Il 2022 della politica americana
Il 2022 della politica americana è stato un anno particolarmente importante. In questo numero abbiamo provato a tracciare in maniera sintetica i principali avvenimenti degli ultimi 365 giorni, allegando i nostri approfondimenti per chi volesse uno sguardo più dettagliato sulle singole questioni.
Il 2022 di Joe Biden
Il presidente degli Stati Uniti è entrato nel 2022 in una condizione tutt’altro che favorevole: dopo una luna di miele con gli elettori coincisa bene o male con i primi sei mesi del suo mandato, i tassi di approvazione per l’inquilino della Casa Bianca sono progressivamente calati. All’inizio dell’anno i sondaggi mostravano come il 51.6% dei cittadini disapprovasse il lavoro di Biden, numeri che si ritrovano quasi identici in questi giorni.
Nel mezzo, però, la popolarità di Biden è calata ulteriormente, salvo poi risalire negli ultimi mesi dell’anno, in coincidenza con l’approvazione di alcune misure importanti per l’elettorato democratico. A queste ultime ha fatto da contraltare la consistente crescita dell’inflazione, che ha impattato negativamente negli indici di gradimento verso il presidente in carica.
Ma al netto dei numeri sulla popolarità, Biden ha portato a casa un risultato importante nelle midterm election (qui la nostra guida per approfondire i risultati): pur avendo perso la Camera dei Rappresentanti (ma con uno scarto decisamente inferiore a quello inizialmente previsto), il Partito Democratico ha mantenuto e allargato la maggioranza al Senato, anche se questo vantaggio è stato in parte vanificato dall’uscita di Krysten Sinema, che ha lasciato i Dem per proclamarsi indipendente.
Il risultato è frutto di motivazioni diverse: anzitutto, dopo un primo anno di mandato in cui Biden era riuscito ad approvare poche delle leggi prioritarie per i Dem, sono passate due misure identitarie, come l'Inflation Reduction Act e la riduzione dei debiti studenteschi, anche se questa scelta è stata più volte contestata dai Repubblicani in sede giudiziaria ed ha incontrato diverse difficoltà nell’entrare in vigore.
I risultati delle midterm
Come abbiamo già citato, le midterm sono state nel complesso positive per i Democratici, soprattutto considerando le pessime premesse della vigilia. Il Partito Repubblicano era infatti favorito per ottenere la maggioranza in entrambi i rami del Congresso: la storia è andata in maniera diversa, dal momento che il GOP ha conquistato la maggioranza solamente alla Camera (con un margine inferiore rispetto alle aspettative) ed ha incassato una pesante sconfitta al Senato.
Scendendo nel dettaglio, nell’Upper House i Democratici hanno ottenuto vittorie pesanti in diverse sfide cruciali. In Pennsylvania John Fetterman ha avuto la meglio su Mehmet Oz (che negli ultimi giorni prima del voto appariva favorito, anche a causa delle precarie condizioni di salute del primo), in Arizona e Nevada sono stati riconfermati Mark Kelly e Catherine Cortez-Masto, mentre in Georgia Raphael Warnock ha avuto la meglio nel ballottaggio contro Herschel Walker.
Alla Camera dei Rappresentanti, invece, i Repubblicani hanno ottenuto nove seggi in più rispetto a quelli dell’attuale Congresso, conquistando la maggioranza con 222 deputati contro i 213 Democratici. Si tratta di un margine non indifferente ma nemmeno così ampio: l’azione legislativa di Joe Biden sarà sicuramente rallentata, ma il presidente può così sperare di trovare una sponda per alcuni provvedimenti nei moderati del GOP. I Dem, inoltre, avranno la possibilità di accorciare ancora il divario grazie alle possibili special election (che si tengono in caso di morte o dimissione di deputati).
GOP, è già partita la corsa per il 2024. Ma Trump è meno forte
In casa Repubblicana l’anno solare è stato caratterizzato da un lungo confronto interno cominciato già con le primarie tenute nei primi mesi del 2022 ed accesosi soprattutto nei giorni che hanno seguito le midterm. Gran parte del confronto è stato incentrato sul ruolo dell’ex presidente Donald Trump, sempre più divisivo dopo l’assalto al Congresso avvenuto il 6 gennaio 2021, che ne ha alienato il consenso di gran parte dell’elettorato moderato.
Nel corso delle primarie, infatti, il tycoon è sceso in campo in prima persona appoggiando candidati spesso divisivi, tenendo in conto principalmente la fedeltà nei suoi confronti e lasciando in secondo piano le concrete possibilità di vittoria. Alcuni di questi candidati (come Herschel Walker in Georgia, Mehmet Oz in Pennsylvania o Kari Lake in Arizona) sono andati incontro a sconfitte in competizioni contendibili.
Questo ha portato diversi esponenti del mondo conservatore a schierarsi apertamente contro lo stesso Trump, invocando un cambio alla guida del partito in vista delle elezioni del 2024. Uno dei profili forti in grado di contendere la leadership è quello di Ron DeSantis che, proprio in occasione delle midterm, ha ottenuto un pesantissimo successo personale stravincendo la corsa per il governatore della Florida.
La contesa, però, è tutt’altro che scontata: Donald Trump, che ha già annunciato la sua candidatura, è sicuramente meno forte rispetto a qualche tempo fa (anche a causa di diversi problemi con la giustizia), ma vanta una serie di fedelissimi nella base del partito non indifferente. I sondaggi mostrano come DeSantis sia in crescita, ma la contesa è apertissima e rischia anche di aprire un profondo squarcio interno in caso di sfida particolarmente accesa.
In casa Democratica, invece, c’è attesa nei confronti della decisione riguardante la possibile ricandidatura di Joe Biden, che arriverà nei primissimi mesi del nuovo anno. Il presidente ha lasciato la porta aperta, ma ha affermato di dover riflettere bene con la sua famiglia prima di ogni decisione. L’incertezza è legata principalmente al fattore età, anche se i Dem hanno un problema: qualora il presidente in carica decidesse di non cercare un nuovo mandato, mancano candidati forti pronti a scendere in campo.
Roe vs. Wade, la decisione che ha cambiato gli USA
Se guardiamo al 2022 dal punto di vista politico, è impossibile non notare come vi sia stato un momento spartiacque, destinato ad impattare gli Stati Uniti per decenni. Parliamo della decisione, operata dalla Corte Suprema, di rovesciare la sentenza Roe vs. Wade, che garantiva l’accesso al diritto d’aborto a livello federale.
Questa scelta ha rappresentato una vittoria importante per l’intero mondo conservatore, da tempo schierato apertamente contro l’aborto, ma ha mobilitato notevolmente anche i democratici. Se nell’anno precedente i Repubblicani avevano vinto quasi tutte le elezioni, anche in sfide (come quella per l’elezione del governatore della Virginia) in cui partivano sulla carta sfavoriti, dopo la sentenza il Partito ha visto una crescita durata alcuni mesi, che ha riattivato la base in vista delle midterm, contribuendo al buon risultato.
Subito dopo la sentenza, in ogni caso, gran parte degli stati guidati dal Partito Repubblicano hanno promosso leggi che hanno limitato l’accesso all’aborto, rendendolo quasi impossibile in gran parte del territorio americano.
La posizione degli Stati Uniti nel conflitto russo-ucraino
Durante la preparazione all’invasione militare dell’Ucraina da parte della Federazione Russa nella seconda metà del 2021 l’Amministrazione Biden ha mantenuto una politica piuttosto ambigua.
Da un lato, il Presidente americano ha asserito che in caso di invasione Putin avrebbe rimpianto la sua decisione, minacciando sanzioni mai viste prima. Al contempo la Casa Bianca ha trasferito a Kyiv circa 90 tonnellate di equipaggiamento militare (in particolare strumenti anti-tank) nel gennaio 2022, acconsentendo contestualmente al trasferimento dei sistemi di difesa aerea spalleggiabili (MANPADS) FIM-92 Stinger dalle scorte militari delle nazioni baltiche.
Tuttavia, l’Amministrazione Biden ha anche categoricamente escluso qualsiasi possibilità di dislocare forze militari in Ucraina, non impiegando uno strumento di deterrenza che avrebbe potenzialmente potuto evitare il conflitto. La decisione di Joe Biden di escludere a priori il dislocamento di forze militari nel paese è stata duramente criticata dall’ex Consigliere per la Sicurezza Nazionale John Bolton.
A seguito dell’invasione dell’Ucraina operata dalle forze russe l’Amministrazione Biden ha fornito un fondamentale supporto d’intelligence alle forze ucraine e ha proseguito l’invio di armamenti alle forze di Kyiv, in particolare sistemi anticarro Javelin, sistemi anti aerei spalleggiabili Stinger e munizioni circuitanti Switchblade. La firma da parte del Presidente Biden il 15 marzo di un pacchetto di spesa comprendente al proprio interno ben 13.6 miliardi di dollari destinati al supporto umanitario e militare all’Ucraina ha contribuito a mostrare l’estrema importanza del conflitto ucraino nell’ottica della politica estera americana indicando la volontà da parte di Washington di sostenere Kyiv nel lungo termine.
A seguito del ritiro delle forze russe dal nord dell’Ucraina, 13 aprile 2022 l’Amministrazione Biden ha approvato un pacchetto di assistenza comprendente 18 obici M777 da 155 millimetri. Tale pacchetto ha rappresentato un vero e proprio spartiacque, a seguito del quale gli Stati Uniti hanno avviato imponenti sforzi volti a conferire all’esercito ucraino le capacità necessarie per cacciare le forze russe dalle ultime aree occupate del paese. Il tutto è stato fortemente accelerato a seguito della decisione di trasferire i sistemi lanciarazzi M-142 HIMARS alle forze di Kyiv.
Il supporto militare americano si è rivelato decisivo non solo nel consentire alle forze di Kyiv di porre fine alle avanzate russe nel Donbass, ma anche di risparmiare munizioni aiutando l’esercito ucraino ad individuare target dall’elevato valore e nella simulazione di offensive attraverso l’impiego di sofisticati software.
I frutti del supporto militare statunitense sono stati raccolti nel mese di settembre, quando l’esercito ucraino è stato in grado di individuare i punti deboli delle difese russe nelle Oblast di Kharkhiv e Kherson, invertendo la tendenza del conflitto.
Nell’ottobre 2022 l’Amministrazione Biden ha asserito nella National Security Strategy che gli Stati Uniti avrebbero continuato i loro sforzi per fermare l’aggressione perpetrata dalla Federazione Russa. Il mese successivo il Segretario della Difesa Austin ha dichiarato al Forum sulla Sicurezza Internazionale di Halifax di considerare l’invasione russa dell’Ucraina come un attacco al sistema internazionale e ai suoi principi, pertanto la difesa dell’Ucraina risulta fondamentale al fine di preservare questi ultimi.
La visita del Presidente ucraino Zelensky a Washington è risultata un immane successo che ha rafforzato ulteriormente i rapporti tra i due paesi e simboleggiato il definitivo impegno degli Stati Uniti a supportare le forze di Kyiv nel lungo termine.