Donald Trump sotto accusa
L'inchiesta dell'FBI, il duro discorso di Biden: il tycoon è sotto accusa.
L’indagine dell’FBI nei confronti di Donald Trump
Negli ultimi giorni Donald Trump è tornato prepotentemente al centro del dibattito politico, con una serie di vicende che rischiano di minare l'immagine del Partito Repubblicano e complicare la strada verso la vittoria nelle prossime midterm, in un momento in cui la popolarità di Biden sta crescendo e i sondaggi sembrano virare verso i democratici. Le spinose vicende del tycoon hanno avuto inizio lo scorso 8 agosto, quando l'FBI ha effettuato una perquisizione nella residenza di Mar-a-Lago per verifiche riguardo la possibile presenza di documenti riservati e top secret che l'ex presidente avrebbe portato con sé dopo aver lasciato la Casa Bianca, violando in questo modo la legge.
Tre erano le potenziali accuse mosse dal Dipartimento di Stato: la prima riguardava violazioni della legge sullo spionaggio, la seconda ostruzione alla giustizia e la terza detenzione illecita di documenti ufficiali. Per descrivere la situazione va fatta una premessa: lo scorso giugno un avvocato del presidente Trump aveva firmato la rinuncia a qualsiasi documento classificato, presentando una documentazione in questi termini. Secondo il Dipartimento di Stato, invece, questo potrebbe non essere vero, e le indagini portate avanti sembrano aver fornito prove in questo senso.
La dichiarazione del Dipartimento di Stato riferisce infatti che la documentazione consegnata in passato potrebbe essere incompleta e che “il governo ha sviluppato prove che una perquisizione limitata al deposito non avrebbe portato alla luce tutti i documenti riservati. Il governo ha anche sviluppato prove del fatto che i documenti del governo sono stati probabilmente nascosti e rimossi dal deposito e che sono stati probabilmente intrapresi sforzi per ostacolare le indagini del governo". Secondo quanto scritto, dunque, esiste la possibilità che Donald Trump abbia spostato altrove alcuni documenti per ostacolare appositamente il percorso della giustizia.
C’è una foto che, in particolare, ha fatto il giro del web: in questa, scattata dall’FBI, sono mostrati una serie di cartelle e copertine gettate sul pavimento con l’etichetta “Top Secret”, che riguarda i file che contengono informazioni sensibili posizionati accanto ad una scatola con alcune foto di copertine legate allo stesso Trump. La supposizione effettuata dagli inquirenti è che l’ex presidente abbia conservato queste carte in zone assolutamente non sicure, al fianco di ricordi della vita quotidiana.
Ma cosa era contenuto all’interno dei documenti trovati nella residenza di Mar-a-Lago? Secondo il New York Times, l’FBI ne avrebbe individuato 18 classificati come top-secret, 54 come “segreti”, 31 come confidenziali e 11,179 senza alcuna classificazione. A suscitare particolare attenzione, però, sono state 48 cartelle trovate vuote, che hanno fatto emergere l’interrogativo riguardante la possibilità che lo stesso ex presidente abbia nascosto altri documenti.
Attraverso la propria piattaforma Truth, Donald Trump ha risposto alle accuse rivolte dagli inquirenti, accusandoli di aver gettato tutti i file sul pavimento per accusarlo poi di questo. Lo stesso tycoon ha avviato anche azioni legali per arrivare alla restituzione di quanto prelevato dall’FBI, che secondo gli avvocati stava “criminalizzando il possesso di documenti personali conservati in un ambiente sicuro da parte di un ex presidente”. Un potenziale limite di questa mossa, però, sta nel fatto che è stata eseguita appellandosi al fatto che il Presidential Record Act, che attribuisce al governo e non al presidente il possesso della documentazione prodotta nel coro di un mandato, non fosse applicabile in quanto il presidente è obbligato solo ad interfacciarsi all’archivista e non alla restituzione delle carte. Il limite sopracitato, però, sta appunto nel fatto che il mandato di perquisizione non sia stato emanato sulla base del Presidential Record Act ma dell’Espionage Act, che condanna il possesso non autorizzato di documenti sensibili per la sicurezza nazionale a prescindere se siano classificati o meno.
“Gli archivi nazionali”, si legge nel documento prodotto dai legali di Trump, “avrebbero dovuto semplicemente collaborare in buona fede per arrivare al recupero dei documenti presidenziali”.
Il duro atto di accusa di Biden contro Trump
Non c’è solo l’inchiesta dell’FBI a creare problemi all’ex presidente americano Donald Trump, da più parti accusato per le ultime dichiarazioni in cui ha affermato che, nel caso in cui dovesse tornare presidente, ha intenzione di concedere la grazia e le scuse ufficiali a quanti hanno subito accuse e condanne in relazione all’assalto al Congresso avvenuto il 6 gennaio 2021.
Nel corso di un’intervista rilasciata alla conduttrice radiofonica Wendy Bell, Trump ha affermato anche di star sostenendo personalmente le spese finanziarie di molti degli accusati. Queste dichiarazioni si aggiungono a prese di posizione relative a pochi giorni fa, in cui l’ex presidente ha chiesto di essere reintegrato alla Casa Bianca per rispettare il “corretto risultato delle elezioni 2020”.
Questa situazione ha provocato anche un’energica risposta da parte del presidente Joe Biden, che nell'Independence Hall di Philadelphia ha tenuto un duro discorso in cui ha chiamato tutti i cittadini americani a raccogliersi per difendere la nazione dalle minacce per la democrazia, provocate anche dal trumpismo. L’inquilino della Casa Bianca ha infatti affermato: “La maggioranza dei repubblicani non sono parte del movimento MAGA (acronimo di Make America Great Again, lo slogan di Trump, ndr), ma non c'è dubbio che il Partito Repubblicano oggi sia lo stesso dominato, guidato e intimidito da Donald Trump e dai suoi sostenitori MAGA - e questa è una minaccia per la democrazia. Le forze MAGA sono determinate a portare questo Paese indietro di decenni. Indietro verso un'America in cui non c'è più il diritto di abortire, il diritto alla privacy, il diritto alla contraccezione, il diritto di sposare chi si ama. Questi rappresentano un estremismo che minaccia le fondamenta stesse della nostra Repubblica perché non rispettano la Costituzione. Per molto tempo siamo stati convinti che la democrazia americana fosse garantita. Ma non è così. Dobbiamo difenderla. Proteggerla. Ognuno di noi”.
La dichiarazione, che ha fatto immediatamente il giro del mondo, ha inevitabilmente generato immediate risposte da parte dei repubblicani. Il leader della minoranza della Camera Kevin McCarthy (R-Calif.) ha accusato Biden di aver scelto di "dividere, sminuire e denigrare i suoi concittadini che non sono d’accordo con le sue politiche”. Poco dopo il suo discorso, in ogni caso, Biden è stato chiamato ad una piccola rettifica, dicendo che “nessun sostenitore di Trump è di per sé una minaccia per la democrazia, ma che lo sono esclusivamente quelli che invitano all’uso della violenza”.
L’accordo bipartisan sulla riforma dell’Electoral College è più vicino
Proprio in questo clima di accese divisioni fra i partiti, sembra essere vicino ad essere portato a termine un importante provvedimento bipartisan relativo alla revisione del sistema elettorale per chiarire alcune ambiguità sul ruolo che il vice-presidente ha nel sovvertire il risultato. Con l'adesione del repubblicano Chuck Grassley la misura, portata avanti dalla repubblicana Susan Collins e dal democratico Joe Manchin, ha infatti raggiunto l'appoggio di dieci membri del GOP necessari per superare il filibuster e quindi essere approvata.
La legge portata avanti al Congresso dopo quanto avvenuto nel 2020 riconoscerebbe che il ruolo del vicepresidente è esclusivamente istituzionale, e renderebbe più difficile per i membri delle due Camere contestare i risultati dei singoli stati.
Risultati a sorpresa nelle elezioni in Alaska
Nell'ultima settimana è arrivato un dato abbastanza a sorpresa nelle elezioni suppletive alla Camera in Alaska, dove i democratici hanno ottenuto una sorprendente vittoria in uno stato che dal 1972 votava a favore dei repubblicani. Si tratta dell'ennesimo risultato utile per il partito di maggioranza, che da settimane sta crescendo nei sondaggi, ottenendo vittore che alimentano l'ottimismo in vista delle midterm di novembre.
Il successo di Mary Peltola, in ogni caso, è stato influenzato anche dal particolare sistema di voto dell'Alaska, dove è in vigore il Ranked-Choise Vote, che permette di ordinare i candidati in base alle preferenze: la divisiva Sarah Palin (candidata alla vicepresidenza nel 2008), ha preso solamente un voto su due come seconda scelta dall'altro repubblicano Nick Begich. Nonostante questa considerazione, il risultato rappresenta comunque un ulteriore campanello d'allarme per il GOP, la cui vittoria nelle midterm non è più così scontata.
Le altre notizie della settimana:
Il dato aggiustato per la stagionalità dei posti di lavoro non agricoli negli Stati Uniti ha finalmente raggiunto e superato quello del febbraio 2020, ultimo mese prima della pandemia di COVID 19. Sono quindi stati recuperati tutti i posti di lavoro persi da allora.
La Casa Bianca nella giornata di venerdì ha chiesto al Congresso di approvare uno stanziamento da 13,7 miliardi di dollari in ulteriori aiuti all'Ucraina, che comprendono 11,7 miliardi di dollari in ulteriore sicurezza e assistenza economica per l'Ucraina e 2 miliardi di dollari per aiutare a sostenere le forniture energetiche nazionali per compensare gli impatti della guerra sul mercato energetico globale.
Gli Stati Uniti autorizzano l'aggiornamento dei booster COVID-19 per il nuovo ceppo omicron; le riprese potrebbero iniziare entro pochi giorni. I vaccini Moderna e Pfizer sono vaccini bivalenti che combinano il vaccino originale con un vaccino mirato alle sottolinee BA.4 e BA.5 Omicron.