Donald Trump ha il suo sfidante nelle primarie
Nel numero di questa settimana parliamo della candidatura di Ron DeSantis alle elezioni presidenziali del 2024 e dell'intesa sull'aumento del tetto del debito
Lo sfidante di Donald Trump
La sfida per le primarie del Partito Repubblicano in vista delle elezioni presidenziali del 2024 è pronta ad entrare nel vivo: colui che da tempo è indicato come l'unico candidato in grado di poter battere Donald Trump, ovvero il governatore della Florida Ron DeSantis, ha infatti annunciato in maniera ufficiale la sua candidatura.
Non si tratta dell'unico sfidante in corsa: sono già scesi in campo esponenti di primo piano del partito come Tim Scott, senatore afroamericano della South Carolina, e Nikki Haley, ex governatrice dello stesso stato nonché già ambasciatrice alle Nazioni Unite, oltre a candidati meno conosciuti al grande pubblico, come il milionario Vivek Ramaswamy, l’ex governatore dell’Arkansas Asa Hutchinson e lo speaker radiofonico Larry Elder, ma nessuno ha l'appeal elettorale e la notorietà di Ron DeSantis.
Anche quest'ultimo, però, sembra faticare nel tenere il passo di Donald Trump, che stando ai sondaggi appare tuttora ampiamente il candidato preferito dagli elettori del GOP, con una media vicina al 50%, mentre il governatore della Florida staziona intorno al 20%.
A complicare le cose, per Ron DeSantis, vi è stato un avvio di campagna elettorale particolarmente difficile: l'annuncio della sua candidatura, infatti, doveva essere dato in una diretta su Twitter, ma diversi problemi tecnici hanno reso problematico l'evento. Collegati alla live c'erano infatti circa mezzo milione di persone, ma sono serviti oltre 25 minuti di attesa (di silenzio, microfoni che non andavano e lag) prima che il governatore della Florida riuscisse a dire "Mi candido alla presidenza degli Stati Uniti per guidare il nostro grande ritorno americano". A quel punto in ascolto c'erano circa 250 mila persone.
Al netto dei problemi tecnici, l'evento di lancio della campagna elettorale di Ron DeSantis è servito per avere un'idea di quelli che saranno i temi e le modalità tenterà l'assalto alla Casa Bianca. C'è un aspetto che quasi tutti gli analisti hanno evidenziato: nel corso del suo discorso, il governatore della Florida non ha mai citato direttamente il suo sfidante principale, Donald Trump. Come sottolineato da Reuters, infatti, il tycoon è stato citato in maniera indiretta solamente in due occasioni, quando sono stati ricordati i risultati deludenti del Partito Repubblicano nel recente periodo e quando ha sottolineato come la politica "non sia show e intrattenimento".
Nel corso delle sue prime ore di campagna elettorale, Ron DeSantis ha anticipato anche una linea più dura nei confronti della Cina, oltre alla necessità di rafforzare le relazioni diplomatiche con India, Australia ed altri alleati per contenere l’influenza del paese asiatico nel Pacifico. Nel complesso, la sua linea sembra chiaramente quella di un conservatorismo duro, ma con dei toni più morbidi di quelli di Donald Trump, in grado di attrarre i voti anche di un elettorato più educato.
I temi, però, non sono molto differenti da quelli del tycoon: anche lo slogan usato in questi giorni, con DeSantis che ha parlato di un "Creato America Comeback", ricorda il "Make America Great Again" dell'ex presidente.
Tetto del debito, passi avanti nelle discussioni
Il dibattito relativo all’aumento del tetto del debito (per approfondire di cosa si tratta e quali possono essere le conseguenze di un mancato innalzamento rimandiamo ad un vecchio numero della nostra newsletter) ha occupato gran parte delle discussioni politiche nel corso degli ultimi mesi, in cui i due Partiti hanno cercato un accordo per evitare un default che sarebbe disastroso per l’economia americana.
La deadline, adesso, è più vicina che mai. La Segretaria al Tesoro Janet Yellen ha sottolineato come la data oltre la quale gli Stati Uniti non saranno più in grado di ripagare i propri debiti dovrebbe essere il prossimo 5 giugno. Nei primi mesi dell’anno le posizioni dei due partiti sono state molto distanti: per la Casa Bianca il tema non doveva essere al centro di dibattito politico, ed il GOP avrebbe dovuto votare l’innalzamento senza grosse concessioni in cambio, come già avvenuto più volte in passato, mentre i Repubblicani chiedevano grossi tagli alla spesa federale.
L’avvicinarsi della deadline, però, ha portato entrambe le parti ad ammorbidire le rispettive posizioni: nell’ultima settimana i partiti hanno lavorato febbrilmente per trovare un accordo che sembra più vicino. I dettagli non sono ancora chiari, ma si sarebbe prossimi ad un’intesa che permetterebbe di alzare il tetto del debito per due anni, legando quest’ultima mossa ad un taglio delle discretionary spending (che comprendono educazione, trasporti, spese militari e aiuti esteri e si distinguono dalle mandatory spending, che coprono invece gli investimenti obbligatori e i programmi sociali come pensioni e sanità), ad eccezione dei fondi per investimenti militari e dei finanziamenti di assistenza ai veterani.
L’accordo, inoltre, ridurrebbe di circa 10 miliardi di dollari gli stanziamenti fatti dalla Casa Bianca lo scorso anno per potenziare l’I.R.S., ovvero l’agenzia destinata alle investigazioni sull’evasione fiscale. Questi fondi sarebbero sposati sui discretionary spending, in modo tale da evitare tagli a programmi relativi all’educazione ed alle politiche ambientali. Si tratta comunque di una mossa che ha fatto storcere il naso all’ala liberal del Partito Democratico. Anche nel GOP, comunque, non mancano gli scontenti, in particolar modo nella frazione più conservatore.
Quest’intesa permetterebbe ai Democratici di poter mantenere la promessa di non effettuare alcun taglio sui programmi di investimento sociale, mentre i Repubblicani otterrebbero comunque una riduzione della spesa, come richiesto da molti eletti del Partito. L'innalzamento del tetto del debito per due anni permette inoltre di spostare il rischio di default dopo le prossime presidenziali, fattore che rappresentava una domanda chiave della Casa Bianca.
A riguardo, lo Speaker della Camera dei Rappresentanti Kevin McCarthy (esponente del GOP) ha affermato: “Le conversazioni con la Casa Bianca proseguono ininterrottamente, facciamo alcuni passi avanti e altri indietro, non è semplice. Lavoreremo duro per raggiungere un’intesa”. Come sottolineato dal New York Times, però, il poco tempo a disposizione non gioca a favore delle parti: anche qualora l’accordo dovesse essere raggiunto in fretta, arrivare all’approvazione definitiva potrebbe non essere rapidissimo, anche perché bisognerà vincere le resistenze dei legislatori e far votare l’intesa sia alla Camera che al Senato.
Le altre notizie della settimana:
L’amministrazione Biden ha annunciato un piano nazionale per porre fine alla violenza basata sull’identità di genere o sull’orientamento sessuale. La strategia pensata dalla Casa Bianca è basata su alcuni pilastri come prevenzione, supporto al benessere, un sistema giudiziario più equo e maggiori investimenti sulla ricerca e la collezione di dati.
Sempre in questi giorni l’amministrazione ha svelato un piano nazionale per combattere l’antisemitismo.
La Camera dei Rappresentanti guidata dal Partito Repubblicano ha votato una misura per bloccare il piano approvato dal presidente Joe Biden nel 2020, volto a cancellare parte dei debiti studenteschi. La Casa Bianca ha comunque sottolineato che opporrà il veto a tale misura qualora dovesse essere approvata (ed è comunque impossibile o quasi che passi al Senato).
Il candidato Repubblicano alle elezioni presidenziali Tim Scott ha ricevuto un importante endorsement: il numero due del Partito al Senato, John Thune, ha infatti annunciato l’appoggio al suo collega della South Carolina.
I deputati Maria Elvira Salazar (R-Fla.) e Veronica Escobar (D-Texas) hanno annunciato una proposta di legge bipartisan sull’immigrazione volta ad aumentare le vie d’accesso legali agli Stati Uniti ed aumentare la sicurezza al confine meridionale. La legge permetterebbe ai migranti senza documenti che sono già nel paese e non hanno precedenti legali di muoversi liberamente e di poter lavorare in maniera legale.
Stewart Rhodes, leader del gruppo di milizia di estrema destra Oath Keepers, è stato condannato per sedizione a 18 anni di prigione a causa del suo ruolo nella fallita insurrezione al Campidoglio del 6 gennaio 2021. Questa è la sentenza più severa finora emessa in relazione all'attacco al Campidoglio e la prima per un imputato condannato per sedizione.
La NAACP (National Association for the Advancement of Colored People), il più antico gruppo per i diritti civili negli Stati Uniti, ha emesso un "travel warning" per la Florida. Questo avvertimento è stato emanato in risposta agli sforzi del governatore della Florida, il repubblicano Ron DeSantis, di bandire libri sulle questioni etniche e le identità LGBTQ+, così come rifiutare un nuovo corso di studi avanzati in studi afroamericani e proibire programmi di diversità, equità e inclusione nei college della Florida.
La NAACP sostiene che la Florida sia diventata uno Stato ora "apertamente ostile" verso gli afroamericani, le persone di colore e gli individui LGBTQ+.
Tom Carper, Senatore del Delaware, ha annunciato che non intende ricandidarsi per un quinto mandato nel 2024, lasciando così libero un seggio a un collega di partito più giovane. Carper è considerato un Democratico moderato e nel 2018 ha ottenuto il 60% dei voti in Delaware.
L'ultimo repubblicano a detenere un seggio al Senato nel Delaware è stato William V. Roth Jr., che Carper ha sconfitto nel 2000. Carper è l’ultimo veterano della guerra del Vietnam a servire al Senato. La favorita a prendere il suo posto è la deputata Lisa Blunt Rochester che attualmente rappresenta il Delaware alla Camera.