Evitata la sospensione del governo americano
L'accordo per evitare lo shutdown, la partecipazione di Biden a uno sciopero a Detroit, il secondo dibattito delle primarie Repubblicane e le altre notizie della settimana.
Il governo federale non chiude, raggiunto l’accordo per evitare lo shutdown
Il Congresso degli Stati Uniti ha approvato ieri un disegno di legge che finanzia il governo fino al 17 novembre evitando così un possibile shutdown. Il disegno di legge sul finanziamento del governo è stato prima approvato dalla Camera con 335 voti a favore e 91 contrari e successivamente dal Senato con 88 voti a favore e 9 contrari.
Il termine "shutdown" si riferisce alla sospensione di tutti i servizi non strettamente essenziali del governo federale e alla temporanea interruzione degli stipendi dei dipendenti e dei militari.
Chuck Schumer, il leader della maggioranza al Senato, ha dichiarato: "È stata una giornata piena di colpi di scena, ma il popolo americano può tirare un sospiro di sollievo. Non ci sarà alcun shutdown del governo".
La versione finale del disegno di legge, a differenza di quella iniziale, non include aiuti all'Ucraina, ma si limita a fornire i finanziamenti normali al governo e gli aiuti per le eventuali calamità. I Democratici al Senato hanno già annunciato che cercheranno di far passare un altro disegno di legge per continuare a sostenere l'Ucraina nella sua lotta contro la Russia.
Mitch McConnell, il leader della minoranza, ha dichiarato: "La maggior parte dei repubblicani al Senato resta impegnata ad aiutare i nostri amici in prima linea".
Il presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha definito la legge "una buona notizia per il popolo americano", ma ha aggiunto che si aspetta che il presidente della Camera Kevin McCarthy "mantenga il suo impegno nei confronti del popolo ucraino e assicuri il passaggio della legge per aiutare l’Ucraina in questo difficile momento".
La storica partecipazione di Biden allo sciopero del settore automobilistico
Nella giornata di martedì Joe Biden ha compiuto un importantissimo gesto di sostegno nei confronti di quei dipendenti del settore automobilistico che da giorni sono in sciopero. A Belleville, una cittadina nei pressi di Detroit, il presidente si è infatti unito ai lavoratori della General Motors che picchettavano in un centro di distribuzione.
Si tratta di un'occorrenza storica, dal momento che Biden è il primo presidente in carica a partecipare attivamente ad un picchetto durante uno sciopero. Affiancato dal numero uno dell'United Automobile Workers, Shawn Fain, l'inquilino della Casa Bianca ha dichiarato: "Sono stati i sindacati a costruire la classe media, e questo è un dato di fatto. Meritate di guadagnare più di quanto percepite ora".
A riguardo dello sciopero va segnalato come al momento non si tratti di una protesta su larga scala di tutti gli iscritti al sindacato, ma di un'interruzione del lavoro limitata e mirata, iniziata il 15 settembre con la scadenza dei contratti quadriennali dei lavoratori. Dopo pochi giorni l'United Automobile Workers ha esteso le dimostrazioni ad altri 38 centri di distribuzione di proprietà di General Motors e Stellantis, ed in seguito anche della Ford (inizialmente esclusa in virtù di alcuni colloqui positivi).
Alle motivazioni dello sciopero avevamo già accennato in un vecchio numero della newsletter: l'UAW (il principale sindacato del settore) ha richiesto un aumento delle paghe del 40% nei prossimi quattro anni, in linea con quanto sono cresciuti recentemente gli stipendi dei manager. In questo contesto la partecipazione di Biden è indubbiamente significativa per diversi motivi. Anzitutto vi è una esplicita volontà di recuperare il rapporto con le organizzazioni del lavoro nel settore automobilistico, con cui le relazioni ultimamente non sono state sempre rosee.
Sebbene Biden si sia sempre dichiarato un sostenitore delle cause sindacali, negli ultimi mesi ci sono state alcune frizioni legate alle politiche presidenziali volte ad incentivare la produzione di auto elettriche, vista con perplessità dall'UAW (che, infatti, contrariamente a quanto avvenuto in passato, non ha dato il suo endorsement al candidato democratico).
Vi è inoltre il tentativo di contrastare il corteggiamento fatto da Donald Trump ai lavoratori: nel 2016 il tycoon ha trovato grande consenso negli stati a maggioranza operaia (è stato infatti il primo Repubblicano a vincere in Michigan dagli anni Novanta in poi) ed in questi giorni, pur criticando sovente i leader sindacali, si è schierato al fianco degli scioperanti e delle loro rivendicazioni. A conferma di questo, inoltre, l'ex presidente ha programmato delle visite nello stato.
Proprio in relazione alla vicenda, infatti, si è acceso il confronto fra le parti. Trump, tramite il proprio social Truth, ha infatti tuonato (il maiuscolo è dello stesso ex presidente, ndr): "RICORDATEVI CHE LUI PUNTA A TOGLIERVI IL LAVORO PER DARLO ALLA CINA E AD ALTRI PAESI STRANIERI. IO MANTERRÒ IL VOSTRO LAVORO E VI RENDERÒ RICCHI".
Non si è fatta attendere, come prevedibile, anche la risposta della campagna elettorale di Biden, arrivata per bocca del portavoce Ammar Moussa, che ha sottolineato come nel corso della sua presidenza Trump non abbia fatto altro che schierarsi contro i lavoratori ed "al fianco dei suoi amici ultraricchi".
Si è tenuto il secondo dibattito del Partito Repubblicano
Si è tenuto in settimana il secondo dibattito relativo alle primarie del Partito Repubblicano in vista delle elezioni presidenziali del 2024, e la notizia principale riguarda la mancata partecipazione del favorito numero uno per ottenere la nomination, ovvero Donald Trump.
Questa assenza è stata sottolineata da quasi tutti i partecipanti, in primis da Ron DeSantis. Quest'ultimo sulla carta avrebbe dovuto essere il principale sfidante del tycoon ma, come raccontato nella newsletter della scorsa settimana, sta vivendo una campagna elettorale piuttosto complicata ed ora si trova ad inseguire staccato di parecchi punti. Il governatore della Florida ha preso in giro Trump definendolo “disperso in azione” e che avrebbe "dovuto essere sul palco a difendere le sue azioni passate".
Chris Christie, l’ex governatore del New Jersey, ha suggerito che Trump stesse saltando i dibattiti per paura di affrontare gli elettori. Rivolgendosi al tycoon davanti alla telecamera, ha infatti affermato: “Non sei qui stasera perché hai paura di essere su questo palco e difendere il tuo passato".
Ma, al netto dell'assenza dell'ex presidente, vi è stato un tentativo da parte dei candidati ad attirare l'attenzione facendo proposte estremiste su vari temi, come l'immigrazione o le armi. L’ex vicepresidente Mike Pence ha chiesto l’approvazione di “una pena di morte federale accelerata per chiunque sia coinvolto in una sparatoria di massa, mentre il senatore della South Carolina, Tim Scott, ha invece lasciato intendere che la schiavitù fosse stata meglio per i neri americani rispetto alla Great Society, il programma anti-povertà del presidente Lyndon Johnson che ha dato vita a fondamentali programmi di assistenza sociale come Medicare e Medicaid.
Se c'è una figura uscita vincitrice dal dibattito, in ogni caso, questa è quella di Nikki Haley, soprattutto per quanto riguarda l'economia. Tutti i sondaggi tenuti nei giorni successivi al confronto, sottolineano come sia lei la candidata che in questo momento abbia più chance di impensierire Donald Trump, e POLITICO ha riscontrato un certo interesse da parte dei grandi donatori.
La stessa Haley, inoltre, è andata all'attacco di Vivek Ramaswamy, uno dei candidati più brillanti nel primo dibattito e invece molto in ombra in questo. Particolarmente virale è stata la frase: "Onestamente, ogni volta che ti ascolto mi sento un po' più stupida per quello che dici".
Le altre notizie della settimana
● La senatrice democratica della California Dianne Feinstein è morta all'età di 90 anni. È stata la prima donna presidente del Board of Supervisors di San Francisco, la prima sindaca della città e una delle due prime donne elette al Senato degli Stati Uniti dalla California.
Feinstein era al Senato degli Stati Uniti dal 1992 e, nonostante la veneranda età e i problemi di salute, non si è ritirata ed è stata rieletta l'ultima volta nel 2018, ottenendo il 54% dei voti contro il 46% dell'altro candidato Democratico, Kevin de León.
● Con l'Inflation Reduction Act approvato dall'amministrazione Biden le case produttrici che mettono in vendita dieci farmaci (che riguardano principalmente la cura del diabete, delle malattie cardiache e di quelle autoimmuni) saranno costretti ad entrare in un programma di contrattazione con lo stato per fissare un tetto ai prezzi dei medicinali.
Sebbene molte case farmaceutiche si siano dichiarate contrarie a questa scelta ed abbiano intentato anche azioni legali, di fatto tutte sono entrate a far parte del programma di contrattazione entro la deadline, fissata per la data odierna. L'alternativa sarebbe stata quella di pagare penali altissime o di uscire dai programmi di assistenza Medicare e Medicaid, cosa che avrebbe avuto conseguenze economiche molto pesanti.
● Nel mese di giugno la Corte Suprema aveva dichiarato incostituzionale il piano portato avanti dalla Casa Bianca per cancellare i debiti studenteschi. In settimana, in risposta a questa mossa, il presidente Biden ha presentato una seconda proposta per fronteggiare il problema.
Questa volta la norma è meno ampia e costosa della precedente, in quanto si rivolge solamente ad alcuni gruppi di persone: i mutuatari che sono entrati nel programma di rimborso decenni fa, quelli il cui saldo è superiore al debito originario, coloro che sono idonei a ricevere agevolazioni nell'ambito di programmi specifici ma che non ne hanno fatto richiesta, quanti si trovano in condizioni di disagio finanziario e infine chi è passato attraverso programmi che non hanno dato valore economico.
● Nonostante le richieste di alcuni membri del suo stesso partito, il senatore Democratico Bob Menendez ha dichiarato (nel corso di un pranzo con i colleghi) che non intende dimettersi dal suo ruolo. Le pressioni in tal senso erano arrivate in seguito all'incriminazione per corruzione nei confronti del membro del Congresso, che si è sempre dichiarato innocente e che ora dovrà andare a processo.
● Dopo anni di indagini, la Federal Trade Commission e diciassette Stati americani hanno presentato una denuncia contro Amazon accusandolo di "mantenere illegalmente il suo monopolio" attraverso "strategie anticoncorrenziali e sleali".
Secondo l'agenzia federale, Amazon avrebbe impedito ai commercianti presenti sulla sua piattaforma di offrire prezzi più bassi altrove e li avrebbe costretti - per poter rientrare nel pacchetto Prime - a utilizzare il proprio servizio di logistica per la spedizione dei prodotti.