Il dramma del Texas e il futuro del GOP
La settimana è stata caratterizzata dal dramma vissuto dal Texas, dalle divisioni del Partito Repubblicano e dai tentativi di Joe Biden di mandare avanti la sua agenda politica.
Il dramma del Texas
Le notizie peggiori della settimana americana arrivano dal Texas, dove si è consumato un dramma senza precedenti. Del resto, anche nei telegiornali italiani sono rimbalzate le immagini dell’incredibile bufera che ha travolto lo Stato, provocando una crisi che ha piegato uno dei cuori pulsanti dell’economia a stelle e strisce.
Le temperature glaciali, infatti, hanno mandato in crisi una rete elettrica che si è trovata incredibilmente sovraccaricata ed incapace nel fronteggiare una richiesta così ampia, finendo per venire meno in gran parte dello stato. Questo anche perché i servizi del Lone Star State si basano principalmente sul gas naturale, difficilmente reperibile in inverno, e perché la sua rete gestita autonomamente dai privati si è trovata impreparata ad affrontare un crollo di tali dimensioni.
Le conseguenze sono state drammatiche: milioni di persone si sono trovate a fronteggiare in casa un freddo glaciale, con decine di gradi sotto lo zero, per di più senza poter usufruire del riscaldamento. Questo ha portato le persone a coprirsi con situazioni di fortuna: chi ha usufruito di ampi strati di coperte, chi ha lasciato accesi i fornelli per riscaldarsi, chi è ricorso ad altri stratagemmi con esiti drammatici.
Soluzioni di fortuna, infatti, hanno portato alla morte diverse persone a causa di avvelenamenti generati dal monossido di carbonio. Solo nella città di Houston, inoltre, quasi metà della popolazione ha vissuto senza acqua per giorni nei rubinetti, ed il freddo ha portato anche all’esplosione di diverse tubature.
Diversi esperti hanno individuato nel cambiamento climatico una delle cause di una crisi così devastante, ma alcuni esponenti repubblicani hanno cercato di fornire una soluzione alternativa: la colpa, a detta dell’ex Segretario all’Energia Rick Perry, è stata infatti dovuta al sempre più frequente ricorso alle fonti rinnovabili dello stato.
Secondo questa tesi, il dramma è stato causato principalmente dal congelamento di pale eoliche ed altre fonti di approvvigionamento. Una lettura che però non tiene conto del fatto che la crisi ha colpito tutti i settori, anche e soprattutto quello dei gas naturali e dei combustibili fossili.
In questa situazione d’emergenza, ha fatto discutere la scelta del senatore dello stato Ted Cruz, volato al caldo del Messico in uno dei momenti più drammatici della storia recente del Texas: una decisione che ha provocato numerosi mal di pancia fra gli elettori, che hanno portato il candidato alle presidenziali del 2016 al rientro in patria per restare al fianco dei suoi concittadini.
Nelle ultime ore la situazione sta pian piano tornando alla normalità, almeno per quanto riguarda la fornitura elettrica ripristinata in quasi tutte le case, anche se sono ancora diversi milioni i cittadini texani rimasti senza acqua corrente.
La politica: il trumpismo non è finito
Ma non c’è solo la questione texana a tenere banco nel dibattito americano durante questi giorni. La settimana successiva all’assoluzione di Donald Trump nel processo di impeachment ha infatti aperto un ampia discussione all’interno del Partito Repubblicano, alle prese con le divisioni generate dall’ex presidente ed a caccia di una sua identità in bilico fra le idee del tycoon e quell’ala del partito che vorrebbe fare un passo oltre per riaffermare i principi conservatori tanto cari all'establishment del GOP.
Ma una cosa è ormai chiara: quanti, anche all’interno del Partito Repubblicano, speravano che i drammatici fatti dello scorso 6 gennaio potessero servire per fare un passo oltre Trump saranno costretti, con ogni probabilità, a ricredersi.
Trump ha infatti iniziato la sua battaglia contro coloro che l’hanno accusato nelle ultime settimane, e ci sono alcuni segnali che mostrano come buona parte della base del partito sia con lui. Un primo attacco è arrivato direttamente contro Mitch McConnel che, in una dichiarazione rilasciata attraverso il suo SuperPAC Save American è stato definito un cupo imbroglione, in un appello che conteneva anche l’invito ad appoggiare sostenitori della piattaforma “Make America Great Again” in vista delle prossime primarie.
Un altro segnale, poi, lo si può notare nelle reazioni che i partiti locali hanno avuto contro quegli esponenti repubblicani che hanno votato per la condanna di Donald Trump nel processo d’impeachment. Mozioni di censura sono arrivate, infatti, nei confronti di Richard Burr (R-N.C.) e Bill Cassidy (R-La.), ed anche altri senatori sono stati minacciati dalle rappresentanze locali compattamente schierate a favore di Donald Trump.
Per comprendere questo fenomeno tutto interno alla base del partito, basta anche dare un’occhiata ai sondaggi per quella che sarà una delle prime sfide elettorali dopo i fatti del 6 gennaio, ossia le primarie per la corsa a governatore in Virginia. In casa repubblicana c’è appunto in vantaggio Amanda Chase, una delle fedelissime dell’ex presidente Donald Trump.
Cresce, inoltre, il livello della tensione fra il tycoon e Nikki Haley, considerata fra le possibili front-runner nella corsa presidenziale del 2024. Fedele al presidente durante il suo mandato, l’ex ambasciatrice negli ultimi giorni non aveva lesinato critiche nei suoi confronti, sentenziando come un errore da parte del partito l'aver seguito fino in fondo Trump. Che non ha fatto attendere la sua risposta, rifiutandosi di ricevere Haley e confermando la volontà di lanciare il guanto di sfida per restare un attore protagonista all’interno dello scacchiere politico americano.
Nel frattempo, l’agenda di Joe Biden va avanti
In tutto questo Joe Biden prosegue spedito per provare ad imporre la sua agenda politica, nonostante un Senato diviso con una maggioranza fragilissima a favore dei democratici. Una delle proposte principali in questa settimana riguarda l’immigrazione, presentato alla Camera dalla deputata Linda Sanchez ed al Senato da Bob Menendez.
Diversi gli elementi al centro della proposta, che punta ad assegnare nuovi fondi ai paesi dell'America centrale per affrontare le cause profonde dell'immigrazione dei richiedenti asilo negli Stati Uniti, emettere più Green Card per i ricongiungimenti familiari e limitare il potere del presidente negli accordi sul tema.
Trovare un sostegno bipartisan per vincere il filibuster repubblicano (l’ostruzionismo parlamentare), soprattutto in assenza di un numero maggiore di fondi per rafforzare le difese ai confini, è un’operazione in ogni caso particolarmente complessa.


Proseguono poi le discussioni per l’innalzamento del salario minimo a 15 dollari orari, voluto soprattutto dall’ala progressista dem: anche qui sarà difficile trovare repubblicani favorevoli, ragion per cui servirà il supporto di tutti i senatori democratici. Fra questi, però, ci sono i moderati Kyrsten Sinema (Arizona) e Joe Manchin (West Virginia) che sono particolarmente scettici, anche se da questo punto di vista è partito un lavoro di persuasione per tentare di convincerli. Altro tema è quello della cancellazione dei debiti studenteschi, dove però le perplessità arrivano dallo stesso Joe Biden: Chuck Schumer ed Elizabeth Warren, infatti, chiedono un taglio di 50.000 dollari, mentre il presidente vorrebbe un intervento più contenuto.
Per questa settimana è tutto. Grazie di averci letto.
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