I dazi di Trump potrebbero funzionare?
Nel nostro approfondimento settimanale parliamo dei dazi imposti da Donald Trump, del dibattito al Congresso e delle mosse fatte dalla nuova amministrazione
Trump impone nuovi dazi: potrebbero funzionare?
Il presidente statunitense Donald Trump ha imposto dazi del 25 per cento su Messico e Canada e del 10 per cento sulla Cina a partire da questo fine settimana. Nei prossimi giorni, inoltre, questi dovrebbero riguardare anche l’Unione Europea. Per inquadrare la situazione, va sottolineato come nel 2023 Canada e Messico abbiano acquistato beni e servizi americani per 808 miliardi di dollari, mentre hanno esportato negli Stati Uniti merci per un valore di 1.010 miliardi. Il deficit commerciale degli USA con il Canada supera i 40 miliardi di dollari, mentre quello con il Messico è oltre i 162 miliardi. Per Trump i dazi sono uno strumento per ridurre questo deficit stesso che ritiene essere "ingiusto", aumentare la capacità produttiva nazionale attraverso una politica di "buy American" e generare entrate per il governo.
Ma cosa sono i dazi e che effetti hanno? Un dazio è essenzialmente una tassa che viene applicata quando un bene attraversa un confine nazionale. Per esempio, se un'azienda americana importa un'auto del valore di 50.000 dollari e c'è un dazio del 25 per cento, dovrà pagare 12.500 dollari al governo. Questo semplice meccanismo innesca una serie di effetti a catena nell'economia. Come spiega la Bank of Canada, ci sono tre principali canali attraverso cui i dazi influenzano l'economia: l’aumento diretto dei prezzi, l'impatto sulle catene di approvvigionamento e gli effetti sulla valuta e sul commercio internazionale. L’effetto più immediato e visibile dei dazi è l'aumento dei prezzi pagati dai consumatori. Come spiega la Harvard Business Review, l'esempio delle lavatrici è particolarmente chiaro: dopo l'imposizione di dazi nel 2018, non solo i prezzi di quelle importate sono aumentati del 12 per cento, ma anche i produttori domestici hanno alzato i loro prezzi dell'8 per cento, approfittando della ridotta concorrenza estera.
La rivista economica Bloomberg ha calcolato che, nella situazione attuale, un dazio generalizzato del 25 per cento su Canada e Messico potrebbe tradursi in un aumento medio dei prezzi al consumo del 3-4 per cento per molti beni di uso comune, dalle automobili ai prodotti alimentari. Un'analisi della BBC invece evidenzia come l'impatto sia particolarmente importante in settori specifici. Ad esempio, l'industria automobilistica nordamericana è particolarmente vulnerabile: circa il 22 per cento delle auto vendute negli USA (in termini di volume) e il 16 per cento (in termini di valore) provengono da Messico e Canada. Un dazio del 25 per cento su questi veicoli, calcola la BBC, potrebbe aumentare il prezzo medio delle auto in America di circa 3.000 dollari.
Un aspetto spesso sottovalutato, evidenziato dal Council on Foreign Relations, riguarda l'impatto dei dazi sulle moderne catene di produzione globali. Nel settore automobilistico, per esempio, un singolo componente può attraversare i confini fino a otto volte durante il processo di produzione. Ogni passaggio soggetto a dazi aumenta i costi in modo cumulativo, creando quello che gli economisti chiamano "effetto cascata". Come spiega la Tax Foundation , non è neanche vero che i dazi sono strumento per proteggere i posti di lavoro. Nel caso dei dazi sull'acciaio del 2018, mentre alcune acciaierie hanno registrato aumenti nei profitti, l'occupazione complessiva nel settore è diminuita. Inoltre, i settori che utilizzano l'acciaio come input, come quello delle costruzioni e l’automotive, hanno avuto perdite occupazionali significative a causa dell'aumento dei costi. Alla stessa conclusione è arrivata la BBC: nel 2020 il numero di lavoratori nel settore siderurgico non è aumentato rispetto a prima dell’imposizione dei dazi.
Inoltre, diverse aziende durante il primo mandato di Trump invece di riportare la produzione negli Stati Uniti, hanno semplicemente spostato le loro operazioni dalla Cina ad altri paesi asiatici non colpiti dai dazi come il Vietnam. Questo ci ricorda come i dazi possano riorientare i flussi commerciali senza necessariamente raggiungere l'obiettivo di rilanciare la produzione domestica.
Nel lungo periodo, secondo la Harvard Business Review, i dazi hanno effetti negativi: riducono la concorrenza, portano a un calo degli investimenti esteri, allocano le risorse in modo meno efficiente e deteriorano le relazioni commerciali internazionali. L'esempio storico più citato, la legge Smoot-Hawley del 1930, ci ricorda quali sono i rischi del protezionismo. Imponendo dazi su oltre 20.000 prodotti importati, la Smoot-Hawley contribuì ad aggravare la Grande Depressione. La risposta internazionale fu immediata: 25 paesi adottarono misure di ritorsione, innescando una guerra commerciale che ridusse il commercio globale di oltre il 60 per cento. Le esportazioni agricole americane, che la legge intendeva proteggere, crollarono e la disoccupazione americana triplicò.
Infine, Trump quando parla dei dazi si rifà spesso al tardo Ottocento, un’epoca in cui i dazi erano alti e l’economia americana cresceva rapidamente. Tuttavia, i dazi di quel periodo proteggevano aziende poco produttive e aumentavano i costi di vita. La crescita economica era trainata dall’aumento della popolazione, il rafforzamento dello stato di diritto e l'innovazione.
Il dibattito al Congresso nel Partito Repubblicano
Nell’ultimo numero della newsletter avevamo analizzato le numerose misure annunciate da Donald Trump nei primi sette giorni del suo secondo mandato, inaugurato con un numero record di ordini esecutivi, superiore a quello di qualsiasi predecessore. Anche la seconda settimana del tycoon alla Casa Bianca è stata caratterizzata da un’intensa attività, con il presidente impegnato soprattutto a soddisfare la sua base conservatrice.
Dal punto di vista politico, la priorità è preparare misure incisive su immigrazione e tagli fiscali da presentare al Congresso. Il momento per farlo è senza dubbio favorevole: Trump deve sfruttare la luna di miele con l’elettorato e il consenso ottenuto con la vittoria per consolidare la sua maggioranza. Alla Camera, però, la situazione è complicata: la fragilità della maggioranza repubblicana rende difficile l’approvazione di qualsiasi provvedimento. Più ci si avvicina alle midterm, inoltre, e più diventa arduo far passare nuove leggi. Non a caso, gran parte delle riforme più significative dei suoi predecessori è stata varata nella prima fase del mandato.
Il problema alla Camera riguarda le modalità di finanziamento dell’onerosa agenda di Trump, che si riducono a due opzioni principali. La prima prevede tagli alla spesa pubblica, ma senza toccare settori sensibili come l’assistenza sanitaria e le pensioni – su cui molti Repubblicani sono contrari – sarebbero comunque insufficienti. L’alternativa è aumentare il tetto del debito, cioè il limite massimo di indebitamento del governo federale, che deve essere periodicamente innalzato per evitare il default. Tuttavia, proprio l’ala più lealista al tycoon si è sempre opposta a questa soluzione, rendendo necessaria una difficile intesa interna o un compromesso con i Democratici per ottenere i voti necessari.
Per ovviare a questo piano la maggioranza repubblicana sta provando a cercare soluzioni alternative. Per compensare almeno in parte queste misure, infatti, il piano è quello di effettuare tagli mirati alla spesa pubblica senza toccare gli aspetti più sensibili del Welfare: si prevedono risparmi per 315 miliardi di dollari in dieci anni, con il contributo più significativo dal settore sanitario. Il Comitato per l’Energia e il Commercio dovrà ridurre la spesa di 200 miliardi, principalmente imponendo requisiti lavorativi per l’accesso a Medicaid. Altri 50 miliardi verranno risparmiati limitando l’espansione dei buoni alimentari, mentre ulteriori 4 miliardi saranno recuperati aumentando i contributi pensionistici dei dipendenti federali. Nonostante questi tagli, resta il nodo dell’impatto complessivo sul debito, viste le ingenti misure fiscali previste.
Un’ulteriore complicazione riguarda il Senato. Per approvare una legge, è necessario superare il filibuster, una procedura che consente all’opposizione di bloccare la discussione a meno che non si raggiungano 60 voti su 100 per chiuderla (cloture). Questo meccanismo rende difficile per la maggioranza approvare leggi senza il sostegno di almeno alcuni senatori Democratici. L’unica eccezione è rappresentata dalla Reconciliation Budget, una procedura legislativa che permette di approvare misure fiscali e di spesa con una semplice maggioranza di 51 voti, aggirando il filibuster. Tuttavia, può essere utilizzata solo per provvedimenti con un impatto diretto sul bilancio federale e deve rispettare regole rigide, come la Byrd Rule, che limita l’inserimento di misure non strettamente legate al budget.
Le altre mosse di Trump
Sul tema immigrazione, Donald Trump ha spinto per proseguire gli arresti dei migranti irregolari. Come sottolineato da NBC News, infatti, i numeri sono passati dalla media di 282 fermi al giorno effettuati a settembre scorso ai 791 attuali. Ad alcune retate ha partecipato anche il Segretario per la Sicurezza Interna Kristi Noem, che ha spinto molto anche a livello retorico (parlando di “ripulire le strade dall’immondizia”) per sostenere il piano del presidente. Quest’ultimo, in ogni caso, presenta senza dubbio alcuni problemi logistici: il piano di detenzione in quel di Guantanamo prima dell’espulsione presenta infatti notevoli costi e diversi problemi logistici non facili da risolvere.
Per quanto riguarda le altre misure, l’amministrazione intende revocare i visti agli studenti coinvolti in proteste pro-palestinesi, mentre Trump ha licenziato due dei tre commissari democratici responsabili dell’applicazione dei diritti civili sul lavoro. Un’altra norma proposta da Trump è l’ordine esecutivo per avviare un sistema di difesa missilistica nazionale ispirato all’Iron Dome israeliano, ma con una copertura su scala intercontinentale. Il piano prevede una costellazione di satelliti con laser in grado di intercettare missili nella fase di lancio, ma gli esperti sollevano dubbi sulla fattibilità tecnologica e sui costi elevati, stimati in centinaia di miliardi di dollari. Inoltre, il sistema sarebbe vulnerabile ad armi antisatellite, come impulsi elettromagnetici che potrebbero mettere fuori uso i satelliti in orbita bassa.
Le altre notizie della settimana
Il nuovo procuratore federale di Washington, Ed Martin, nominato da Donald Trump, ha avviato un'indagine interna sull’uso di una legge sull’ostruzionismo applicata contro oltre 250 imputati per l’attacco al Campidoglio del 6 gennaio 2021. Dopo che la Corte Suprema ha stabilito che la norma era stata impropriamente utilizzata, Martin ha ordinato la revisione dei documenti e segue le direttive di Trump per archiviare i procedimenti penali residui.
Figura controversa legata al movimento “Stop the Steal”, Martin ha anche difeso Stewart Rhodes, leader degli Oath Keepers graziato da Trump, opponendosi a un’ordinanza che ne limitava i movimenti a Washington.
Il nuovo Segretario di Stato americano, Marco Rubio, pur riconoscendo le “orribili atrocità” commesse da Mosca in Ucraina, ha dichiarato che è irrealistico pensare di poter ricacciare le forze del Cremlino ai confini del 2014 e ripristinare pienamente la sovranità ucraina sui territori illegalmente annessi da Vladimir Putin. Secondo Rubio, Washington starebbe finanziando uno stallo privo di sbocchi e ha sottolineato la necessità di un cessate il fuoco, evidenziando la devastazione del Paese e il rischio che milioni di rifugiati non facciano ritorno.
Trump condivide la posizione di Rubio ed è contrario ai sostegni finanziari illimitati a Kyiv, sostenendo la necessità di un accordo con Mosca per evitare ulteriori escalation. Tuttavia, i negoziati restano complessi, poiché la Russia pone condizioni inaccettabili per l’Occidente, tra cui il mantenimento dei territori occupati e la limitazione delle capacità militari ucraine. Inoltre, Putin vuole un dialogo diretto con gli Stati Uniti per ridisegnare le sfere di influenza globali, un’idea che Washington respinge.
Ken Martin è stato eletto nuovo presidente del Comitato Nazionale Democratico (DNC), ottenendo il sostegno della maggioranza dei 448 membri del Comitato. Figura di spicco a livello locale, Martin ha guidato con successo il Minnesota Democratic-Farmer-Labor Party (DFL) dal 2011, conquistando 25 elezioni statali.
Le priorità di Martin includono il rafforzamento dei partiti statali, maggiore trasparenza finanziaria e strategie contro la disinformazione. Dovrà inoltre gestire il delicato tema del calendario delle primarie presidenziali, con il dibattito sulla priorità della South Carolina rispetto al New Hampshire. Il Partito Democratico affronta una fase complessa, con i repubblicani al controllo della Casa Bianca e del Congresso, e la sfida di riconquistare terreno in vista delle elezioni di midterm del 2026. Martin punta a unire le varie anime del partito e costruire una strategia vincente per il futuro.
Meta ha accettato di pagare 25 milioni di dollari a Donald Trump per risolvere la disputa legale nata dalla sospensione dei suoi account Facebook e Instagram nel 2021, in seguito all'assalto al Campidoglio. Dopo aver intentato causa per censura, il tycoon ha visto i suoi account riattivati dopo due anni. Dal suo ritorno alla Casa Bianca, ha adottato un atteggiamento più favorevole verso i giganti tecnologici, e Meta ha risposto allineandosi alla nuova amministrazione, con nomine strategiche e la fine di programmi su disinformazione e moderazione dei contenuti.
L'ex senatore democratico Bob Menendez è stato condannato a 11 anni di carcere per corruzione e traffico di influenze, dopo aver accettato tangenti sotto forma di lingotti d'oro, contanti e una Mercedes-Benz in cambio di favori a Egitto e Qatar. La sentenza, emessa dal giudice Sidney Stein, è una delle più severe per un membro del Congresso e segna un precedente storico, essendo il primo senatore condannato come agente straniero. Coinvolti anche sua moglie Nadine e due uomini d'affari del New Jersey, anch'essi condannati. Menendez, che ha definito la pena una "sentenza di morte" per la sua età, ha annunciato ricorso.
La Casa Bianca ha revocato il blocco dei finanziamenti federali dopo sole 48 ore, annullando un memorandum che aveva sospeso temporaneamente l'erogazione di alcuni fondi governativi, mettendo a rischio programmi cruciali come l'assistenza sanitaria per i meno abbienti e l'edilizia popolare. La decisione è giunta dopo che un giudice federale di Washington D.C. aveva sospeso l'attuazione del provvedimento fino al 3 febbraio, concedendo tempo a organizzazioni e Stati democratici per contestarlo legalmente.
Circa venti procuratori generali avevano già avviato azioni legali contro l’amministrazione Trump, sostenendo che il blocco dei fondi danneggiasse gravemente i loro cittadini. Sebbene il nuovo memorandum dell’OMB annulli il precedente ordine, la Casa Bianca ha precisato che l’ordine esecutivo resta formalmente in vigore, ma la sua efficacia è sospesa dalla corte, segnalando che la battaglia legale continuerà.