Il profilo di DeSantis, astro nascente nel GOP
Nel numero di questa settimana parleremo di Ron DeSantis, astro nascente repubblicano e fra i papabili candidati alla presidenza nel 2024.
Chi è Ron DeSantis, papabile candidato alla presidenza nel 2024
Uno dei politici usciti maggiormente rafforzati dalle ultime midterm è indubbiamente Ron DeSantis. Quest’ultimo, infatti, ha stravinto le elezioni in Florida con un margine ampissimo, in una tornata in cui i Repubblicani in altre aree del paese hanno faticato e spesso deluso. Il risultato ha rilanciato le ambizioni nazionali del governatore, da tempo considerato fra i papabili candidati alle primarie del GOP in vista delle presidenziali 2024, in cui dovrebbe sfidare Donald Trump.
Nelle ultime settimane, infatti, diversi esponenti di peso del mondo conservatore hanno formulato la richiesta di un rinnovamento ai vertici del Partito, manifestando la necessità di andare oltre Trump: DeSantis, da questo punto di vista, appare il candidato al momento più forte, in grado di attirare consensi sia al centro che a destra. Questo aspetto è confermato da diversi sondaggi pubblicati nelle ultime settimane, in cui il gradimento verso il governatore della Florida appare sempre più in crescita ed in molti casi superiore a quello del tycoon.
Ma che politico è Ron DeSantis, e quali sono le sue idee? Nato nel 1978 a Jacksonville, in Florida, ha frequentato le Università di Yale e Harvard ed è entrato poi in Marina, fra le cui fila ha svolto servizio in Iraq. Dopo aver svolto alcuni incarichi politici a livello locale, nel 2012 è stato eletto alla Camera dei Rappresentanti, entrando all’interno del Freedom Caucus, che rappresenta l’ala più conservatrice del Partito Repubblicano.
Nel 2018 è stato eletto governatore della Florida, ed è proprio in base a quanto fatto in questo ruolo che possono essere analizzate molte delle sue idee. Durante la prima parte del proprio mandato il Governatore DeSantis, pur essendosi presentato come un “Trump guy”, ha sorpreso molti analisti, alternando provvedimenti fortemente apprezzati dalla base elettorale repubblicana a provvedimenti dal carattere fortemente bipartisan.
Nello specifico, relativamente alla prima categoria, possiamo ricordare una legge che ha messo al bando le cosiddette “Città Santuario”, obbligando le forze dell’ordine statali e locali a collaborare con le agenzie federali per identificare i migranti illegali. DeSantis ha altresì nominato ben tre giudici alla Corte Suprema Statale (su sette totali), Barbara Lagoa, Robert J. Luck e Carlos Muniz, rafforzando fortemente l’ala conservatrice della Corte stessa.
Allo stesso tempo, DeSantis ha chiesto le dimissioni in blocco dell’intero board del South Florida Water Management, rimpiazzato interamente in due anni, ed ha promosso un investimento di 2,5 miliardi di dollari per la conservazione delle Everglades. Il provvedimento, dal carattere fortemente ambientalista, ha ricevuto un’approvazione unanime ed ha contribuito agli alti indici di gradimento di cui il Governatore ha goduto durante la prima parte del suo mandato. DeSantis ha altresì posto fine all’impiego del Common Core in Florida: il Common Core rappresenta un insieme di Standard di skills che gli studenti K-12 dovrebbero raggiungere per avere maggiori probabilità di accedere al college.
DeSantis, inoltre, ha preso una forte posizione sulla marijuana medica. Nel 2016, infatti, gli elettori della Florida approvarono con una percentuale del 71% l’Amendment 2 concernente un’espansione dell’impiego della marijuana medica. Il Governatore Rick Scott ne aveva però vietato il possesso e l’utilizzo sotto forma di sigaretta, ponendo altresì seri limiti per l’ottenimento della licenza per la vendita della sostanza. DeSantis, al contrario, una volta eletto ha chiesto immediatamente alla Legislatura Statale della Florida di preparare una legge volta a rispettare la volontà degli elettori della Florida.
A livello nazionale DeSantis è salito alla ribalta soprattutto per la gestione della pandemia, utilizzando fin da subito un approccio liberale volto alla salvaguardia delle libertà individuali e dell’economia. La Florida è stato uno degli ultimi stati a chiudere le attività e a imporre il lockdown, così come è stato uno dei primi a togliere le restrizioni e a riaprire imprese, bar e ristoranti, spesso al 100% della capacità, quando la pandemia era ancora nelle fasi di massima espansione. Il governatore ha anche sfidato apertamente Joe Biden, approvando diversi ordini esecutivi che hanno bannato l’obbligo vaccinale come condizione per lavorare per i lavoratori del settore privato e del settore pubblico, con multe da 10.000 a 50.000 dollari per i datori di lavoro trasgressori. De Santis ha anche vietato l’obbligo di vaccinazione o di indossare la mascherina per gli studenti delle scuole, così come la quarantena per studenti e lavoratori che hanno avuto una esposizione al virus.
Nel settore dell’istruzione, il Governatore ha firmato ben tre leggi relative alla promozione dell’educazione civica, nonché un provvedimento rivolto ai college dello stato, che istituisce un sistema nonpartisan volto a controllare ogni anno se gli studenti si sentono liberi di esprimere le loro idee, o se percepiscono delle restrizioni nell’ambiente del campus. Un’altra importante misura è stata la cosiddetta anti-riot legislation, con norme dure in risposta alle proteste del movimento Black Lives Matter.
DeSantis ha poi siglato un’intesa con la tribù Seminole della Florida per permettere la costruzione di nuovi casinò ed espandere le scommesse online gestite dalla tribù: l’accordo dovrebbe portare un totale di 6 miliardi di dollari nelle casse dello Stato nei prossimi dieci anni. A questo si aggiungono prese di posizioni dure contro il diritto all’aborto, in piena linea con le posizioni conservatrici.
Se nei primi anni del suo mandato DeSantis è stato inoltre molto vicino alle posizioni di Donald Trump, negli ultimi mesi si è costantemente allontanato dal tycoon, tanto da non averlo voluto al suo fianco durante l’ultima campagna elettorale. Allontanandosi dalle accuse di brogli elettorali fatte dall’ex presidente, il governatore si è costruito un profilo particolarmente credibile in grado di far crescere le sue chance in vista delle presidenziali.
Sebbene questa credibilità lo renda in grado di attirare voti moderati, le politiche chiaramente conservatrici permettono di fare breccia anche in quegli elettori che in passato hanno votato per Trump. Fattore che potrebbe risultare decisivo in vista delle primarie.
Perché il condono dei debiti studenteschi voluto da Biden non è ancora entrato in vigore?
Una delle mosse politiche più importanti messe in atto dall’amministrazione Biden è stata quella riguardante il condono dei debiti studenteschi per milioni di giovani americani (per chi volesse approfondire, abbiamo parlato della questione in un numero della nostra newsletter). Dando seguito a quanto fatto qualche mese fa, la Casa Bianca ha recentemente comunicato i criteri per accedere all’agevolazione governativa, ma la norma non potrà entrare in vigore finché non saranno risolte tutte le controversie legali ad essa collegate.
Sono due le principali questioni giudiziarie pendenti a riguardo. La prima è stata portata avanti da un giudice texano scelto da Donald Trump, che ha invalidato la misura affermando che l’amministrazione Biden, agendo tramite un ordine esecutivo, è andata oltre quelli che sono i limiti imposti al potere esecutivo, sostenendo come una mossa del genere possa essere messa in atto solamente dal Congresso.
La seconda è stata portata avanti da sei stati guidati dal Partito Repubblicano (Nebraska, Missouri, Arkansas, Iowa, Kansas e South Carolina) presso la St. Louis U.S. Court of Appeals for the 8th Circuit: la commissione giudicante, a riguardo, ha deciso di sospendere il programma in attesa di una decisione a riguardo della Corte Suprema. È stata proprio l’amministrazione Biden a chiedere l’intervento del massimo organo giudiziario.
Proprio in virtù di questo stop, l’amministrazione Biden ha annunciato l’estensione fino al 30 giugno 2023 della pausa dei pagamenti delle rate del debito, inizialmente pensata come misura di contrasto alla pandemia ed in scadenza il 31 dicembre di quest’anno
McCarthy ha i numeri per essere eletto Speaker?
La scorsa settimana i Repubblicani della Camera dei Rappresentanti, freschi di una risicata vittoria alle elezioni di metà mandato, hanno votato per riconfermare Kevin McCarthy come loro leader. Si tratta di una votazione preliminare alla scelta dello Speaker, ma che contiene diversi rischi per lo stesso McCarthy.
Quest’ultimo ha infatti vinto il voto sulla leadership contro il deputato dell'Arizona Andy Biggs con un margine di 188-31 (i votanti sono stati appunto i Repubblicani della Camera). McCarthy potrebbe però permettersi di perdere solo 4 voti nel nuovo Congresso per assicurarsi la maggioranza e diventare Speaker, presumendo che i democratici rimangano uniti nell'opposizione.
Con diversi esponenti del GOP che hanno espresso parere contrario all’elezione di McCarthy, la sua elezione è tutt’altro che scontata. Bisognerà capire cosa decideranno i suoi oppositori: qualora dovessero semplicemente scegliere di astenersi e di usare questa elezione come mezzo per far sentire la propria voce, McCarthy non avrà problemi nell’essere eletto. Se, invece, decidessero di andare fino in fondo, sarà praticamente impossibile arrivare alla proclamazione al primo scrutinio, ed i Repubblicani potrebbero scegliere di optare per un nome diverso.
Le altre notizie della settimana
Una delle sfide al Senato più interessanti di questa tornata era quella in Alaska, dove i due contendenti principali erano le Repubblicane Lisa Murkowski e Kelly Tshibaka: la prima è una moderata che aveva votato l'impeachment per Donald Trump, mentre la seconda si ècandidata proprio con l'appoggio del tycoon.
Il sistema del Ranked Choice Voting (che permette di votare più candidati in ordine di preferenza) ha reso più complesso il meccanismo di voto, ma in settimana è arrivato il verdetto definitivo. A vincere è stata Murkowski, che ha ottenuto anche i voti di molti democratici dello stato.
Nella giornata di mercoledì la Corte Suprema della Georgia ha fatto rientrare in vigore il divieto all’aborto dopo sei settimane dal concepimento, che era stato bloccato precedentemente da una corte inferiore.
La leader del Progressive Caucus Pramila Jayapal, in una recente dichiarazione, ha affermato che il presidente Joe Biden dovrebbe correre nuovamente per un nuovo mandato alla Casa Bianca nel 2024.
Il senatore Democratico dell’Arizona Mark Kelly, in un’intervista rilasciata al The Washington Post, ha criticato la gestione dell’immigrazione fatta dal suo partito: “Quando arrivai a Washington per la prima volta mi resi conto di come non si comprendesse la complessità della situazione sul confine meridionale. I Repubblicani, invece, non vogliono necessariamente fare qualcosa al riguardo, lo usano solo a fini politici".
Il Dipartimento di Giustizia starebbe cercando di interrogare l'ex vicepresidente Mike Pence come testimone nell'ambito dell'indagine penale sul 6 gennaio. In particolare oggetto dell’inchiesta sono gli sforzi compiuti dall’ex presidente Donald J. Trump per rimanere al potere pur dopo aver perso le elezioni del 2020.
Pence, secondo fonti a lui vicine, è aperto a prendere in considerazione la richiesta. L’ex vicepresidente riconosce che l'indagine penale del Dipartimento di Giustizia è diversa dall'indagine della Commissione della Camera del 6 gennaio, le cui proposte sono state da lui categoricamente respinte.