La guida alle elezioni americane
Come funziona la legge elettorale, quali sono gli Stati chiave e cosa guardare durante la notte.
Martedì 5 novembre si terranno le elezioni negli Stati Uniti che decideranno chi sarà il prossimo presidente tra Donald Trump e Kamala Harris.
Come funziona il meccanismo elettorale
Negli Stati Uniti, il presidente viene scelto attraverso un meccanismo indiretto chiamato Collegio Elettorale, che risale alla Costituzione del XVIII secolo. Chi si reca alle urne non vota direttamente per il presidente, ma eleggono i "grandi elettori", figure designate per rappresentare la volontà dei cittadini del loro stato. Questi grandi elettori sono scelti dai partiti politici di ciascuno stato, seguendo linee guida che variano localmente. Tuttavia, alcune regole si applicano a livello federale: nessun senatore, deputato o funzionario che ricopre una carica pubblica negli Stati Uniti può essere scelto. Inoltre, i funzionari statali coinvolti in atti di insurrezione o ribellione contro gli Stati Uniti, o che abbiano sostenuto i suoi nemici, sono esclusi da questo ruolo.
La scelta di usare questo meccanismo elettorale risale alle origini stesse degli Stati Uniti, e in particolar modo al compromesso fra quanti volevano che il presidente fosse deciso dal voto popolare e quanti invece volevano attribuire al Congresso questa prerogativa. Ogni stato dispone di un numero specifico di grandi elettori, determinato in base alla sua rappresentanza al Congresso, cioè il numero di deputati alla Camera (proporzionale alla popolazione dello stato) sommato ai due senatori che ogni stato ha. Questo significa che stati più popolosi, come la California, hanno un numero maggiore di grandi elettori (55), mentre stati piccoli come il Vermont o il Wyoming ne hanno solo 3. In totale, il Collegio Elettorale è composto da 538 voti, inclusi i 3 assegnati a Washington D.C.
Il meccanismo di assegnazione dei grandi elettori varia da stato a stato, ma nella maggior parte degli stati funziona con il sistema "winner-takes-all": il candidato che ottiene la maggioranza dei voti popolari in quello stato riceve tutti i suoi voti elettorali. Ci sono però eccezioni: in Maine e in Nebraska, i voti elettorali sono distribuiti in modo più proporzionale. In questi due stati, un candidato ottiene un voto per ogni distretto congressuale che vince, mentre i due voti elettorali restanti sono assegnati al candidato che ottiene la maggioranza a livello statale. Per diventare presidente, un candidato deve raggiungere almeno 270 voti elettorali, cioè la maggioranza assoluta dei 538 disponibili.
L’analisi degli swing states e cosa dicono i sondaggi
Una conseguenza diretta di questo meccanismo è legata al fatto per cui l'attenzione mediatica sia concentrata tutta su quei pochi swing states che saranno realmente decisivi nell'assegnazione della presidenza. Alcune aree del paese, infatti, votano saldamente per l'uno o l'altro partito. In stati come il Mississippi o il Missouri, ad esempio, i Repubblicani vincono con quindici o sedici punti di vantaggio, ragion per cui nessuno Democratico investirà tempo e denaro per far campagna elettorale qui, dato che un lieve recupero sarebbe ininfluente per il risultato finale. Lo stesso si può dire delle aree del paese che votano a sinistra: nonostante Trump chiuderà (un po' insolitamente) la sua campagna a New York, gli investimenti qui sono stati sicuramente minori rispetto ad altre zone.
È negli stati in bilico, infatti, che Trump ed Harris hanno concentrato le loro energie. L'elezione, infatti, potrebbe essere decisa con una vittoria di pochi punti decimali in ciascuno di questi swing states, ragion per cui qui ogni voto conterà: si tratta di Pennsylvania, Michigan, Wisconsin, Georgia, North Carolina, Nevada e Arizona. È intuitivamente facile capire perché questi siano importanti. Aiutandoci con la mappa presente nell'immagine sottostante, vediamo come, assegnando solo gli altri stati che possono ritenersi sicuri per l'uno o per l'altro, si ottiene una situazione per cui a Trump spettano 219 grandi elettori e a Kamala Harris 229. Dal risultato nei sette stati sopracitati, dunque, dipende il destino dell’elezione.
Ma qual è la particolarità di ciascuno di questi swing states? Proviamo ad analizzarli con una analisi più specifica.
Pennsylvania
La Pennsylvania, con i suoi 19 voti elettorali, è forse lo stato più importante in questa tornata. Negli ultimi trent’anni hanno vinto quasi sempre i Democratici, con l’unica eccezione del 2016, quando ad avere la meglio fu proprio Donald Trump. Questo stato è caratterizzato da un elettorato eterogeneo e demograficamente complesso: la maggioranza è costituita da bianchi non ispanici, ma vi è anche una significativa presenza di afroamericani e ispanici, oltre a una popolazione in invecchiamento. Decisiva sarà la classe operaia, che ha votato in maggioranza Trump nel 2016 ma che nel 2020 è tornata in parte su Biden. Saranno particolarmente importanti anche gli elettori delle aree suburbane, cruciali per Biden nel 2020, così come i votanti più anziani e la classe operaia bianca, né Trump.
I sondaggi, al 3 novembre, indicano una situazione di sostanziale equilibrio: nella media di FiveThirtyEight Donald Trump è avanti di appena 0.3 punti.
Michigan
Anche il Michigan, come la Pennsylvania, è stato quasi sempre Democratico negli ultimi anni, con l’unica eccezione del 2016. Dal punto di vista demografico, il Michigan è composto prevalentemente da elettori bianchi non ispanici, ma ospita una significativa popolazione nera e una crescente comunità araba americana, il cui voto potrebbe rivelarsi decisivo. Anche il voto dei sindacati rimane influente, con Harris che ha ricevuto il sostegno del sindacato United Auto Workers, mentre Trump cerca di attrarre i Teamsters, che hanno scelto di non dare il loro supporto a nessun candidato quest'anno.
Nella media dei sondaggi Kamala Harris è leggermente avanti di 0.8 punti
Wisconsin
Il Wisconsin è il terzo stato del Midwest decisivo in questa tornata elettorale e, come i due precedentemente citati, ha votato quasi sempre per i Dem nel recente periodo con l’eccezione del 2016. Le città di Milwaukee e di Madison, che ospitano una numerosa comunità afroamericana, rappresentano una risorsa cruciale di voti per i Democratici. I Repubblicani, invece, continuano a mantenere una solida base nei sobborghi di Milwaukee, in particolare nelle contee WOW (Waukesha, Ozaukee, Washington) e in quella di Kenosha. Tuttavia, negli ultimi anni il sostegno in queste aree è diminuito, mostrando una tendenza favorevole ai Democratici. Il successo del GOP dipenderà quindi dalla capacità di conservare il supporto in questi territori chiave. Nelle aree rurali e agricole del resto dello stato, invece, l’elettorato si è progressivamente spostato a destra. Va notato che, al momento della registrazione al voto, non è richiesta l’affiliazione a un partito.
Nei sondaggi ad essere leggermente avanti è Kamala Harris, che ha un vantaggio di 0.6 punti nella media di FiveThirtyEight.
Georgia
Gli stati del sud, al momento, sembrano leggermente più favorevoli a Donald Trump. La Georgia è stata fondamentale per la vittoria di Biden nel 2020, rappresentando un cambiamento significativo in uno stato che dal 1984 aveva votato sempre Repubblicano, con la sola eccezione del 1992. Questo spostamento verso sinistra era già visibile negli anni precedenti: Obama aveva ottenuto un incremento di consensi rispetto a Kerry, e tra il 2018 e il 2022 i Democratici hanno capitalizzato su questa crescita, ottenendo successi importanti.
Il cambiamento è stato alimentato soprattutto dall’area metropolitana di Atlanta, dove i sobborghi, un tempo roccaforti repubblicane, hanno iniziato a sostenere i Democratici, in particolare dopo il 2016. Questo cambiamento è stato dovuto soprattutto alla forte presenza di popolazione afroamericana. Hillary Clinton aveva già conquistato 8 delle 10 contee principali, un risultato ampliato da Stacey Abrams nel 2018 e ulteriormente consolidato da Biden nel 2020. Nel 2024, tuttavia, la situazione è tornata incerta, con i Repubblicani leggermente avanti nei sondaggi, rendendo il risultato finale meno prevedibile.
Nella media di FiveThirtyEight, Trump è avanti di 1.5 punti
Arizona
In Arizona, uno stato dove Biden ha vinto nel 2020, i Repubblicani sembrano aver acquisito un buon margine, dato che Trump è avanti nei sondaggi di 2.2 punti. Questo sarebbe un dato che invertirebbe un trend di spostamento a sinistra che ha caratterizzato lo stato negli ultimi anni. Secondo un sondaggio recente, il candidato repubblicano ha un vantaggio sull’economia, tema su cui è preferito dal 56% degli elettori. Tuttavia, l'aborto e l'immigrazione sono questioni cruciali: il primo favorisce Harris, mentre il secondo gioca a favore di Trump.
Oltre alle presidenziali, gli elettori si esprimeranno sulla Proposition 139, un emendamento per proteggere il diritto all’aborto, e su una legge che renderebbe le violazioni migratorie crimini statali. In Arizona, dove la comunità ispanica costituisce quasi un terzo dell’elettorato, Trump ha guadagnato terreno negli ultimi anni. Il cuore dello stato è la contea di Maricopa, che rappresenta il 60% della popolazione e, nonostante una tradizione repubblicana, ha votato Biden nel 2020, il primo democratico vincente dai tempi di Truman nel 1948.
Nella media di FiveThirtyEight, Trump è avanti di 2.5 punti
Nevada
Pur portando pochi voti elettorali, il Nevada resta uno stato cruciale. A pesare contro Harris sono soprattutto i dati economici: lo stato registra uno dei tassi di disoccupazione più alti del Paese (5,4% a livello statale e 6,7% a Las Vegas, rispetto al 4,2% nazionale), e molti residenti, dipendenti dalle mance, soffrono per il costo della vita in aumento.
Gli elettori ispanici, che costituiscono circa il 30% della popolazione, sono fondamentali, specialmente nella contea di Clark (Las Vegas), che copre il 75% della popolazione. Negli ultimi anni, questa contea si è gradualmente spostata a destra, riducendo il margine democratico. Assieme alla contea di Washoe (Reno), le aree urbane coprono circa il 90% del Nevada, mentre le zone rurali, a forte sostegno repubblicano, bilanciano il voto di Las Vegas. Inoltre, i Democratici hanno perso circa 100.000 iscritti al voto negli ultimi quattro anni, mentre gli elettori indipendenti sono cresciuti, diventando la maggioranza con 807.000 registrati.
Nei sondaggi Trump è avanti di 0.9 punti
North Carolina
La North Carolina è un altro swing state cruciale, storicamente favorevole ai Repubblicani, che hanno vinto tutte le elezioni presidenziali recenti tranne quella del 2008. Tuttavia, quest'anno la competizione appare particolarmente incerta. A complicare il quadro per i Repubblicani c'è il candidato governatore del GOP, Mark Robinson, una figura molto controversa e impopolare, coinvolta in scandali legati a messaggi scioccanti pubblicati su un forum online tra il 2008 e il 2012, in cui avrebbe usato uno pseudonimo per difendere la schiavitù e definirsi "nazista nero."
Dal punto di vista demografico, la North Carolina presenta una significativa popolazione afroamericana, fondamentale per i Democratici, ed è uno stato in forte crescita. Grazie alla presenza di importanti università e a un settore tecnologico in espansione, attira molti giovani, un elettorato potenzialmente favorevole ai Dem.
Nella media dei sondaggi di FiveThirtyEight, Donald Trump è avanti di 1.6 punti.
I temi della campagna elettorale
I temi centrali della campagna elettorale ruotano attorno a immigrazione ed economia. Per quanto riguarda il primo, i candidati offrono soluzioni diverse. Harris propone un approccio che coniuga sicurezza delle frontiere e percorsi legali per ottenere la cittadinanza, e ha destinato fondi a programmi in America Centrale per contenere il flusso migratorio. Ha inoltre promesso di potenziare le forze di frontiera e di sostenere un piano bipartisan per la sicurezza, bloccato però da Trump. Quest'ultimo adotta una linea più severa, proponendo l’impiego dell’esercito, deportazioni di massa e l’espansione del muro al confine con il Messico. Punta anche a intensificare i raid nei luoghi di lavoro per aumentare le detenzioni e sottolinea il rischio alla sicurezza nazionale rappresentato dall’immigrazione.
Sul fronte economico, Harris si concentra su misure a sostegno della classe media e dei lavoratori, come investimenti nell’industria verde, controllo dei prezzi per evitare aumenti sproporzionati e nuove tasse sui redditi più alti per finanziare i servizi sociali. Include inoltre proposte per aumentare le costruzioni abitative per affrontare la crisi immobiliare e agevolazioni fiscali per le piccole imprese. Trump, invece, promuove ulteriori tagli fiscali per grandi imprese e classi più abbienti, deregolamentazione e una politica commerciale fortemente protezionista con l’introduzione di una tariffa universale sulle importazioni. Tuttavia, diversi economisti avvertono che queste misure potrebbero provocare inflazione e incrementare il deficit federale.
Un altro tema centrale è l’aborto, reso particolarmente rilevante dalla sentenza Dobbs v. Jackson Women’s Health Organization del 2022, che ha annullato la storica Roe v. Wade, restituendo agli stati la facoltà di regolamentare l’aborto. In risposta, diversi stati a guida repubblicana hanno imposto restrizioni quasi totali, mentre i Democratici, con Harris in testa, considerano l’aborto un diritto fondamentale e propongono leggi per ristabilire le protezioni federali di Roe v. Wade. Trump, pur rivendicando il merito di aver influenzato la Corte Suprema tramite la nomina di tre giudici conservatori, preferisce lasciare la questione agli stati ma non esclude l’introduzione di misure restrittive, come il monitoraggio delle gravidanze.
La stabilità della democrazia è un ulteriore tema di rilievo. Harris intende rafforzare il sistema elettorale con leggi che tutelino il diritto di voto e l’integrità delle elezioni, opponendosi alle misure dei Repubblicani che limitano l’accesso al voto. Trump, al contrario, ha criticato apertamente il sistema democratico e nel suo piano per un secondo mandato include l’espansione dei poteri dell’esecutivo e la rimozione di alcune tutele per i funzionari pubblici, con l’obiettivo di orientare l’apparato federale verso i suoi scopi politici.
Le minoranze e i Repubblicani che votano Democratico
Per comprendere come andrà il voto ci sono altri due fattori da tenere in conto. Il primo è legato a un certo spostamento di alcune minoranze verso Donald Trump, rilevato in alcuni sondaggi. Molti elettori neri e ispanici condividono posizioni simili a quelle di Trump sui temi di immigrazione e crimine. Un sondaggio condotto da NY Times/Siena College, rivela, ad esempio, che il 40% dei neri e il 43% degli ispanici è favorevole alla costruzione di un muro al confine sud, e una percentuale simile supporta la deportazione di immigrati non documentati. Inoltre, la percezione del crimine come un problema incontrollato nelle grandi città è diffusa quasi allo stesso livello tra elettori neri, ispanici e bianchi. Questo consenso va oltre le questioni razziali: Trump riscuote approvazione tra chi apprezza la sua politica "America First", favorevole a concentrarsi su problemi interni e a ridurre il coinvolgimento all’estero, trovando una risonanza particolarmente forte in queste comunità.
Come sottolinea Nate Cohen, inoltre, nonostante le dichiarazioni incendiarie e talvolta offensive di Trump — inclusi recenti commenti controversi sui rifugiati haitiani — una parte significativa degli elettori neri e ispanici non si sente offesa. Circa il 20% dei neri e il 40% degli ispanici ritiene che chi si offende per i suoi commenti prenda Trump troppo sul serio. Inoltre, molti trovano il suo stile schietto e provocatorio divertente, percependo le sue parole più come provocazioni che come insulti diretti. Questo contribuisce a una certa normalizzazione di Trump, visto come una figura meno minacciosa e persino "divertente" per una parte di elettori di colore, soprattutto tra i più giovani.
La questione economica rimane uno dei motivi principali di insoddisfazione verso l'attuale amministrazione democratica. Solo una minoranza degli elettori neri e ispanici valuta positivamente le condizioni economiche attuali, con oltre la metà di entrambi i gruppi che ha spesso ridotto la spesa per la spesa alimentare a causa dei costi crescenti. Trump, percepito come un esperto uomo d'affari, beneficia di questo malcontento economico, e la nostalgia di molti per i tempi di prosperità durante la sua presidenza rafforza il suo appeal. Tra gli elettori che indicano l’economia come priorità, Trump è in vantaggio tra gli ispanici e riduce il divario con i democratici tra gli elettori neri, una dinamica preoccupante per il partito di Kamala Harris.
Allo stesso tempo, in alcuni stati chiave, potrebbe verificarsi un altro fenomeno, legato alla presenza di elettori del Partito Repubblicano che votano però per i Democratici in funzione anti-Trump. In Arizona, ad esempio, la famiglia del compianto senatore McCain si era già schierata con Biden nel 2020 e farà lo stesso per Harris questa volta, mentre alcuni esponenti del GOP come Liz Cheney stanno facendo attivamente campagna per la stessa Harris. Quanto possa pesare questo fattore è difficile da prevedere, ma alcune rilevazioni fanno pensare che in alcuni stati tale fenomeno possa riguardare il 10% degli elettori del GOP.
Cosa guardare durante la notte
Negli Stati Uniti i seggi non chiudono alla stessa ora, ma ogni Stato ha le sue regole.
Il primo Stato chiave a chiudere è la Georgia all'1.00 di notte. In Georgia entro le 2.00 verranno pubblicati i risultati del voto anticipato, che sono circa i tre quarti del voto totale. Questo dovrebbe permetterci rapidamente di capire come sono andate le contee afroamericane. All'1.30 chiude invece la North Carolina che entro le 3.30 dovrebbe pubblicare i dati del voto anticipato. Trump ha bisogno di vincere in questi due Stati per avere la meglio nelle elezioni.
Alle 2.00 chiudono invece i seggi in Michigan e in Pennsylvania e alle 3.00 quelli in Wisconsin e in Arizona, mentre per il Nevada si dovranno aspettare le 4.00. La Pennsylvania dovrebbe andare abbastanza veloce nello scrutinio e, se uno dei due candidati dovesse avere un vantaggio netto, le elezioni sarebbero sostanzialmente decise. Il Michigan invece andrà sensibilmente più lento, mentre il Wisconsin entro le 7.00 del mattino dovrebbe aver quasi finito lo scrutinio.
Dobbiamo invece sperare che le elezioni non dipendano da Arizona e Nevada perché sono due Stati molto lenti nel contare il voto. Secondo i calcoli di FiveThirtyEight per la nostra mezzanotte tra mercoledì e giovedì (quindi dopo oltre 24 ore), saranno solo al 70/80% dello scrutinio. A che ora dovremmo aspettarci il vincitore? In media dal 1960 al 2020, escludendo i casi del 2000 quando servirono 36 giorni e del 2020 quando ne servirono 4, in media il vincitore è stato annunciato alle 6.50 del mattino in Italia. Ma tutto dipenderà da quali saranno i margini di vittoria.
Ci sono poi alcune contee nelle quali i seggi chiudono presto e che possono darci qualche indicazione mentre aspettiamo i risultati degli Stati chiave. A mezzanotte chiudono i seggi a Hamilton in Indiana, contea che potrebbe dirci come stanno votando gli elettori laureati che vivono nei sobborghi, mentre all'1,00 questo avverrà a Lake, una contea dell'Indiana che era un centro manifatturiero e che sta andando a destra. Altre interessanti sono, ad esempio, quelle di Price Edward, Surry e Sussex in Virginia, tre contee rurali con molti afroamericani che sono andate a destra negli ultimi anni.