Il caos afghano e le conseguenze sulla popolarità di Biden
Parliamo di cos'è successo nelle ultime due settimane in Afghanistan e dell'impatto sulla popolarità di Joe Biden.
Il riepilogo del caos afghano
Come vi avevamo preannunciato nell’ultimo numero, la nostra newsletter è andata in ferie per quindici giorni, nei quali è successo davvero di tutto ed il dibattito pubblico americano e mondiale è stato monopolizzato dalla questione afghana. Sebbene le notizie si sono rincorse per giorni e giorni anche sui media italiani, può essere utile un riepilogo della situazione per fare il punto su quanto è successo e sulle sue cause.
Per capire quanto accaduto bisogna tornare indietro nel tempo sino alla decisione di porre fine a quella che giornalisticamente è stata definita “endless war”, cominciata nel 2001 con l’invasione americana dell’Afghanistan dopo il drammatico attentato che colpì gli Stati Uniti con il crollo delle Torri Gemelle e l’attacco al Pentagono. Gli obiettivi erano quelli di rovesciare il regime talebano e colpire al-Qaeda, che nel paese asiatico aveva trovato terreno fertile per la sua organizzazione.
La decisione di ritirarsi era stata presa già dall’amministrazione Trump, che era giunta a firmare con i talebani un accordo che impegnava questi ultimi a cercare un dialogo diplomatico che portasse alla cessazione delle ostilità con il governo afghano, in cambio del ritiro statunitense dal paese. La decisione di Biden, dunque, è stata in piena continuità con le scelte operate dall’amministrazione precedente, che avevano trovato il pieno sostegno del Partito Repubblicano.
Cosa è successo in queste settimane, dunque? Negli ultimi anni gli americani avevano armato e finanziato l’esercito afghano, che avrebbe avuto il compito di resistere quanto più possibile all’avanzata talebana. Questo, però, si è sciolto nel giro di pochissime ore, con i talebani che quasi non hanno trovato resistenze e, senza colpo ferire, hanno conquistato una ad una tutte le città del paese, sino ad arrivare alla capitale Kabul.
Le cause di questo fenomeno sono variegate, e vanno dalla resa dei soldati dell’esercito regolare, che non hanno voluto combattere per una causa che appariva come senza speranza, passando per la corruzione dei quadri generali, che hanno gonfiato il numero di elementi nelle loro fila per poi intascare i soldi degli stipendi che avrebbero dovuto essere loro devoluti. Il tempo che nei piani iniziali sarebbe dovuto intercorrere fra il ritiro americano e l’avanzata talebana è quello che sarebbe servito per evacuare i civili occidentali e gli afghani che hanno collaborato con loro: la ritirata, però, è divenuta decisamente frettolosa, visti i tempi contingenti.
In virtù degli accordi precedentemente siglati, i talebani hanno deciso di non ostacolare le procedure di evacuazione portate avanti dagli americani, ma insieme alle migliaia di afghani provvisti di regolare permesso per partire, in aeroporto si è recata un’enorme massa di disperati in cerca di salvezza in quello che era diventato l’unico hotspot che consentiva di lasciare in sicurezza il paese: le drammatiche immagini di civili precipitati dall’aereo mentre tentavano una fuga impossibile sono destinate e diventare tristemente le fotografie simbolo del dramma vissuto in queste ore a Kabul.
Le procedure di evacuzione sono continuate senza sosta per giorni, nonostante le difficoltà logistiche, ma non tutti gli aventi diritto sono riusciti a lasciare il paese. La cosa peggiore, però, è che la maggior parte di loro non riuscirà a farlo neanche nei prossimi giorni, dato che a causa dell’allerta terrorismo, quasi tutti gli stati occidentali hanno sospeso le loro operazioni d’evacuazione: queste persone, che hanno collaborato a vario titolo con gli occidentali durante la guerra, ora sono a rischio di ritorsioni da parte dei talebani.
Il brusco rallentamento delle operazioni è derivato dall’allerta terrorismo intorno all’aeroporto di Kabul: la minaccia proveniva dall’Isis-K, cellula locale dello stato islamico acerrima nemica dei talebani, a caccia di un evento che avesse rilevanza mondiale e permettesse di colpire due rivali in un colpo solo.
Sfortunatamente l’attentato è arrivato, con i miliziani dell’Isis che hanno colpito proprio nel punto di massima fragilità, fra la folla assiepata fuori dall’aeroporto in attesa di una quasi impossibile salvezza. I decessi fra i civili americani sono stati 12, ricordati nelle dichiarazioni di un commosso Joe Biden (che ha vissuto ore di grande difficoltà, testimoniate anche dal calo di gradimento nei sondaggi, del quale parleremo fra poco), che ha promesso una vendetta che è subito arrivata.
I militari americani che hanno perso la vita nell’attentato all’aeroporto.
In risposta agli attacchi, infatti, sono state eseguite alcune operazioni con i droni che hanno portato all’eliminazione di due miliziani di alto rango affiliati all’Isis, stando a quanto riportato dal Pentagono. Nel frattempo il fronte interno afghano resta un’incognita, dato che i talebani hanno provato a dare un'immagine migliore al mondo esterno, promettendo una pacificazione per il paese e diritti concessi alle donne, seppur “in conformità alle leggi della sharia”. Le immagini che sono arrivate dal paese sono contraddittorie: se da un lato i talebani stanno di fatto lasciando gli americani liberi di proseguire la loro evacuazione del paese ed addirittura un loro rappresentante è stato intervistato in televisione da una giornalista donna, non mancano le voci di violenze sommarie e minacce contro le donne. La sensazione è che la vera faccia dei talebani la si potrà scoprire solo una volta completato il ritiro americano dal paese: al momento l’interesse principale dei nuovi governanti in Afghanistan, infatti, è quella di dare un’immagine pulita di sé per non attirare ripercussioni da parte degli Occidentali. Se questo atteggiamento proseguirà, magari privilegiando le necessità dovute agli interessi economici e le relazioni commerciali, sarà solamente il tempo a dirlo.
Le conseguenze sul gradimento di Biden
Se le questioni riguardanti il destino dei civili afghani e la stabilità dello scacchiere politico internazionale sono sicuramente elementi di primo piano che destano l’attenzione dei media, c’è poi un altro fronte che deriva direttamente dal caos generato in Afghanistan, che riguarda appunto le conseguenze che tutto questo potrà avere negli indici di gradimento della presidenza Biden. Le stesse parole rilasciate dall’inquilino della Casa Bianca, infatti, sono state dirette soprattutto nei confronti dell’opinione pubblica americana.
Partiamo da una considerazione: il rating approval di Joe Biden era in lento declino già prima dello scoppio della crisi, soprattutto a causa della ripresa dei contagi nel paese, ma negli ultimi giorni ha toccato il suo punto più basso di sempre. Se, all’inizio del suo mandato, questo era intorno al 54%, stando ai dati di FiveThirtyEight, adesso è sceso sino al 47.2, mentre il tasso di disapprovazione è salito dal 35 al 47%. La forchetta fra i due tassi, dunque, si è assottigliata fino a diventare quasi nulla.
Si tratta di un calo rapido, influenzato sicuramente dalla situazione afghana: gli eventi catastrofici degli ultimi giorni, poi, con l’attacco all’aeroporto di Kabul che ha portato alla morte di dodici soldati americani, potrebbero portare nuove conseguenze sul rating approval del presidente. Una cosa è da tenere però in conto, ovvero il fatto per cui questa situazione non è certo la sola responsabile delle difficoltà cui sta andando incontro Biden. La decisione di ritirarsi dal paese asiatico era infatti appoggiata dalla grande maggioranza del paese, e nelle ultime settimane ci sono altri fenomeni che stanno intaccando la popolarità della Casa Bianca.
Uno di questi è sicuramente la pandemia: la rapida crescita dei casi ha portato alla saturazione degli ospedali in molte zone del paese, facendo aumentare anche le preoccupazioni circa le conseguenze che questo potrebbe avere sulla ripresa economica del paese. Le conseguenze di queste paure si riflettono anche nei sondaggi, che sul tema sono sempre meno rosei per Biden.
Le altre notizie della settimana
Nell’ultimo numero vi avevamo parlato della crisi che si sarebbe potuta generare a causa dell’emergenza abitativa, dopo che la Corte Suprema aveva chiarito che non esistevano più le condizioni per la misura d’emergenza che bloccava gli sfratti per i cittadini che non pagavano l’affitto.
Il CDC aveva provato a trovare una scappatoia applicandolo solamente nelle zone dove il tasso di crescita dei casi è molto alto, ma anche in questo caso la Corte Suprema è intervenuta bloccando la decisione, chiarendo che spetta al Congresso legiferare in tal senso. Trovare un accordo, però, appare molto difficile vista l’opposizione dei repubblicani.
Dopo tre mesi di lavori, un gruppo di scienziati ha concluso l’indagine voluta dal presidente Joe Biden circa l’origine del Covid-19. Esclusa l’ipotesi dell’arma batteriologica, restano in piedi quelle relative al passaggio naturale tra animale ed uomo e della fuga dal laboratorio, con la commissione che non è stata in grado di fornire risposte in tale direzione.
Un governatore distrettuale della Florida ha bloccato una decisione presa dal governatore repubblicano Ron De Santis, che aveva vietato ai vari distretti di imporre la mascherina obbligatoria per i bambini nelle aule scolastiche.
Nonostante i continui rinvii a causa della situazione afghana, si è tenuto un incontro fra Joe Biden ed il presidente israeliano Naftali Bennett. Al centro dei discorsi soprattutto la situazione iraniana, con Bennett che ha rinnovato le sue preoccupazioni per il programma nucleare del paese asiatico, proponendo piani d’azione nel caso in cui i negoziati in corso dovessero fallire.
La Camera del Texas ha approvato la riforma elettorale, salita alla ribalta per il disperato tentativo di ostruzionismo dei democratici, che avevano lasciato lo stato per far mancare il numero legale. Alcuni elementi contestati sono quelli che impediscono il voto 24/24 ed i drive through, fortemente usati dalle categorie più marginalizzate che generalmente votano democratico.
Nel mentre prosegue il lavoro per portare avanti il piano di spesa sulle infrastrutture voluto dai democratici. Nonostante alcune fratture fra moderati e progressisti, alla fine il partito ha trovato anche alla Camera l’intesa per votare la budget resolution, che permette l’inizio dei lavori a riguardo del pacchetto da 3.5 trilioni di dollari. Possibile però che durante le negoziazioni la cifra sia rivista al ribasso, visto la preoccupazione di diversi esponenti centristi, il cui voto è fondamentale.
La Food and Drug Administration (FDA) ha concesso la piena approvazione al vaccino contro il coronavirus Pfizer-BioNTech, una pietra miliare nella lotta al COVID-19 che potrebbe consentire un aumento del tasso di vaccinazione ed innescare un’ondata di obblighi vaccinali da parte dei datori di lavoro e delle università americane.
La decisione della FDA rappresenta la prima licenza ufficiale non di emergenza per un vaccino contro il COVID-19 che si è ripetutamente abbattuto in più ondate contro gli Stati Uniti dall'inizio del 2020, fino a quest'ultima causata dalla pericolosa variante Delta, riempiendo le unità di terapia intensiva e suscitando paure tra i vaccinati e i non vaccinati.
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