Con Trump torna l'imperialismo americano?
Nel nostro approfondimento settimanale parliamo delle rivendicazioni di Trump sulla Groenlandia e sul Canada, degli incendi in California e delle inchieste che riguardano il tycoon.
Una conferenza stampa che ha fatto discutere
A 13 giorni dall’inaugurazione del suo secondo mandato, Donald Trump ha tenuto una conferenza stampa nel suo resort Mar-a-Lago, che con ogni probabilità offre un'anticipazione del tono che caratterizzerà la prossima presidenza. Tra i punti salienti, il tycoon ha lasciato aperta la possibilità di usare la forza militare per il controllo del Canale di Panama e della Groenlandia, considerati strategicamente essenziali per la sicurezza economica americana. Sebbene abbia escluso l’uso della forza contro il Canada, ha ventilato pressioni economiche per una possibile unificazione, ipotesi ovviamente respinta con forza da quest’ultimo paese. Durante l’evento ha anche proposto di ribattezzare il Golfo del Messico come “Golfo d’America,” dichiarando che il nuovo nome sarebbe più appropriato.
Sul fronte economico, Trump ha criticato aspramente l’amministrazione Biden, definendo “inaccettabile” l’ordine esecutivo che blocca nuove trivellazioni offshore su milioni di acri, promettendo di revocare immediatamente tali misure. Il futuro presidente si è inoltre lamentato di difficoltà nel periodo di transizione, accusando l’attuale amministrazione di intralciare il passaggio di poteri con azioni legali, sebbene il suo capo di gabinetto designato abbia riconosciuto il supporto ricevuto dal team della Casa Bianca.
Ma tutto questo è possibile?
Com’era prevedibile, le dichiarazioni di Donald Trump hanno fatto velocemente il giro del mondo e iniziato ad alimentare un vivace dibattito su quali potrebbero essere le conseguenze di una politica estera impostata in questo modo dal futuro presidente americano. Come ha sottolineato il New York Times, in un articolo di commento, “un'epoca lontana della politica globale, in cui le nazioni si affannavano per conquistare territori, sembra improvvisamente meno lontana”. Ma quanto sono concrete le minacce da parte del tycoon? In primo luogo, è doveroso analizzare i motivi di questi interessi.
Per quanto riguarda la Groenlandia, essa attira da tempo l’attenzione americana perché la sua posizione strategica lungo la rotta più breve tra Europa e Nord America la rende cruciale per il sistema di allerta missilistica statunitense, oltre che ideale per rafforzare la presenza militare nell’Artico. Come sottolinea ancora il New York Times, inoltre, le vaste calotte e i ghiacciai stanno rapidamente ritirandosi a causa del riscaldamento globale. Questo scioglimento potrebbe facilitare l’estrazione di petrolio e minerali come rame, litio, nichel e cobalto, essenziali per industrie in crescita che producono turbine eoliche, batterie e veicoli elettrici.
La presenza della base americana di Pituffik evidenzia già l’importanza strategica della Groenlandia, un valore consolidato dall’accordo del 1951 con la Danimarca, che consente agli Stati Uniti di mantenere basi e operazioni militari sull’isola. Sebbene la Groenlandia goda di ampia autonomia dal 2009, con la possibilità di dichiarare l’indipendenza tramite referendum, rimane tuttavia economicamente dipendente da Copenaghen, che sostiene metà del suo bilancio pubblico con sussidi annuali. L’indipendenza è sostenuta da una parte significativa della popolazione, ma le incertezze sull’impatto economico restano un tema delicato. Gli Stati Uniti, infatti, potrebbero offrire supporto economico e militare in cambio di accesso strategico alle risorse naturali dell’isola, ma sia la Groenlandia che la Danimarca respingono con fermezza l’idea di un’acquisizione americana, ribadendo che il futuro della Groenlandia deve essere deciso esclusivamente dal suo popolo.
In ogni caso, come ha affermato a NPR Dan Hamilton, esperto di politica estera presso la Brookings Institution, le dichiarazioni del presidente eletto somigliano più a una tattica negoziale che a una vera minaccia. "Gran parte di tutto ciò è fanfaronata e millanteria", ha affermato infatti Hamilton, "è anche una tattica collaudata di Donald Trump: disorientare il tuo partner negoziale, metterlo sulla difensiva per ottenere un accordo migliore rispetto ai tuoi obiettivi reali”. Se Trump volesse andare fino in fondo, sulla carta ci sarebbero tre opzioni: acquistare la Groenlandia (come si è provato a fare decenni fa) o acquisirla militarmente sono opzioni possibili ma sicuramente molto improbabili. La soluzione più probabile, nel caso, sarebbe un accordo che darebbe agli USA maggiore controllo su quei territori, così come quelli che gli Stati Uniti hanno con aree come la Micronesia, le Isole Marshall e Palau, nelle isole del Pacifico occidentale.
E per le altre dichiarazioni di Trump? Sulla possibile ridenominazione del Golfo del Messico, il presidente potrebbe avere la possibilità di portare avanti proposte di modifica dei nomi geografici a livello nazionale, seguendo precedenti come la rinominazione della montagna McKinley in Denali da parte di Obama nel 2015. Tuttavia, la possibilità che altri paesi riconoscano un tale cambiamento è incerta. Il processo di denominazione internazionale non è infatti regolato da protocolli formali. Resta invece pressoché impossibile che il Canada possa entrare a fare parte degli Stati Uniti.
Fra gli analisti che hanno commentato la conferenza stampa, inoltre, in molti si sono soffermati sul ritorno di una retorica imperialista da parte degli Stati Uniti. Secondo PBS, ex funzionari e analisti stanno criticando l’approccio di Trump come impulsivo e controproducente, incapace di affrontare le reali minacce alla sicurezza americana. La sua strategia, per la testata (che riflette la posizioni di molti commentatori), sembra motivata più dalla proiezione di potere e dall’ego personale che da un piano coerente di politica estera, con il potenziale di compromettere la stabilità geopolitica e i rapporti con i partner NATO.
Inferno in California
La California sta vivendo giorni particolarmente difficili: una parte dello stato è devastata da una serie di roghi che hanno provocato almeno undici vittime. Le fiamme interessano tre aree diverse intorno a Los Angeles: particolarmente colpite le zone costiere di Santa Monica e Malibu, i sobborghi di Pasadena e le aree rurali della San Fernando Valley. Il Palisades Fire, il fronte più esteso, ha devastato oltre 21.000 acri e costretto all'evacuazione di aree lungo la Pacific Coast Highway.
A est, l'Eaton Fire, nei pressi delle montagne di San Gabriel, ha consumato 14.000 acri e distrutto migliaia di case. Progressi più significativi sono stati registrati contro incendi minori, come il Kenneth Fire nella San Fernando Valley, contenuto al 35% dopo aver bruciato 1.000 acri. Anche il Sunset Fire nei Hollywood Hills è stato completamente domato. Tuttavia, le autorità rimangono in allerta poiché nuove fiamme continuano a minacciare i quartieri di Los Angeles.
Fare una conta dei danni, al momento, non è possibile, ma le prime stime, in ogni caso, parlano della distruzione di circa 12.000 strutture, tra case, garage e attività commerciali. Oltre alle abitazioni private, le fiamme hanno distrutto luoghi iconici, tra cui la Palisades Charter High School, rinomata per essere stata il set di serie TV come Modern Family e la storica residenza del celebre attore Will Rogers. Anche il Topanga Ranch Motel, scenario di numerosi film, è stato ridotto in cenere. Non è ancora chiaro cosa abbia innescato gli incendi, e potrebbero volerci mesi per determinare con certezza le cause. Tuttavia, le linee elettriche vicino Eaton e Palisades erano attive quando le fiamme sono divampate martedì. Gli esperti hanno espresso preoccupazione poiché tali apparecchiature hanno spesso scatenato incendi durante periodi di venti forti in California e altrove.
Il dramma che sta andando in scena a Los Angeles in queste ore ha acceso anche la polemica politica, e al centro delle critiche ci sono soprattutto i Democratici Gavin Newsom e Karen Bass, rispettivamente governatore della California e sindaca di Los Angeles. Trump ha sostenuto che il primo si sarebbe rifiutato di firmare un documento essenziale per il pompaggio d’acqua necessario a contenere le fiamme, un'accusa respinta con fermezza dal team dell’interessato.
Anche Bass è finita nel mirino per aver partecipato a un viaggio diplomatico in Ghana proprio mentre la crisi degli incendi esplodeva. La sindaca ha difeso il suo operato, sottolineando di essere stata in contatto costante con le autorità locali e nazionali durante il volo. Tuttavia, le critiche non si sono placate, soprattutto a causa della recente riduzione del budget del dipartimento dei vigili del fuoco di Los Angeles, decisa poco prima dell’emergenza. Newsom ha ribadito di aver predisposto risorse preventive, tra cui mezzi aerei, motopompe e personale specializzato per fronteggiare gli incendi. Ma per i suoi detrattori, come l'ex deputato dell'Assemblea Mike Gatto, la presunta carenza di preparazione resta "criminale" e richiede risposte chiare.
La condanna per Trump
Nel processo di New York legato al caso Stormy Daniels, Donald Trump non ha ricevuto nessuna pena per la condanna per i 34 capi di accusa per cui era già stato riconosciuto colpevole. Il giudice Juan Merchan ha deciso per una "scarcerazione incondizionata" del presidente Donald Trump evitandogli così il carcere o sanzioni pecuniarie. Allo stesso tempo, in questo modo, Donald Trump entra però nella storia ufficialmente come il primo condannato ("felon") a diventare presidente degli Stati Uniti.
Nel frattempo il presidente eletto ha già fatto sapere, tramite un post pubblicato su Truth Social, che a decidere sono già stati gli elettori a novembre con la sua rielezione e che “intende appellarsi contro questa farsa e restaurare la fiducia della popolazione nel sistema giudiziario americano”. Inoltre ha chiesto a una corte d'appello di bloccare la pubblicazione dei rapporti del procuratore speciale Jack Smith su entrambe le indagini federali che lo riguardano.
Al tempo stesso, l’Attorney General Merrick Garland è pronto a rilasciare il rapporto di Smith sull'indagine per sovversione elettorale, mentre ha indicato che il rapporto sull'indagine dei documenti classificati a Mar-a-Lago potrebbe essere reso pubblico dopo la conclusione del caso contro due co-imputati di Trump.
Le altre notizie della settimana
Il Senato ha votato per iniziare la discussione sul Laken Riley Act, un disegno di legge che mira ad ampliare i poteri del governo federale per trattenere immigrati presenti illegalmente negli Stati Uniti. Con un voto bipartisan di 84 a 9, 31 Democratici si sono uniti ai Repubblicani per superare la soglia di 60 voti necessaria per aprire il dibattito sulla proposta. La legge, intitolata in memoria di una giovane studentessa di infermieristica uccisa da un immigrato venezuelano senza documenti, estenderebbe la detenzione obbligatoria per gli immigrati irregolari accusati o condannati di reati come furto, scasso e taccheggio.
Come riporta POLITICO, le promesse del presidente eletto Donald Trump di aumentare significativamente la produzione petrolifera negli Stati Uniti potrebbero scontrarsi con ostacoli economici e legali, anche qualora riuscisse a revocare il recente divieto del presidente Joe Biden sulle trivellazioni offshore. Il mercato petrolifero, già dominato dagli USA, sta affrontando una crescente adozione di veicoli elettrici e pressioni degli investitori per una gestione più prudente della produzione. Inoltre, l'accesso a nuovi giacimenti non garantisce automaticamente un aumento dell'output, poiché i produttori valutano la domanda globale, specialmente dalla Cina, prima di investire in nuovi progetti.
Le ambizioni di Trump rischiano di essere ulteriormente complicate dalle sue politiche commerciali e sull'immigrazione, come i possibili dazi sul petrolio importato da Canada e Messico, fondamentali per le raffinerie statunitensi. Simili misure potrebbero aumentare i costi di produzione e ridurre la domanda interna di carburante. Allo stesso tempo, la crescente adozione di veicoli elettrici, soprattutto in Cina, prefigura un picco nella domanda globale di benzina entro il 2030.
L’ex deputato Matt Gaetz, figura controversa della destra americana, ha annunciato l’intenzione di candidarsi come governatore della Florida nel 2026, attirando subito l’attenzione nazionale. Dopo aver lasciato il suo seggio al Congresso a seguito di un rapporto del comitato etico che lo accusava di condotta sessuale inappropriata e uso di droghe, Gaetz ha dichiarato di aver discusso la candidatura con Donald Trump, ricevendo consigli e sostegno. La corsa per il governatorato, aperta dalla fine del mandato di Ron DeSantis, promette di essere un evento chiave nel panorama politico del prossimo ciclo elettorale.
La polarizzazione estrema che caratterizza la politica americana attuale ha reso molto più rari i momenti di unità, ragion per cui anche l'unità fra presidenti passati, presenti e futuri che si è avuta in occasione del generale di Jimmy Carter ha suscitato attenzione e curiosità, con diverse scene diventate presto virali sui social.
Durante la cerimonia, ad esempio, Obama e Trump sono stati ripresi mentre ridevano fra loro. Bush, inoltre, ha scherzato con il suo successore Obama, mentre Kamala Harris ha evitato interazioni con Trump. Mike Pence, inoltre, ha stretto la mano all’ex presidente, con cui non parlava dal gennaio 2021, quando arrivò allo scontro con lui dopo l'assalto al Congresso.