarito a quanto ammonterà il numero di persone autorizzate ad entrare nel paese, tema che sarà oggetto di discussione nelle prossime settimane.


Le altre notizie della settimana
Nonostante all’interno del Partito Repubblicano la maggior parte degli elettori abbia continuato a mostrare la sua fedeltà nei confronti di Donald Trump, si sta assistendo ad un fenomeno particolare. I membri del Congresso che hanno votato per l’impeachment dell’ex presidente sembrano ottenere buoni risultati nella raccolta fondi.
Torna ancora una volta al centro dell’attenzione il tema della violenza generata dall’utilizzo delle armi da fuoco. Ad Indianapolis, infatti, un uomo ha aperto il fuoco in un magazzino FedEx uccidendo otto persone, prima di togliersi la vita. Biden ha sollecitato ancora una volta il Congresso per agire in questa direzione, dichiarando “inaccettabile” quanto accaduto.
La Camera dei Rappresentanti ha approvato una misura che punta a ridurre il gender-pay gap ed aumentare la responsabilità dei datori di lavoro. A favore hanno votato i democratici più un repubblicano: i membri del GOP al Senato non si sono espressi circa la possibilità di votare a favore del provvedimento, anche se questo non appare probabile. Per passare, serviranno almeno dieci repubblicani
Il Senato ha votato a favore di una misura per contrastare il crescente odio nei confronti della popolazione asiatico-americana. A favore non solo il Partito Democratico, ma anche quasi tutti i repubblicani. Sono stati solamente sei, infatti, i voti contrari
Proteste in piazza dopo la diffusione del video riguardante l’uccisione di Adam Toledo, un tredicenne latinoamericano freddato da un poliziotto in quel di Chicago nonostante si fosse disarmato ed avesse le mani alzate
Dopo l’annuncio di Biden, che ha proposto una commissione volta a studiare possibili allargamenti della Corte Suprema, sono arrivate le prime contromosse repubblicane. Il membro della Camera dei Rappresentanti Andy Biggs (R-Ariz.) ha proposto infatti un emendamento costituzionale che ne proibirebbe l’allargamento.
Per questa settimana è tutto. Grazie di averci letto. Se la newsletter ti è piaciuta condividila.
Ci trovi anche su