Come si manipolano (legalmente) le elezioni
Perché negli Stati Uniti si torna a parlare di gerrymandering
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Nell’ultimo periodo il gerrymandering è tornato sotto i riflettori del dibattito politico negli Stati Uniti, suscitando nuove preoccupazioni e interrogativi su una delle pratiche più controverse del sistema elettorale americano. Grazie ad essa, usata in passato in maniera ampia da entrambi i partiti, è infatti possibile manipolare i confini dei distretti elettorali per poter guadagnare in maniera più semplice dei seggi alla Camera dei Rappresentanti. Se ne sta parlando perché Trump vorrebbe questo vantaggio in Texas, ma i Democratici hanno promesso di rispondere in altri stati da loro controllati. Per poter capire in che modo questo potrebbe influenzare le prossime midterm election, cercheremo prima di descrivere cos’è il gerrymandering e come è stato regolato nel corso del tempo.
Il termine gerrymandering ha origini lontane, risalendo ai primi anni del XIX secolo. Nel 1812, infatti, il governatore del Massachusetts Elbridge Gerry decise di riorganizzare i distretti dello stato in modo da favorire il suo partito. La nuova mappa elettorale, disegnata per ottenere un vantaggio politico, aveva una forma bizzarra che ricordava una salamandra. Il termine “gerrymander”, perciò, è una combinazione del cognome del governatore Gerry e del termine salamander (salamandra), e ha cominciato a essere utilizzato per descrivere qualsiasi tentativo di ridisegnare i confini elettorali con l'obiettivo di favorire un partito o un gruppo politico rispetto agli altri.
La lunga lotta giuridica
Nel corso del tempo, non sono mancati i tentativi di regolamentare questa pratica. Negli anni Sessanta del Novecento, la Corte Suprema degli Stati Uniti cercò di affrontare il problema, ma incontrò difficoltà nel trovare un approccio definitivo. Il caso che più ha segnato la storia giuridica del gerrymandering riguarda la disparità di rappresentanza tra le aree urbane e rurali in Tennessee. Pur non pronunciandosi direttamente sulla costituzionalità dei distretti, la Corte stabilì che questi dovessero rispettare il principio della rappresentanza proporzionale e venire disegnati in modo che ogni voto avesse lo stesso peso. Nel caso di Wesberry v. Sanders (1964), la stessa Corte Suprema affermò che i distretti congressuali dovessero rispettare il principio costituzionale del one person, one vote (un uomo, un voto), dichiarando incostituzionale il sistema della Georgia che, a causa delle distorsioni nei confini, assegnava a certi distretti un peso elettorale maggiore di altri. Nonostante questi progressi, non si riuscì a stabilire criteri chiari per individuare e contrastare il gerrymandering.
Diversi casi giuridici hanno cercato poi di affrontare il problema, ma la questione è rimasta irrisolta. Nella sentenza Davis v. Bandemer (1986), la Corte riconobbe che la manipolazione dei distretti a fini politici violava il principio di "uguale protezione" garantito dalla Costituzione, ma non riuscì a definire un metodo preciso per giudicare questi casi. La mancanza di criteri chiari rese difficile applicare le sentenze in modo uniforme, tanto che in Party of North Carolina v. Martin (1992), solo un piano elettorale fu annullato. Nel 2004, la vicenda Vieth v. Jubelirer riaccese il dibattito, con la Corte che, pur divisa, lasciò aperta la possibilità di intervenire, invitando i tribunali a sviluppare parametri oggettivi per contrastare la manipolazione elettorale. Questo invito fu ripreso nel caso League of United Latin American Citizens v. Perry (2006), dove si ribadì che il gerrymandering potesse essere oggetto di revisione giuridica, ma senza risolvere definitivamente il problema.
Gli sviluppi recenti
Negli ultimi anni, accademici e giuristi hanno cercato di sviluppare strumenti per quantificare e contrastare il gerrymandering. Uno dei metodi più promettenti è il cosiddetto "gap di efficienza", ideato nel 2014 da Nicholas Stephanopoulos ed Eric McGhee. Questo strumento misura lo squilibrio nei "voti sprecati", cioè i voti che non contribuiscono alla vittoria di un candidato, come quelli espressi in distretti dominati dall'avversario o in eccesso rispetto alla soglia per vincere. Un gap di efficienza elevato indica che un partito sta manipolando i distretti a suo favore. Nonostante alcune criticità, come l’influenza della geografia urbana, questo metodo è stato visto come in linea con le indicazioni di alcuni giudici della Corte Suprema.
La prima applicazione del gap di efficienza si è verificata nel caso Gill v. Whitford (2016), dove un tribunale federale lo utilizzò per valutare il gerrymandering in Wisconsin. In quel caso, il partito repubblicano aveva ottenuto il 60% dei seggi con una percentuale inferiore di voti popolari, grazie a una mappa che concentrava (packing) gli elettori democratici in pochi distretti e li frammentava (cracking) in altri. La Corte distrettuale dichiarò la mappa incostituzionale, ma la Corte Suprema annullò la decisione per un problema procedurale, senza entrare nel merito. Nel 2019, invece, quest'ultima ha preso una decisione storica, stabilendo come il gerrymandering fosse una "questione politica" che non potesse essere giudicata a livello federale. Sebbene abbia riconosciuto che questa pratica è antidemocratica e ingiusta, ha deciso di non intervenire, lasciando che siano i legislatori a decidere come regolamentarlo, ad esempio tramite l'adozione di commissioni indipendenti per disegnare i distretti.
Ma come funziona il gerrymandering?
Ma come funziona concretamente il gerrymandering? Nello spiegarlo ci richiamiamo a un articolo pubblicato una decina di anni fa dal Washington Post, che ha il merito di aver sintetizzato in maniera semplificatoria gli aspetti di questa pratica. Immaginiamo uno stato di 50 persone, scrive il giornale, di cui 30 appartengono al partito Blu e 20 al partito Rosso (l’esempio così formulato è proprio quello del giornale). Se queste sono distribuite in modo ordinato, con i Blu da un lato e i Rossi dall'altro, una divisione equa in cinque distretti restituirebbe una rappresentanza proporzionale: tre distretti per i Blu e due per i Rossi. Ma se il partito Blu controlla il governo, potrebbe ridisegnare i confini in modo che ogni distretto abbia una maggioranza di Blu, ottenendo così una vittoria totale. Fuor di metafora, questo è quanto accaduto a New York nel 2012: nonostante i Democratici presero il 66% dei voti, vinsero ben 21 su 27 seggi.
In uno scenario inverso, se invece il partito Rosso controlla la mappa, può manipolare i confini per “frantumare” i Blu in piccoli gruppi, in modo da garantirsi la maggioranza in più distretti. Così facendo, pur rappresentando solo il 40% della popolazione, i Rossi ottengono il 60% dei seggi, come accaduto in Pennsylvania nel 2012. In questo caso, il Dem, pur avendo il 51% dei voti, ottennero solo 5 seggi su 18. Questo tipo di distorsione elettorale è reso possibile da un disegno irregolare dei confini, che spesso assume forme molto contorte, come fu il famoso distretto PA-7 in Pennsylvania, uno dei più bizzarri degli Stati Uniti (è stato poi cambiato cinque anni fa). La geometria dei distretti è fondamentale per il gerrymandering, e permette a un partito di ottenere più seggi di quanto il voto popolare giustificherebbe.
In questo modo abbiamo già visto i metodi più comuni per questa pratica. Una delle strategie è il cracking, che consiste nel frammentare i voti di un gruppo specifico in molti distretti, in modo che non ci sia mai una massa critica di elettori che possa influenzare il risultato in modo significativo in nessun distretto. Questo approccio impedisce ai partiti di minoranza di ottenere una maggioranza, assicurando al partito al potere un controllo maggiore. Un'altra tecnica è il packing, che implica concentrare un gran numero di elettori simili in un singolo distretto per limitare la loro influenza sugli altri. Pur essendo utile per garantire la rappresentanza di una minoranza, può essere usato per ridurre l'impatto elettorale complessivo di un gruppo.
I tentativi di regolamentare il gerrymandering
Esistono diverse soluzioni politiche e legali proposte o già adottate per ridurre o prevenire il gerrymandering negli Stati Uniti. Una delle principali è l'introduzione di criteri neutrali per il ridisegno dei distretti, che possano impedire la manipolazione delle linee in favore di un partito o di un candidato. A livello federale, la Corte Suprema ha stabilito che se un piano di ridistribuzione viola il principio di "uguale protezione" o il Voting Rights Act del 1965, un tribunale deve ordinare la proposta di un nuovo piano che rimedi alla distorsione. Tuttavia, la Corte non interviene nei casi di gerrymandering puramente partitico, come confermato dalla già citata sentenza del 2019. Alcuni stati, come la Florida, hanno introdotto modifiche costituzionali per vietare il disegno di distretti favorevoli a un partito o a un politico, mentre l'Ohio ha adottato un sistema che richiede l'approvazione bipartisan delle mappe elettorali.
Un altro approccio efficace per combattere il gerrymandering è l'adozione di commissioni indipendenti, come quelle create in stati come Washington, Arizona e California, che hanno il compito di disegnare i distretti senza l'influenza diretta della politica. Tuttavia, anche questi organismi non sono sempre riusciti a evitare queste pratiche, come nel caso della California, dove il sistema non ha eliminato completamente le distorsioni elettorali. Una proposta innovativa è l'uso di algoritmi informatici per tracciare i confini dei distretti in modo imparziale, eliminando così la componente umana e il suo potenziale bias. Sebbene questa soluzione offra opportunità per un ridisegno oggettivo, le difficoltà derivano dalla necessità di stabilire algoritmi che rispondano a parametri chiari e condivisi, evitando comunque l'influenza politica. Infine, i sistemi elettorali alternativi, come il voto proporzionale o la rappresentanza mista, potrebbero ridurre la necessità di ridisegnare frequentemente i confini dei distretti, in quanto consentono una distribuzione più equa dei seggi in base ai voti ricevuti.
Perché se ne parla oggi
Come è stato già detto, il tema del gerrymandering è tornato al centro del dibattito politico soprattutto a causa degli sforzi operati dal Partito Repubblicano per ridisegnare la mappa elettorale del Texas in maniera favorevole alle proprie posizioni. Il GOP ha proposto un piano che prevede l'aggiunta di ben cinque seggi. Sebbene il gerrymandering sia una pratica abbastanza comune nella politica americana, questo intervento ha suscitato particolare attenzione. Infatti, solitamente, la ridefinizione dei distretti avviene una volta ogni decennio, in seguito al censimento che fornisce dati sulla composizione demografica di ciascuno stato. Come evidenziato da Vox, è piuttosto inusuale che la modifica dei distretti sia fatta così presto, e soprattutto come risposta diretta al desiderio di un presidente di ottenere un vantaggio elettorale.
Nonostante l’opposizione dei Democratici, sembra che il piano Repubblicano si stia muovendo spedito. In effetti, alcuni distretti strategicamente modificati riguardano aree fortemente blu come Dallas, Houston e Austin, con l'intento di capovolgere il controllo di due zone altamente competitive lungo il confine tra gli Stati Uniti e il Messico, nel Rio Grande Valley. La nuova proposta, inoltre, non indebolisce seriamente i seggi già occupati dal GOP, ma sembra puntare esclusivamente a favorire i Repubblicani in nuovi distretti ridisegnati. Il disegno della mappa è stato descritto come una "distorsione palese" del processo democratico da alcuni membri del Congresso, come il democratico Vicente Gonzalez, che ha parlato di una "distruzione della rappresentanza”.
In particolare, il progetto prevede la fusione di due distretti (il 35° e il 37°) a Austin, costringendo due importanti figure politiche di sinistra, i deputati Lloyd Doggett e Greg Casar, a competere tra loro, una mossa che alcuni hanno definito una "soppressione illegale del voto" delle comunità nere e latine del Texas centrale. Il governatore Abbott ha difeso la mappa, citando una lettera del Dipartimento di Giustizia che suggeriva che alcuni distretti dovessero essere ridisegnati in seguito a una decisione della Corte d'Appello degli Stati Uniti. Nonostante ciò, i Democratici non si arrendono e potrebbero contestare la mappa in tribunale, sostenendo che essa violi la legge federale sul diritto di voto, in particolare per quanto riguarda la rappresentanza delle minoranze.
Oltre alla controversia legale, la questione sta suscitando reazioni anche fuori dal Texas. In altri stati come Missouri e Indiana, l'amministrazione Trump sta facendo pressione sui legislatori repubblicani per attuare una ristrutturazione simile a quella del Texas, con l'intento di ribaltare i distretti e guadagnare seggi a favore del GOP. D'altro canto, i democratici stanno cercando di contrastare questa spinta, con alcuni stati, come la California, che potrebbero rispondere al redistricting del Texas con iniziative simili, sebbene incontrerebbero ostacoli legali e politici significativi. Ma questa scelta ha generato anche la reazione dei Dem in altri stati: sia in quel di New York che in California, infatti, si sta discutendo la possibilità di ridisegnare i distretti in modo da vanificare il vantaggio che i Repubblicani otterrebbero in Texas con mappe favorevoli al partito ora all’opposizione.
Le altre notizie della settimana
Il presidente Donald Trump ha firmato un ordine esecutivo che riporta in auge il Presidential Fitness Test, un programma scolastico di valutazione fisica attivo dal 1956 fino al 2013. L'iniziativa mira a contrastare l'aumento dell'obesità infantile e promuovere uno stile di vita sano tra i giovani americani. Sotto la supervisione di Robert F. Kennedy Jr., segretario alla Salute, il programma reintrodurrà esercizi fisici standardizzati e istituirà un nuovo premio per l'eccellenza atletica, in collaborazione con atleti di alto livello. La mossa si inserisce in un più ampio impegno dell'amministrazione Trump per promuovere la salute fisica e la competizione sportiva.
Il presidente Trump ha licenziato Erika McEntarfer, direttrice del Bureau of Labor Statistics (BLS), dopo la pubblicazione di dati deludenti sull'occupazione di luglio. Trump ha accusato l'agenzia di aver manipolato i numeri, senza fornire prove, e ha criticato i dati come "falsi". Il licenziamento ha suscitato preoccupazioni nel mondo accademico e tra gli esperti economici, che temono che possa minare la fiducia nel sistema statistico federale. Molti ritengono che l'episodio possa creare un pericoloso precedente per la politica dei dati pubblici, mentre l'amministrazione cerca di giustificare la decisione come un tentativo di "ripristinare la fiducia" nel BLS.
L'amministrazione Trump ha criticato duramente Canada, Regno Unito e Francia per l'intenzione di riconoscere lo Stato di Palestina all'Assemblea Generale dell'ONU, prevista per settembre. Washington considera questa mossa come un incentivo alla continuazione della guerra da parte di Hamas e un ostacolo a un possibile cessate il fuoco con Israele. Il presidente Trump ha espresso il suo disappunto, definendo la decisione un "premio" per Hamas. Nonostante ciò, i tre paesi giustificano la loro posizione con il peggioramento della crisi umanitaria a Gaza. Trump ha anche annunciato nuove sanzioni contro l'Autorità Palestinese e minacciato ripercussioni sui negoziati commerciali con il Canada.
Kamala Harris ha annunciato che non correrà per la carica di governatrice della California nel 2026, aprendo la porta a una possibile candidatura presidenziale nel 2028. Dopo mesi di riflessione, Harris ha scelto di non entrare nella competizione per succedere a Gavin Newsom, considerando che la carica di governatore avrebbe limitato le sue prospettive future a livello federale. Invece, si concentrerà su iniziative politiche nazionali, tra cui la creazione di organizzazioni per promuovere le sue idee e sostenere i Democratici. Harris, che ha già un'importante base di sostenitori, non ha escluso una candidatura alla presidenza nel 2028, anche se il campo di candidati è già affollato.
Roy Cooper, ex governatore della North Carolina, ha annunciato ufficialmente la sua candidatura per il Senato degli Stati Uniti, puntando al seggio lasciato libero dal repubblicano Thom Tillis. Cooper ha motivato la sua decisione criticando l'attuale leadership repubblicana e promettendo di lottare per la classe media, Medicare, Social Security e i veterani. La sua candidatura è vista come una mossa strategica per i Democratici, che sperano di riconquistare un seggio senatoriali in uno stato chiave. Cooper dovrà affrontare una primaria interna con l'ex deputato Wiley Nickel, mentre i repubblicani puntano su Michael Whatley, presidente del RNC, per mantenere il controllo del seggio. La competizione per il Senato della North Carolina si preannuncia come una delle più costose e competitive delle elezioni di metà mandato del 2026.
Dal 7 agosto entreranno in vigore nuove tariffe doganali volute da Donald Trump, con un range che va dal 10% al 41%, con un impatto particolare su Siria, Canada, Svizzera e altre nazioni. L'Unione Europea, invece, manterrà il dazio al 15%, come stabilito dall'accordo tra Trump e la presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen, nonostante i timori iniziali. Gli Stati Uniti non hanno ancora ridotto le tariffe sulle automobili e componenti automobilistici europei, né hanno definito un trattamento per prodotti strategici come gli aerei.
Il Canada vede un aumento significativo delle tariffe, dal 25% al 35%, mentre la Svizzera è colpita da una tariffa del 39%. Anche la Siria è penalizzata con la tariffa più alta, al 41%. Le merci "trasbordate", come quelle prodotte in Cina e spedite in altri paesi per evitare misure più alte, saranno tassate con un dazio del 40%. Trump ha comunque dichiarato di essere disponibile a trattare per eventuali accordi, pur mantenendo la posizione sugli altri settori.