La controversa scelta sull’aborto della Corte Suprema
La controversa scelta della Corte Suprema sull’aborto, l'indice di popolarità di Biden ancora in calo e i dati sulla disoccupazione, oltre alle altre notizie della settimana.
La controversa scelta della Corte Suprema sull’aborto
La notizia della settimana riguarda sicuramente una decisione della Corte Suprema che potrebbe avere notevole impatto sulla vita di milioni di cittadini, andando a toccare il delicatissimo tema dell’aborto. Prima di spiegare la vicenda, però, può essere utile chiarire come questo diritto negli Stati Uniti non sia stato garantito a seguito di una legge federale, ma bensì dopo una delle più famose sentenze della Corte Suprema, la Roe vs Wade, risalente al 1973.
Negli ultimi anni sono stati numerosi i tentativi, operati quasi esclusivamente da parte repubblicana, che hanno provato a rovesciare questa decisione, con l’approvazione di numerose leggi fatte appositamente per essere discusse dalla Corte Suprema, dove al momento le nomine operate durante la presidenza Trump hanno spostato la maggioranza decisamente verso destra, creando un terreno favorevole ad un rovesciamento della Roe vs Wade. Qualcosa di simile è avvenuto appunto in questa settimana, quando la SCOTUS ha deciso di non bloccare una legge texana che vietava l’aborto a partire dal momento in cui è rilevata l’attività cardiaca, all’incirca intorno alla sesta settimana di gravidanza, normativa che impedirebbe di fatto almeno l’85% degli aborti (dato che nella grande maggior parte dei casi in un lasso di tempo così breve una donna non ha ancora scoperto di essere incinta). L’unica eccezione è quella che riguarda un eventuale pericolo di vita per la partoriente, mentre il divieto permane in caso di stupro. Attraverso la legge vengono imposte inoltre pesanti multe per coloro che violano la disposizione, che si applica anche in quanti assistono nella pratica.
Inevitabilmente, le reazioni a questa decisione sono state immediate, a partire da quelle degli esponenti della minoranza liberal della Corte Suprema. "La decisione del tribunale è sbalorditiva", ha scritto la giudice liberal Sonia Sotomayor nel suo dissenso. "Si sono presentati con una richiesta per imporre una legge palesemente incostituzionale progettata per vietare alle donne di esercitare i loro diritti costituzionali ed eludere il controllo giudiziario e la maggioranza dei giudici ha scelto di seppellire la testa sotto la sabbia".
Il giudice capo Roberts ha scritto invece: "Lo schema legale davanti alla corte non è solo insolito, ma senza precedenti. Il legislatore ha imposto un divieto di aborto dopo circa sei settimane, e quindi ha sostanzialmente delegato l'applicazione di tale divieto alla popolazione in generale. La conseguenza desiderata sembra essere quella di isolare lo Stato dalla responsabilità di attuare e far rispettare il regime normativo".
Dura anche la reazione del presidente degli Stati Uniti Joe Biden, che con una nota ha definito questa decisione come un attacco senza precedenti allo stato di diritto, specificando che si tratta di una legge anti-americana e di star verificando con il Dipartimento di Stato le modalità per poter garantire comunque alle donne texane l’accesso all’aborto.
La domanda, adesso, è capire quali potrebbero essere le conseguenze e le reazioni a catena generate da questa scelta in quegli altri stati che da tempo provano ad agire per limitare il diritto d’aborto. La legge del Texas era strutturata appositamente per non poter essere impugnata, togliendo il ruolo della condanna agli ufficiali statali e facendolo cadere sui singoli cittadini, e di fatto la decisione della Corte Suprema ha rifiutato di bloccarla senza però esprimersi sulla costituzionalità (lasciando in piedi la Roe vs Wade, pur tracciando una strada per aggirarla), l’attenzione si sposta su una decisione che dovrà essere presa a riguardo di una legge del Mississipi che pone il divieto dopo 15 settimane e che si pone invece in aperto contrasto con quanto attualmente in vigore.
La speranza del movimento antiabortista, rinforzato dalla decisione presa in settimana, è che una scelta a favore di questa legge possa minare definitivamente la Roe vs Wade, ma nei fatti questa rischia già di essere indebolita dato che diversi stati repubblicani hanno espresso la volontà di emulare quanto fatto dal Texas ed approvare una legge “a prova di Corte Suprema”. Nell’immediato, inoltre, il tema diventerà facilmente un argomento in vista della prossima campagna elettorale per le elezioni mid-term, con il Partito Democratico pronto a metterlo al centro della sua agenda politica.
Biden, indice di popolarità ancora in calo
Già all’interno del numero della scorsa settimana vi avevamo parlato delle difficoltà che sta incontrando il presidente degli Stati Uniti Joe Biden, i cui indici di approvazione sono in costante calo da settimane. Ad alimentare una situazione di per sé già complessa, soprattutto a causa delle montanti preoccupazioni generate dalla pandemia, c’è stata la situazione afghana, che ha impattato sulla popolarità dell’inquilino della Casa Bianca.
Nell’ultima settimana Biden ha toccato il massimo di impopolarità netta: secondo FiveThirtyEight, il suo tasso di approvazione era al 46.2%, quello di disapprovazione al 48%, con un saldo negativo di 1.8 punti percentuali, il peggiore dall’inizio della nuova presidenza. Il dato fa riferimento a sondaggi condotti fra il 31 agosto ed il 1 settembre, dunque a ritiro dall’Afghanistan completato.
Un calo che si fa più marcato fra gli indipendenti ma che tocca anche gli elettori democratici: sebbene la maggioranza degli americani consideri inoltre ancora giusto il ritiro dall’Afghanistan, forte è la contrarietà nei confronti della maniera in cui questo è stato gestito. Difficile prevedere quale sarà l’impatto a lungo termine, per il quale non si può far altro che aspettare e seguire gli sviluppi futuri.
Gli ultimi dati sull’occupazione
L'economia americana ha creato solo 235 mila nuovi posti di lavoro nel mese di agosto, un dato molto deludente causato in buona parte dalla diffusione della variante Delta negli Stati Uniti. Si tratta di un dato nettamente più basso delle attese mediane degli analisti (725 mila nuovi posti di lavoro), nonchè dei dati di giugno e luglio, rispettivamente rivisti al rialzo a 962 mila nuovi posti di lavoro ed 1,1 milioni di nuovi posti di lavoro creati.
Nonostante il dato deludente sull'occupazione, comunque, il tasso di disoccupazione è sceso nel mese di agosto di altri 0,2 punti percentuali, attestandosi al 5,2%, il dato più basso da inizio pandemia. Restano ancora circa 5 milioni di posti di lavoro persi da inizio pandemia.
La crescita dei posti di lavoro ad agosto è stata dovuta in particolare al settore dei servizi (+74 mila), dei trasporti (+53 mila), dell'educazione privata (+40 mila) e della manifattura (+37 mila). Ma l'occupazione nel settore degli hotel e dell'ospitalità è rimasta sostanzialmente ferma, mentre quella nei ristoranti ed in altri servizi legati al cibo ha visto una diminuzione (-42 mila), che ha di fatto azzerato i guadagni ottenuti altrove nel settore delle arti e del divertimento.
La persistenza del coronavirus, dovuta alla trasmissibilità della nuova variante ed al largo numero di persone ancora non vaccinate, ha fatto sorgere dubbi sulla ripresa economica a lungo tempo degli Stati Uniti, in quanto larghi settori economici, come quelli dell'ospitalità e del cibo, restano ben al di sotto delle performance pre-pandemia.
Le altre notizie della settimana
Il Dipartimento dell’Educazione ha cancellato più di 9 miliardi di dollari di debito studentesco da quando Biden è Presidente. Sono stati aiutati in questo momento 563 mila ex studenti. Si tratta di una proposta politica che era stata al centro della campagna elettorale di Bernie Sanders, ma che era appoggiata anche da altri elementi interni all'establishment del partito.
Stati Uniti in ginocchio a causa delle enormi devastazioni provocate dall’uragano Ida, che ha colpito soprattutto il nordest del paese (drammatiche le immagini di New York travolta dalla forza del vento e dell’acqua) provocando un alto numero di morti.
La legislatura statale texana ha approvato in via definitiva la nuova legge elettorale che rende più difficile l’accesso alle urne, ponendo restrizioni sul voto via posta, sul voto anticipato e vietando quello “drive through”.
In vista delle prossime elezioni per il Senato in New Hampshire, crescono le preoccupazioni in casa democratica per la possibile candidatura fra le fila repubblicane di Chris Sununu, che appare avanti in quasi tutti i sondaggi rispetto all’attuale senatrice Maggie Hassan.
Il deputato repubblicano Andy Biggs ha chiesto formalmente l’espulsione di Liz Cheney ed Adam Kinzinger dal Partito Repubblicano alla Camera. Per farlo avrà bisogno del voto dei 2/3 della conferenza dei deputati GOP. Nella sua lettera Biggs (uno dei target della Commissione 6 Gennaio) definisce senza mezzi termini Cheney e Kinzinger come “spie” dei democratici affermando che non si può parlare liberamente in loro presenza.
Prosegue la “battaglia” in casa democratica sul pacchetto per le infrastrutture (per sapere di cosa si tratta, leggi qui), con Joe Manchin che ha chiesto di tirare un freno sulla parte più costosa, quella da 3.5 mila miliardi che sarebbe approvata attraverso la procedura della budget resolution. Immediata la risposta di Bernie Sanders, che ha affermato come senza quest’ultima verrebbero meno i voti per approvare il secondo accordo sulle infrastrutture, quello bipartisan negoziato soprattutto grazie al lavoro dell’ala moderata che ha trovato l’intesa con alcuni repubblicani.
Uno dei 2 deputati USA che si sono recati senza permesso in Afghanistan, Peter Meijer, ha cambiato idea: se prima del viaggio era a favore dell’estensione della scadenza del 31 agosto, dopo essersi recato sul campo ha stabilito che restare sarebbe stato peggio che andare via. “Se avessimo posto fine all’accordo con i Talebani, se fossero ripresi scontri tra noi ed i Talebani, non solo ci sarebbero state molte vittime tra i nostri soldati, ma avremmo anche precluso ogni possibilità di fuga per coloro che vogliono andare via”, afferma Meijer.
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