Dopo le elezioni del 2022, Biden riuscirà ancora a governare?
I Democratici riusciranno a mantenere la maggioranza al Senato alle elezioni di metà mandato.
Il punto sulla sfida al Senato per il 2022
Cominciamo a gettare uno sguardo sulle prossime midterm in programma nel 2022. Negli Stati Uniti infatti ogni due anni si rinnova tutta la Camera e un terzo del Senato, questo fa sì che a metà mandato normalmente il partito di opposizione prenda il controllo di almeno una delle due aule.
Nel 2022 parte dell’attenzione sarà rivolta sulla sfida per il Senato. La situazione di partenza vede una perfetta parità, con cinquanta seggi per ciascun partito: al momento, dunque, la maggioranza è per i democratici, che possono contare sul voto decisivo della vice-presidente Kamala Harris.
Ma cosa potrà succedere nella prossima tornata elettorale? I seggi in ballo sono quelli presenti nella seguente mappa (colorati in base al senatore attualmente in carica), con i democratici che dovranno difendere 14 seggi, mentre i repubblicani 20.
Una situazione dunque favorevole ai democratici, favorita da un altro aspetto: sono diversi, infatti, i senatori del GOP che hanno scelto di non ricandidarsi. Durante un’elezione, infatti, chi si presenta da candidato uscente gode di notevole vantaggio, ed è più facile strappare il seggio in mano avversaria se entrambi i contendenti si presentano per la prima volta.
Sono ben cinque i repubblicani che hanno annunciato la mancata ricandidatura: Richard Shelby (Alabama), Roy Blunt (Missouri), Richard Burr (North Carolina), Rob Portman (Ohio) e Pat Toomey (Pennsylvania). Nessun democratico, invece, ha annunciato di non voler correre nel 2022.
Chiariamo subito che non tratteremo alcuni seggi, il cui esito appare scontato. I democratici vinceranno senza grossi problemi in California, Colorado, Connecticut, Hawaii, Illinois, Maryland, New York, Oregon, Vermont e Washington. I repubblicani, invece, non dovrebbero incrociare difficoltà in Alabama, Alaska, Arkansas, Idaho, Indiana, Iowa, Kansas, Kentucky, Louisiana, Missouri, North Dakota, South Carolina, South Dakota ed Utah.
Andiamo a vedere, invece, quelle sfide particolarmente aperte. Partiamo dalla Pennsylvania, stato che sarà centrale in quanto maggiormente indiziato per cambiare colore. Attualmente ad occupare il seggio è il repubblicano Pat Toomey che, come già preannunciato, non si ricandiderà.
Il favorito per la nomination democratica al momento sembra John Fetterman, vicegovernatore impegnato nella battaglia a favore della legalizzazione della marijuana ed in quella per i diritti LGBTQ, mentre nei repubblicani in prima linea ci sono Jeff Bartos, Sean Gale e Everett Stern (già candidato nel 2016).
Il seggio è conteso ed esprimere un favorito ad oggi è impossibile, anche se i democratici al momento paiono leggermente favoriti. Altro seggio contendibile è quello della North Carolina, dove Richard Burr ha scelto di non ricandidarsi: lo stato è Lean-R, partito nel quale potrebbero correre Lara Trump ed il trumpiano Pat McCrory. Lean-R anche la Florida, dove il favorito è l'incumbent Marco Rubio.
Discorso a parte meritano Ohio e Missouri: nell’ultima tornata i due stati sono stati vinti con agilità dai repubblicani, ma il ritiro dei due senatori attualmente in carica potrebbe ridurre il margine di vantaggio. Difficile pensare, in ogni caso, ad una possibile vittoria democratica.
Veniamo ora agli stati Lean-D. In Nevada, Arizona. Georgia e New Hampshire gli incumbent Catherine Cortez Masto, Mark Kelly (vincitore della special election nel 2020), Raphael Warnock e Maggie Hassan appaiono in vantaggio, ma i repubblicani potrebbero essere della partita.
Infine c’è un altro stato che merita una particolare attenzione, ovvero il Wisconsin. Non è ancora chiara la volontà del senatore Ron Johnson, che potrebbe non ricandidarsi: la partita è molto aperta, e fare adesso una previsione è impossibile. Sabato's Crystal Ball, al momento, lo identifica come Lean-R, ma senza dubbio rappresenta uno dei seggi che i democratici potrebbero strappare con più agilità.
Particolare attenzione merita anche l’Alaska. Il seggio non sembra in discussione, visto che i repubblicani dovrebbero vincere senza problemi, ma sarà particolarmente interessante seguire le primarie del GOP. Lisa Murkowski, infatti, è l’unica senatrice ad aver votato per l’impeachment di Donald Trump chiamata a difendere il suo seggio.
Ottenere la candidatura non sarà semplice, visto che all’interno del partito sono in molti a volerla sfidare, anche se Murkowski potrebbe essere agevolata dal tipo di primarie previste nello stato, con un unico turno aperto ad esponenti di entrambi i partiti, che porta poi alle elezioni generali i quattro più votati.
La distanza siderale che ci separa dalle elezioni, in ogni caso, rende queste previsioni molto approssimative ed utili solamente per dare uno sguardo d’insieme alla mappa. Da qui a novembre 2022, infatti, potrebbero cambiare molti fattori, anche perché diversi senatori da ambo le parti non hanno ancora chiarito le loro intenzioni riguardanti il futuro.
Al momento, in ogni caso, la mappa appare leggermente favorevole ai democratici, che potrebbero avere quantomeno la possibilità di mantenere questa stretta maggioranza, se non di allargarla di uno o due seggi.
Il vero problema, per i democratici, sarà invece alla Camera dei Rappresentanti, che potrebbe tornare sotto il controllo repubblicano.
Biden svela il piano per le infrastrutture
Del piano per le infrastrutture voluto da Joe Biden abbiamo già parlato la scorsa settimana, ma vi torniamo perché pochi giorni fa il presidente, intervenendo a Pittsburgh, ha presentato per grandi linee quelli che saranno i suoi aspetti centrali.
Il piano, tra le molte cose, prevede di ricostruire 20.000 miglia (32.000 chilometri) di strade, riparare dieci ponti economicamente importanti, eliminare i tubi di piombo dalle reti idriche e una lunga lista di altri progetti. Sono previsti inoltre numerosi fondi per ferrovie, porti, aeroporti e banda larga.
Il piano di Biden propone anche un programma da 100 miliardi di dollari per aggiornare e modernizzare la rete elettrica al fine di renderla più affidabile e meno suscettibile ai blackout. Previsto anche un pacchetto volto ad incentivare la mobilità su auto elettriche.
I costi saranno in parte compensati con un aumento dell'imposizione fiscale sulle società (l'aliquota sulle società passerebbe dal 21 al 28%) e in particolare sulle multinazionali che fanno profitti all'estero. Il presidente in questo modo vuole spingere le compagnie ad investire e produrre di più negli Stati Uniti. Chi guadagna meno di $400.000 non avrà alcun aumento di imposte.
Il leader della minoranza repubblicana al Senato ha però avvertito di non usare questo tema come scusa per alzare le tasse.

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