Come interpretare le parole di Biden sul virus nato in laboratorio
Come interpretare le parole di Biden sul virus nato in laboratorio
Cosa ha generato la pandemia da Covid-19? La domanda è nata in contemporanea con l’esplodere del contagio, animando il dibattito sui social ed in alcuni casi anche nel mondo politico. Fino a qualche settimana fa, però, erano in pochi a mettere in dubbio il fatto che il virus fosse sorto in maniera naturale: proprio per questo hanno fatto scalpore le parole a riguardo di Joe Biden.
Il presidente Biden ha spiegato che al momento sussistono all’interno dell’intelligence americana due ipotesi circa l’origine della pandemia, e che sebbene l’idea di un’origine naturale sia quella che abbia più prove dalla sua, resistono alcuni elementi che possono far pensare ad una fuoriuscita da laboratorio. Per questo ha chiesto ulteriori indagini rapide, da concludersi entro 90 giorni.
Per spiegare la situazione, bisogna riavvolgere il nastro di qualche settimana e capire com’è nata la discussione intorno al tema. Tutto è cominciato con un’indiscrezione del Wall Street Journal, che ha parlato di un documento circolante all’interno dell’amministrazione Trump nei primi mesi del 2020, in cui si segnalava la presenza di tre scienziati ammalati all’interno del laboratorio di virologia di Wuhan già a partire dal novembre 2019.
Questo chiaramente non implica che si trattasse già di Covid-19, ma è servito per alimentare il dibattito. Che ha coinvolto anche Antony Fauci, che prima ha parlato della possibilità che il virus fosse fuoriuscito da un laboratorio, salvo poi chiarire che si tratta comunque di un’ipotesi poco plausibile.
Dunque, per quanto all’interno dell’intelligence americana stiano spingendo per approfondire le analisi sull’origine della pandemia, l’idea di un passaggio naturale dall’animale all’uomo rimane in ogni caso la più quotata.
In un rapporto pubblicato a marzo e scritto insieme a scienziati cinesi, un team guidato dall'Organizzazione mondiale della Sanità che ha trascorso quattro settimane a Wuhan nei dintorni fra gennaio e febbraio, ha affermato che il virus era stato probabilmente trasmesso dai pipistrelli all'uomo attraverso un altro animale, e che "l'introduzione a causa di un incidente in laboratorio era considerata un percorso estremamente improbabile".
La richiesta di ulteriori indagini, però, è stata viziata dalla convinzione americana per cui questo studio presenti diverse carenze metodologiche, dovute soprattutto alla scarsa collaborazione del governo cinese.
Dal canto suo Pechino vorrebbe invece uno studio completo, che comprenda anche tutti i primi casi di Covid nell’intero pianeta, con analisi relative a tutte le basi segrete del mondo. Inevitabilmente, la questione ha riacceso il dibattito fra le due superpotenze, ormai vivo dato che gli Stati Uniti stanno provando a fermare la grande ascesa cinese.
Diversi esponenti del governo di Pechino, infatti, hanno attaccato gli Stati Uniti, richiamando proprio la già citata indagine dell’Oms. La stessa Organizzazione Mondiale della Sanità, tramite il direttore Mike Ryan, ha affermato che fornirà un aggiornamento nelle prossime settimane.
Nel complesso, ciò che c’è da sapere al momento è che nessuno ha parlato dell’origine del virus in laboratorio. Tutte le voci a riguardo, infatti, non hanno fatto altro che non escluderne la possibilità, pur considerando l’ipotesi improbabile.
Il piano economico di Biden ed il possibile accordo sulle infrastrutture
Nelle puntate di questa newsletter abbiamo parlato spesso del piano sulle infrastrutture proposto da Joe Biden, e di fatto non poteva essere altrimenti essendo uno dei punti cardine dell’amministrazione in carica. Nelle prime settimane, però, si parlava di una misura quasi esclusivamente democratica, destinata a passare al Senato solo tramite la procedura della reconciliation.
Nelle scorse ore qualcosa è cambiato, dato che i tentativi portati avanti da Joe Biden per arrivare ad un accordo bipartisan con alcuni esponenti repubblicani sembrano portare i primi risultati.
L’opposizione del Partito Repubblicano, inizialmente, è stata incentrata soprattutto sull’enorme spesa che sarebbe rientrata nel pacchetto, con il G.O.P. che proponeva di considerare solamente le infrastrutture fisiche.
Se Joe Biden aveva proposto un pacchetto da 1700 miliardi di dollari ed i repubblicani avevano risposto con una cifra di poco superiore ai 500 miliardi, il punto d’incontro potrebbe essere trovato intorno ai 1000 miliardi
Questa la suddivisione economica della controproposta:
$506 miliardi per strade e ponti
$98 miliardi per il trasporto pubblico locale
$46 miliardi per treni merci e passeggeri
$21 miliardi per la sicurezza delle infrastrutture
$22 miliardi per porti e vie d'acqua
$56 miliardi per aeroporti
$22 miliardi per l'immagazzinamento dell'acqua
$72 miliardi per acquedotti ed infrastrutture idriche
$65 miliardi per la banda larga
$20 miliardi per ulteriori spese legate al finanziamento del piano di infrastrutture
Alcuni senatori repubblicani sarebbero inoltre disposti a finanziare a deficit tutte le spese previste dal nuovo pacchetto.
Nel frattempo, Joe Biden ha presentato il suo primo budget, cristallizzando la dottrina economica con cui sta provando a rilanciare gli Stati Uniti rafforzando la middle class. La cifra è enorme, oltre 6 milioni di dollari, che rappresentano uno degli importi più ingenti a partire dalla Seconda Guerra Mondiale.
Nella proposta ci sarebbero anche investimenti pesanti in infrastrutture, educazione ed assistenza sanitaria. Inoltre il budget assume il passaggio al Congresso dei due piani di spesa già presentati dalla Casa Bianca, l'American Jobs Plan sulle infrastrutture e l'American Families Plan che riguarda le spese sociali (l’abbiamo presentato in una vecchia puntata della newsletter).
Il grande timore, però, è che questa enorme spesa pubblica possa portare alla crescita dell’inflazione e del debito. In ogni caso, è plausibile che la cifra venga rivista al ribasso durante le contrattazioni dei prossimi mesi.
Le altre notizie della settimana
Grazie al filibuster, i repubblicani hanno bloccato con successo la creazione della Commissione indipendente sull’assalto al Campidoglio del 6 gennaio, grazie ad un voto finito con 54 senatori a favore e 35 contrari.
A schierarsi con i senatori democratici sono stati in tutto 6 esponenti repubblicani: Bill Cassidy (La.), Susan Collins (Maine), Lisa Murkowski (Alaska), Rob Portman (R-Ohio), Mitt Romney (Utah), e Ben Sasse (Neb.). La scorsa settimana abbiamo parlato nel dettaglio della proposta e del perché si è arenata.
Il presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha definito un assalto alla democrazia il tentativo di restringere i criteri per l’accesso al voto portato avanti dallo stato del Texas.
Sempre in Texas, Val Demings sta provando il difficile compito di strappare a Marco Rubio un seggio al Senato. Possibilità complessa ma non impossibile, visto il nome di primo piano della candidata.
In ogni caso, anche per agevolare la strada, quasi tutti i candidati democratici hanno compiuto un passo indietro, anche per evitare un’estenuante corsa nelle primarie e concentrarsi direttamente sulle elezioni senatoriali.
Il presidente si trova in una delicata situazione per quanto riguarda la revoca dei dazi sull’acciaio e sull’alluminio imposte da Trump. Le pressioni per abolirle sono molte, ma questo rischierebbe di minare il suo tentativo di avvicinamento ai sindacati, dato che le unions del settore sono state sue grandi sostenitrici.
Diversi esponenti repubblicani hanno criticato la deputata Marjorie Taylor Greene (R-Ga.) per le sue affermazioni in cui ha equiparato l’obbligo di indossare le mascherine all’olocausto perpetuato dai nazisti. Condanne sono arrivate anche dai vertici del partito alla Camera dei Rappresentanti.
L'ex Speaker della Camera, Paul Ryan, afferma che il Partito Repubblicano è dinanzi ad una scelta e che il "futuro non potrà dipendere" dalla fedeltà all'ex presidente Trump.
In Alabama, la governatrice Kay Ivey ha firmato una legge che vieta l'istituzione del cosiddetto 'passaporto vaccinale' per l'accesso ai servizi forniti dallo Stato.
L'Amministrazione Biden ha informato ufficialmente la Russia che gli Stati Uniti non intendono rientrare nell'accordo che consentiva alle due nazioni di condurre sorveglianza aerea gli uni degli altri.
"Gli Stati Uniti sono dispiaciuti del fatto che il Trattato Cieli Aperti sia stato messo in discussione dalle violazioni russe", fa sapere il Dipartimento di Stato Americano. "Dopo aver condotto una review, gli Stati Uniti hanno deciso che non intendono rientrarvi, visto che la Russia non ha preso alcuna azione per tornare a rispettarlo".
I soldati americani si stanno ritirando dall'Afghanistan prima del previsto, ed ora la conclusione del ritiro è previsto da metà luglio, diverse settimane prima dell'obiettivo imposto inizialmente dell'11 settembre.
Lo rende noto il The New York Times, secondo cui a prendere questa decisione è stato il Pentagono, nonostante dubbi irrisolti su come si svilupperà la situazione nella regione dopo il ritiro delle truppe.
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