La complessa eredità di Joe Biden
Nel nostro appuntamento settimanale proviamo a tracciare un bilancio della presidenza Biden, mettendo a fuoco i suoi principali pregi ma anche i vari limiti
Nota di servizio: per Elezioni USA sono in arrivo importanti novità. Ne parleremo domani nella diretta di commento all'insediamento di Trump, in programma alle 21. Seguici qui.
L’amministrazione Biden volge alla conclusione: domani pomeriggio, infatti, ci sarà il passaggio di consegne con Donald Trump che giurerà come 47esimo presidente degli Stati Uniti. La cerimonia si terrà al chiuso, come avvenne già per Ronald Reagan nel 1985, a causa del freddo polare in arrivo su Washington, dove sono attese anche punte di -20°. Ma, con la conclusione del mandato, è possibile interrogarsi sull’eredità lasciata dall’inquilino della Casa Bianca. Quali sono state le cose per cui sarà ricordato positivamente e quali i punti in cui ha faticato?
Le più importanti eredità di Biden
Il primo punto di forza, tutt’altro che scontato al momento del suo insediamento, è stato quello relativo alla gestione della pandemia. Questa ha messo in atto un piano chiaro per affrontare la crisi. In questo rientrano sicuramente una campagna vaccinale per lo più efficace, che ha risolto problemi di approvvigionamento delle dosi. L’amministrazione Biden, inoltre, ha varato un ampio piano di aiuti per mitigare l'impatto economico e sociale della pandemia. L’American Rescue Plan, approvato nel marzo 2021, ha stanziato 1.900 miliardi di dollari per sostenere famiglie, lavoratori e imprese colpite dal COVID. Tra le misure principali figuravano assegni diretti da 1.400 dollari per milioni di americani, un'estensione dei sussidi di disoccupazione, fondi per la riapertura sicura delle scuole e un significativo sostegno al sistema sanitario. Questo pacchetto di stimoli è stato accolto positivamente dai Democratici, ma ha ricevuto critiche dai Repubblicani, che lo consideravano eccessivamente costoso.
Dal punto di vista della gestione internazionale, come vedremo dopo, la reputazione americana è stata sicuramente danneggiata dalla disastrosa ritirata dall’Afghanistan. Proprio per questo l’aver ricostruito velocemente l’immagine e il campo occidentale in risposta all’aggressione russa dell’Ucraina rientra sicuramente nei meriti. Certo, l’assistenza americana è stata rallentata quando i Repubblicani, dopo le midterm del 2022, hanno preso il controllo della Camera dei Rappresentanti sotto la guida dello speaker Mike Johnson. Nonostante queste difficoltà, sostiene The Conversation, i sondaggi dell’agosto scorso indicano che la maggioranza degli statunitensi continua a simpatizzare con l’Ucraina e sostiene l’idea di mantenere l’assistenza "per tutto il tempo necessario".
Anche la questione economica, come vedremo, ha aspetti positivi e altri negativi. In questi rientra sicuramente l’inflazione, ma va comunque detto che sicuramente l’amministrazione Biden da questo punto di vista può vantare punti di forza. Durante questi quattro anni, l’economia ha superato le aspettative di molti esperti: Biden, ad esempio, è stato il primo presidente sotto il quale sono stati creati nuovi posti di lavoro ogni mese del suo mandato. Solo nell’ultimo anno del suo mandato, sono stati generati 2,23 milioni di posti di lavoro, grazie a diverse politiche ambiziose.
L’Inflation Reduction Act, approvato nel 2022, ha infatti prodotto numerosi investimenti nelle energie rinnovabili, tagli ai costi sanitari e misure per il contrasto al cambiamento climatico, segnando un passo storico nella lotta contro le emissioni di gas serra. Il Chips and Science Act, invece, è stata una risposta strategica alla crisi globale dei microchip e punta a rafforzare la produzione domestica di semiconduttori, essenziali per settori come l’automotive, la difesa e l’elettronica, riducendo la dipendenza dagli approvvigionamenti esteri.
Come ha evidenziato l’Economist, questa non è una vittoria di poco conto: gli investimenti nelle infrastrutture, ad esempio, sono qualcosa che Donald Trump ha cercato a lungo nel corso del suo mandato senza riuscite ad ottenerlo. Lì dove il suo predecessore aveva fallito Biden è riuscito, probabilmente senza ricevere troppo credito per questo.
I limiti della presidenza di Joe Biden
Una delle più grandi macchie nella presidenza di Biden, che rappresenta anche l’evento che nel 2021 ha fatto crollare per la prima volta la sua popolarità, è stato il caotico ritiro americano dall’Afghanistan. Deciso nel quadro di un accordo siglato dal suo predecessore Donald Trump, questo ha posto fine a una guerra durata vent’anni, ma la sua esecuzione è stata segnata dal caos: il rapido avanzare dei talebani è culminato nella conquista di Kabul, causando scene drammatiche come quelle degli afgani disperati che inseguivano aerei americani sulla pista. Un attentato suicida all’aeroporto di Kabul ha poi ucciso 13 soldati americani, mentre il paese è tornato sotto un regime autoritario che reprime in particolare i diritti delle donne.
L’altro grande limite è stato quello relativo alla gestione dell’immigrazione. Nel suo programma elettorale c’era l'obiettivo di riformare il sistema, con politiche come il miglioramento della sicurezza del confine, del processo di asilo e la protezione dei Dreamers. Il primo giorno ha proposto una legge che offre a milioni di immigrati senza documenti un percorso verso la cittadinanza. Tuttavia, i suoi sforzi hanno dovuto affrontare sfide immense: un'ondata migratoria globale, critiche interne da parte dei conservatori e una forte opposizione Repubblicana. Sebbene Biden sia riuscito a ridurre gli attraversamenti illegali delle frontiere ai livelli più bassi degli ultimi quattro anni - grazie anche a politiche più severe e alla cooperazione con il Messico - il sistema dell'immigrazione al termine del suo mandato conserva enormi limiti.
I programmi che hanno permesso a 1,3 milioni di migranti di entrare legalmente hanno alleviato la pressione al confine, ma hanno lasciato milioni di persone nel limbo legale, raddoppiando il numero di migranti in attesa di decisioni giudiziarie a 7,6 milioni. Come sottolinea il New York Times, inoltre, le riforme incrementali di Biden, come le protezioni per i Dreamers e i veterani, non sono state all'altezza della sua promessa di revisionare il sistema. Il presidente, nella parte finale del suo mandato, ha provato anche a lavorare con il GOP per un disegno di legge bipartisan che aveva trovato parecchi consensi, ma Trump ha deciso di affossarlo proprio per non regalargli una vittoria elettorale.
Il terzo aspetto negativo particolarmente importante è quello relativo alla gestione dell’inflazione: durante l’ultimo mandato, essa ha raggiunto un massimo di 41 anni, pari al 9,1%, nel 2022, a causa di aumenti dei prezzi su larga scala di energia, cibo e affitti. Questa crisi del costo della vita, alimentata dalle interruzioni della catena di approvvigionamento post-pandemia e dalle ingenti spese governative, come il piano di recupero della pandemia da 1.900 miliardi di dollari e l'Inflation Reduction Act da 1.000 miliardi di dollari, è diventato il limite principale del suo mandato.
Inizialmente liquidata come “transitoria” da molti, compreso Biden, la persistente inflazione ha eroso il potere d'acquisto delle famiglie e la fiducia nella sua gestione economica. Sebbene da allora l'inflazione sia diminuita e l'economia statunitense vanti una forte crescita e un basso tasso di disoccupazione, i sondaggi di Biden hanno subito un duro colpo durante il picco della crisi. I risultati ottenuti dalla sua amministrazione, tra cui i consistenti investimenti in infrastrutture ed energia verde, sono stati oscurati dalla percezione di una cattiva gestione economica.
Vi è poi la questione della cura della democrazia. Quattro anni fa il presidente ha vinto le elezioni presentandosi come alternativa a Donald Trump. Nel suo mandato, però, non è riuscito a rilanciare l'approccio bipartisan che si era imposto in campagna elettorale, anzi la sua presidenza è stata una delle più a sinistra della storia. Il fatto che, alla fine di questo lasso di tempo, il tycoon sia tornato alla Casa Bianca rappresenta forse uno dei suoi più grandi fallimenti.
Le analisi degli analisti
Diversi analisti, sulle colonne di POLITICO, hanno provato a tracciare un bilancio di questi anni di presidenza. Alcuni storici, come Sean Wilentz, hanno evidenziato le sue vittorie legislative, come l’Inflation Reduction Act, il sostegno alla NATO e alla resistenza ucraina contro l’invasione russa, nonché l’impegno per i valori democratici. Tuttavia, sottolineano anche il ritiro caotico dall’Afghanistan e le difficoltà nel mantenere la promessa di essere un presidente di transizione, lasciando un’eredità percepita come tragica e incompleta.
Altri, come Tevi Troy e Victor Davis Hanson, hanno adottato una visione più critica, enfatizzando l’impatto dell’età avanzata di Biden e la percezione di un mandato polarizzante. Troy lo descrive come un leader che, nonostante avesse sconfitto Trump, ha permesso il suo ritorno alla Casa Bianca. Hanson, invece, lo accusa di aver guidato un’amministrazione caratterizzata da inflazione, aumento della criminalità e disordini ai confini, rendendolo uno dei presidenti meno popolari e più divisivi del secolo.
Infine, Keisha N. Blain e altri studiosi hanno sottolineato aspetti positivi, come il suo impegno per la diversità e l’inclusione, con nomine storiche di donne nere in ruoli di potere. Tuttavia, nonostante questi progressi, la sua amministrazione non è riuscita a consolidare politicamente questi successi, venendo ricordata più per le sue promesse non mantenute e per il suo approccio inefficace al cambiamento sociale.
Infine, c’è da considerare la valutazione che gli americani danno di questi quattro anni. Un sondaggio Gallup mostra. Un sondaggio Gallup mostra come il 54% degli intervistati ritenga che questi saranno considerati "sotto la media" o "scarsi," con solo il 19% che prevede un giudizio positivo. Biden soffre di un sostegno tiepido persino tra i Democratici, con molti che lo considerano un presidente "nella media", e registra una valutazione nettamente negativa tra indipendenti e Repubblicani. Tuttavia, la storia mostra che le percezioni sulle presidenze possono cambiare con il tempo. Leader come Jimmy Carter, George W. Bush e Donald Trump hanno visto migliorare le loro valutazioni storiche rispetto al momento in cui hanno lasciato l'incarico. Il fatto che, dal punto di vista economico, il presidente lasci un’America più forte rispetto a quella presa in carico, unito ai diversi successi legislativi, può senza dubbio lasciare aperta la porta a una rivalutazione postuma positiva.
Il caso TikTok
Nella serata di sabato è stata bloccata, negli Stati Uniti, la popolare app di video TikTok (uno dei social network più diffusi fra i giovani), di proprietà cinese, in seguito a una legge federale che ne impone il divieto di utilizzo a meno che la società madre ByteDance non venda l’app a una proprietà non cinese. La norma, approvata dal Congresso e firmata dal presidente Biden, è stata confermata dalla Corte Suprema, portando all’oscuramento dell’app poco prima della scadenza. Anche Lemon8, un’altra app di ByteDance, è stata bloccata, e TikTok è stato rimosso dagli app store di Apple e Google, segnando un evento senza precedenti per una piattaforma con oltre 170 milioni di utenti americani.
La situazione ha messo in evidenza le complessità di un divieto su larga scala. Sebbene il presidente Biden non abbia intenzione di applicare immediatamente sanzioni per l’uso dell’app, il presidente eletto Donald Trump ha indicato che potrebbe cercare una soluzione temporanea, incluso un potenziale rinvio di 90 giorni per la vendita o un ordine esecutivo per evitare il divieto. Tuttavia, il blackout ha già avuto conseguenze significative per ByteDance, con il rischio di perdere utenti e creatori di contenuti che potrebbero migrare verso piattaforme rivali come Instagram.
Le altre notizie della settimana
Il Senato ha votato venerdì il Laken Riley Act, una proposta di legge sull'immigrazione sostenuta dal Presidente eletto Trump, in quello che sarà senza dubbio il suo primo successo legislativo. Il disegno di legge, approvato con 61 voti a favore e 35 contrari, mira a detenere gli immigrati presenti illegalmente e accusati di crimini legati a furti durante il procedimento giudiziario.
La misura ha ricevuto il sostegno di dieci senatori Democratici, principalmente di stati in bilico, che si sono uniti ai Repubblicani per superare l'ostruzionismo. La versione del testo, che nella Upper House ha subito delle modifiche, deve ora tornare alla Camera per un ulteriore voto, prima di essere firmata da Trump, prevedibilmente all’inizio della prossima settimana.
Se nel corso degli ultimi anni Donald Trump aveva subito pesanti critiche dalle personalità più ricche dell’industria tech, dopo la sua seconda vittoria elettorale questi ultimi sembrano partecipare a una vera e propria gara per sostenerlo e finanziarlo. In particolare, figure di spicco come Satya Nadella, CEO di Microsoft, e Sundar Pichai, CEO di Google, stanno manifestando una crescente vicinanza al presidente eletto, partecipando a incontri ed eventi chiave che suggeriscono un riavvicinamento strategico.
La stessa cosa si può dire di Mark Zuckerberg, che nel 2021 era arrivato a bannare Trump dai suoi social dopo l’assalto al Congresso e che ora continua a strizzargli l’occhio. Tutti questi personaggi, inoltre, stanno partecipando al comitato inaugurale di Trump con pesanti donazioni.
In questa settimana sono iniziate le audizioni per le varie figure chiamate a ricoprire ruoli nel governo durante i prossimi anni. La più discussa è stata quella di Pete Hegseth come Attorney General, visto che l’ex anchorman della FOX era uno dei profili su cui non era certo vi fossero i numeri. Durante la sessione, Hegseth ha affrontato critiche sulla sua vita privata, comprese accuse di infedeltà, abuso di alcol e un'accusa di aggressione sessuale, tutte respinte come parte di una “campagna di diffamazione”.
Hegseth ha inoltre attenuato la sua posizione sull’impiego delle donne in ruoli di combattimento, affermando di voler garantire standard fisici adeguati ma non opporsi alla loro presenza. Sul fronte delle politiche del Pentagono, Hegseth ha criticato gli sforzi per promuovere diversità ed equità, sostenendo che hanno indebolito la forza militare, impegnandosi a riportare al centro la preparazione bellica e la responsabilità dei leader. Fare previsione sull’esito finale sembra difficile, ma al momento le chance di una conferma sono abbastanza alte.