La guida alle elezioni di metà mandato negli Stati Uniti
Le midterm: cosa sono, quali sono le sfide da guardare, cosa ci dicono i sondaggi e la storia.
Martedì 8 novembre negli Stati Uniti si terranno le elezioni di metà mandato. Si tratta dell’evento politico più importante per la politica americana del 2022 e definirà cosa succederà nei prossimi due anni. Per questo motivo abbiamo scritto una guida al voto con tutte le informazioni necessarie.
Come funzionano le midterm
Negli Stati Uniti ogni due anni si vota per rinnovare tutta la Camera dei Rappresentanti e un terzo del Senato, a rotazione. Le elezioni, fissate a metà del mandato presidenziale, si chiamano appunto midterm o elezioni di metà mandato.
Quest’anno al Senato saranno in gioco 35 seggi. In Oklahoma, eccezionalmente, saranno rinnovati entrambi i senatori: uno per il normale mandato, mentre il secondo per via di un’elezione suppletiva che servirà a completare i quattro anni mancanti del seggio di Jim Inhofe, che ha scelto di ritirarsi dalla politica per questioni d’età. Complessivamente, 21 dei seggi in gioco al momento sono rappresentati dal Partito Repubblicano e 14 dal Partito Democratico. Si tratta, quindi, di un anno favorevole per i Dem al Senato.
Storicamente, però, il partito che controlla la Casa Bianca (quest’anno i Democratici) perde le midterm, in particolar modo alla Camera. Le eccezioni dal secondo dopoguerra in poi sono state solamente due: il 1998 e il 2002.
Non esiste una spiegazione univoca per cui il partito del presidente perde le elezioni. Ci sono però due teorie popolari. La prima si concentra sull’affluenza e l’idea alla base è che gli elettori del partito del presidente sono meno propensi ad andare a votare in quanto ritengono che sia meno urgente. Controllando già la Casa Bianca non sentono un motivo pressante per votare e non c’è la prospettiva di una sconfitta totale, al massimo non controlleranno il Congresso.
La seconda, invece, si basa sul “thermostatic model”. L’idea è che l’opinione pubblica sia come un termostato che si attiva quando fa troppo freddo o caldo e gli elettori votano in un modo o nell’altro per bilanciare la temperatura. In sostanza, dopo aver eletto un presidente Democratico ritengono che le politiche siano diventate troppo liberal e alle midterm votano per idee più conservatrici, e viceversa al turno successivo.
Le sfide più importanti da guardare
Quali saranno le sfide più importanti da guardare nelle prossime midterm?
Senato
Una delle sfide più importanti nella Upper House è quella che riguarda la Pennsylvania, dove si sfidano il Democratico John Fetterman e il Repubblicano Mehmet Oz. Quest’ultimo è in forte rimonta: la nostra analisi.
In North Carolina il favorito per la vittoria è il Repubblicano Ted Budd, attualmente alla Camera, in vantaggio sulla Democratica Cheri Beasley: la nostra analisi.
Anche in Wisconsin il favorito per la vittoria è un Repubblicano, il senatore uscente Ron Johnson. La sfida, però, è più serrata del previsto ed il democratico Mandela Barnes ha qualche possibilità: la nostra analisi.
Gran parte del successo Democratico nel 2020 è passato dalla Georgia, dove Raphael Warnock è chiamato a difendere il suo seggio contro il Repubblicano Herschel Walker, in una sfida che si preannuncia come particolarmente tirata: la nostra analisi.
La sfida in Ohio si sta rivelando più competitiva del previsto, con il Democratico Tim Ryan che sta andando molto bene nei sondaggi. Il Repubblicano J.D. Vance, comunque, resta favorito: la nostra analisi.
In Arizona, invece, si sta assistendo al recupero del Repubblicano Blake Masters, figura controversa appoggiata da Trump, nei confronti del senatore uscente Mark Kelly, che resta comunque in vantaggio: la nostra analisi.
In Nevada la situazione è tutt’altro che favorevole per i Democratici: l’uscente Catherine Cortez-Masto è in difficoltà contro il Repubblicano Adam Laxalt, e la situazione sul territorio non è particolarmente buona. La nostra analisi.
Camera
Nelle ultime due settimane abbiamo analizzato diverse competizioni interessanti alla Camera: leggi qui la prima parte e la seconda parte.
Governatori
Il Democratico Tony Evers ed il Repubblicano Tim Michels si contenderanno la carica di Governatore in Wisconsin, in una sfida che si preannuncia combattuta e dall’esito assolutamente incerto: la nostra analisi.
Steve Sisolak e Joe Lombardo si sfideranno per la carica di Governatore del Nevada: si tratta di due figure agli antipodi su molti temi come aborto, matrimoni egualitari e pena di morte. La nostra analisi.
In Arizona nelle ultime settimane si è assistito al recupero della Repubblicana Kari Lake sulla Democratica Katie Hobbs, in una contesa che potrebbe essere decisa da pochi voti: la nostra analisi.
Inflazione, aborto e non solo: quali sono i temi delle midterm?
Ogni elezione, per sua natura, ha delle tematiche particolari che rivestono un’importanza primaria al momento del voto: i sondaggi delle ultime settimane mostrano come gli elettori di ciascun partito abbiano priorità diverse, ma è inevitabile che il tema dell’inflazione, cioè l’aumento dei prezzi a cui si sta assistendo da mesi, rivesta un ruolo centrale. Si tratta della questione che i Repubblicani stanno usando per attaccare la presidenza Biden e la strategia sembrerebbe pagare, vista la crescita nei sondaggi.
“Per settimane abbiamo creduto che questa sarebbe stata un’elezione incentrata sull’aborto, ci siamo sbagliati”. Queste parole, pronunciate da Tom Malinowski, uno dei membri della Camera la cui rielezione è a rischio, riassumono in breve una strategia elettorale che i Democratici stanno provando a cambiare in corsa.
Nelle ultime settimane, infatti, il partito ha provato a parlare maggiormente delle azioni messe in atto per aiutare la crescita economica (non secondarie, se si considera il piano di aiuti per il Covid, il pacchetto sulle infrastrutture e l’Inflaction Reduction Act), sottolineando anche come i Repubblicani non abbiano votato alcune misure popolari come la riduzione del prezzo dei farmaci. Diversi esponenti, inoltre, sono scesi in campo per attaccare i Repubblicani a riguardo della loro volontà di operare tagli a Medicare (il sistema che fornisce assicurazione sanitaria agli anziani) e Social Security (l’agenzia che elargisce le pensioni), elemento che potrebbe fare breccia fra gli indecisi.
Questa svolta, in ogni caso, è avvenuta in ritardo, come sottolineato anche da un’analisi del New York Times: nel mentre, infatti, i repubblicani hanno attaccato ripetutamente i Democratici definendoli i responsabili della situazione economica in quanto partito attualmente al governo. La strategia sembra funzionare, non solo per quanto riguarda l’attrazione del voto degli indecisi: in molti stati sarà decisiva l’affluenza, e diversi analisti sul territorio sottolineano come l’insoddisfazione per la situazione economica possa portare molti elettori che nel 2020 votarono Joe Biden a restare a casa.
Ci sono poi due tematiche che riguardano quasi esclusivamente i democratici, ovvero l’aborto e il diritto di voto. Il primo tema è divenuto di cruciale importanza a seguito della sentenza con cui la Corte Suprema ha rovesciato Roe vs. Wade, ma dopo aver portato ad una crescita dei democratici nei sondaggi durata diverse settimane è tornato nuovamente in secondo piano rispetto all’inflazione. Questo tema, però, potrebbe risultare decisivo nel favorire i Democratici nelle corse per i governatori, visto che questi ultimi avrebbero poi l’ultima parola nelle leggi statali riguardanti la limitazione del diritto d’aborto.
Vi è poi il tema del voto, divenuto di importanza cruciale dopo quanto avvenuto a seguito delle elezioni 2020: per la prima volta, infatti, stanno avendo rilevanza anche le sfide per i Segretari di Stato, i funzionari addetti (fra le altre cose) alla certificazione dei risultati usciti dalle urne. I repubblicani stanno spingendo per vincere in modo da avere il controllo del processo elettorale, mentre i Democratici stanno provando ad impedirlo per paura che nel 2024 possa avvenire un vero e proprio atto eversivo.
Fra i temi cari ai Repubblicani c’è invece la lotta al crimine: il GOP, infatti, da anni definisce troppo morbida la linea Democratica e pericolosi alcuni slogan portati avanti dai progressisti, come ad esempio il “Defund The Police”. La strategia potrebbe funzionare, anche se va considerato come i report più recenti evidenzino una decrescita dei tassi di criminalità.
Sondaggi e voto anticipato: qual è la situazione?
I sondaggi delle ultime settimane sono tendenzialmente favorevoli per i Repubblicani, grandi favoriti per la conquista della Camera dei Rappresentanti e con ottime possibilità di ottenere la maggioranza anche al Senato. Per comprendere come le chances di vittoria siano cambiate nel tempo, può essere utile osservare il Forecast di FiveThirtyEight, che traccia costantemente le possibilità di successo (ed in cui si può vedere un recupero democratico in estate esauritosi però in fretta).
Questo grafico, inoltre, mostra come sia calato il vantaggio democratico in molte sfide cruciali al Senato:
Negli Stati Uniti, inoltre, è possibile esprimere il voto in anticipo rispetto al giorno delle elezioni, nelle modalità previste stato per stato (via posta o di persona al seggio). Per esprimere la propria preferenza alle urne, poi, è richiesta la registrazione al voto (l’elettore deve dichiarare la propria affiliazione - Repubblicano, Democratico, Indipendente o Altro - al momento dell’iscrizione nelle liste).
Questi due elementi consentono di poter fare una anagrafica del voto già oggi, prima ancora dell’apertura delle urne di martedì prossimo.
Sappiamo che finora hanno già espresso il proprio voto oltre 35 milioni di persone, e possiamo provare a cogliere dei trend a seconda dello stato. Ovviamente mancano dei pezzi per completare il puzzle: una fetta importante di elettori deve ancora votare e non sappiamo alla fine cosa abbiano votato veramente, a prescindere dalla loro affiliazione partitica. Ma in alcuni casi il trend è evidente già ora.
Florida
In Florida è in arrivo una probabile valanga rossa. Già dal voto anticipato appare evidente come i Repubblicani vinceranno con largo margine. Nel 2020, a cinque giorni dal voto, avevano votato 7.830.000 persone con un vantaggio dei Democratici pari a 162.000 elettori registrati. Quest’anno, nello stesso momento (dati di giovedì 3 novembre), hanno votato 3.887.000 persone con un vantaggio dei Repubblicani di 156.000 elettori.
L’affluenza è in calo di circa il 50% e colpisce sproporzionatamente i democratici. I repubblicani non solo hanno un tasso maggiore di affluenza (32% vs 29%), ma sono numericamente in vantaggio nelle contee di Duval (Jacksonville) e Miami-Dade e di poco dietro a Hillsborough (Tampa). Considerando che l’Election Day di norma è territorio repubblicano, è ipotizzabile una vittoria di DeSantis e Rubio, forse in doppia cifra.
North Carolina
In North Carolina i Democratici mantengono un vantaggio di 120.000 elettori registrati (38.4% vs 31.6%). Nel 2020, al termine del periodo di early voting, avevano un vantaggio leggermente inferiore (37.34% vs 31.68%). Sembra che qui la situazione sia meno chiara ed è difficile trarre conclusioni definitive.
Pennsylvania
Nello stato della Pennsylvania tipicamente il voto anticipato (via posta) è poco utilizzato, e rappresenta solamente il 20% circa del totale. Quest’anno la richiesta di voti postali è diminuita, e l’insieme degli elettori che hanno richiesto la scheda postale è più Democratico rispetto al 2020 (69-21 vs 63-25). Per questo motivo nel totale dei voti espressi finora il vantaggio Democratico (70-21) è più alto rispetto al dato finale del 2020 (65-23), sebbene la differenza di affluenza tra i due elettorati sia più ridotta quest’anno.
Un dato interessante è che, nel 2020, il 20.5% dei voti anticipati era rappresentato da persone con meno di 34 anni. Quest’anno soltanto il 15% dei voti arriva da persone sotto i 40 anni, il che potrebbe far pensare che tra i votanti democratici potrebbero esserci molti “ancestral dems”. Anche qui è impossibile lanciarsi in previsioni, anche considerando il grosso volume di voti che deve ancora essere espresso.
Nevada
In Nevada l’early voting è molto polarizzato, con i Repubblicani che dominano il voto di persona mentre i Democratici cannibalizzano il voto postale.
Estremamente polarizzata è anche la divisione tra la zona urbana (Las Vegas/Reno), che dà un vantaggio ai Democratici, e la zona rurale che garantisce un bacino importante al GOP, seppur pesi solo il 12% sul totale. L’affluenza di quest’anno è bassa: fino a giovedì sera hanno votato 530.000 persone circa, poco più di 1/4 degli elettori registrati.
Il vantaggio complessivo dei Democratici nella zona urbana è di 26.500 votanti, che scende a 5.200 una volta considerati i dati parziali delle contee rurali (dopo oggi avremo dati più precisi). In totale i registrati Democratici hanno un punto di vantaggio su quelli Repubblicani, un dato estremamente inferiore rispetto alle passate tornate elettorali e che potrebbe evaporare del tutto con il voto dell’Election Day.
In questo momento il Nevada sembra sorridere maggiormente al GOP, soprattutto considerando che un ulteriore aiuto dovrebbe arrivare dagli elettori indipendenti. C’è grande preoccupazione tra i Democratici, che sperano in un boom all’ultimo momento dei voti postali.
Georgia
In Georgia non esiste la registrazione per partito, ma è disponibile il dato sull’etnia che è molto indicativo in quanto la polarizzazione etnica è elevata e la percentuale di afroamericani che vota democratico è plebiscitaria.
Quando manca un giorno di voto anticipato di persona, i neri rappresentano il 29% dell’elettorato, i bianchi il 57.7%. Questi numeri rappresentano un mix indecifrabile: nel 2020 i neri pesavano per il 27.7% e i bianchi per il 56.5%, quindi entrambi i dati di quest’anno sono superiori. Sono dati che non permettono un pronostico: si deciderà tutto con l’affluenza all’Election Day.
Arizona
L’Arizona è uno stato in cui si vota quasi esclusivamente via posta, con una piccola quota all’Election Day. Nel 2020 i Democratici avevano iniziato a votare molto in anticipo accumulando un grande vantaggio che poi è evaporato man mano che ci si avvicinava al voto. Anche quest’anno il trend sembra essere lo stesso, con i Repubblicani che aspettano fino all’ultimo per spedire le schede.
A cinque giorni dal voto, nel 2020, i democratici avevano un vantaggio di 25.600 elettori su 2.300.000 votanti totali (37.9%-36.8%). Quest’anno i Dem hanno un vantaggio di 32.000 elettori su 1.370.000 votanti (39%-36.6%), sebbene manchino i dati aggiornati delle contee più rurali.
Non sembrano dati brutti per i Democratici, anche se sarebbe azzardato spingersi oltre considerando che l’Election Day è tipicamente molto repubblicano (alle primarie di agosto 85%-15%). A decidere il vincitore saranno gli elettori indipendenti, che rappresentano una fetta importante in questo stato.
Conclusioni
In definitiva, dall’Early Voting di questi sei stati chiave si notano sostanzialmente due caratteristiche:
- Un calo dell’affluenza marcato rispetto al 2020, che potrebbe essere compensato parzialmente da una maggiore affluenza all’Election Day (una quota di elettori potrebbe tornare a votare al seggio dopo il periodo della pandemia).
- Una situazione piuttosto incerta, sebbene in Florida e Nevada si noti poco entusiasmo da parte degli elettori Democratici.
Cosa potrebbe cambiare con una vittoria repubblicana?
Dopo aver provato a tracciare un quadro delle prossime elezioni, proviamo ora ad ipotizzare cosa potrebbe accadere nel caso in cui i Repubblicani dovessero ottenere la maggioranza.
Sebbene il discorso sia diverso per Camera e Senato, una cosa sarà sicura: Biden dovrà ridimensionare drasticamente la sua agenda, limitandosi all'approvazione di pochi provvedimenti in grado di ottenere consenso bipartisan e rinunciando agli elementi più ambiziosi del suo programma non ancora approvati (come la codifica in legge della Roe vs. Wade).
Nel caso in cui i Repubblicani dovessero avere il controllo in almeno uno dei due rami è probabile che avviino delle commissioni d'inchiesta: alcuni esponenti del GOP hanno già dichiarato di voler iniziare indagini sulle possibili condotte illecite di Hunter Biden, ma potrebbero puntare anche sulla gestione della pandemia da parte di Anthony Fauci e sul disastroso ritiro dall'Afghanistan operato dall'attuale amministrazione.
Per The Atlantic, inoltre, una vittoria dei Repubblicani farebbe aumentare le pressioni affinché il partito avvii un processo di impeachment nei confronti di Joe Biden, anche se non è chiaro quali potrebbero essere le accuse esplicite da formulare nei confronti del presidente. Un aspetto ancora più delicato è quello riguardante il Senato, che ha il potere di confermare le nomine presidenziali: per Biden sarà molto più difficile fare passare le sue scelte, motivo per cui intorno a questo aspetto potrebbero crearsi numerosi stalli politici nel corso dei prossimi due anni.
Trump ancora al centro della scena
In casa repubblicana, in queste midterm, sarà utile osservare anche la performance di alcuni candidati appoggiati apertamente da Donald Trump. Nonostante alcune inchieste giudiziarie su di lui, infatti, quest'ultimo sembra intenzionato ad una possibile candidatura in vista delle presidenziali del 2024 e la sua figura è attualmente centrale nel partito.
A dimostrarlo vi sono alcuni numeri: nelle primarie hanno vinto 233 candidati da lui sostenuti, contro i 17 che hanno perso. Fra queste sconfitte, alcune sono state particolarmente significative, come quelle in Georgia di David Perdue nella corsa per il Governatore e di Jody Hice nella sfida per il segretario di Stato contro Brad Raffensperger, divenuto famoso per essersi opposto al tentativo di ribaltare illegalmente l’esito elettorale del 2020.
Nonostante questi numeri positivi, però, la presa di Trump sul partito è meno forte rispetto ad un anno fa: un sondaggio dell'NBC ha rivelato come nell'ottobre del 2020 la maggior parte degli elettori si identificava in primo luogo come sostenitore di Trump e solo secondariamente del partito, mentre oggi le proporzioni si sono invertite, come si può notare dal grafico sottostante.
Nel partito, inoltre, alcuni esponenti di primo piano (Ron DeSantis su tutti) sembrano pronti a lanciare la candidatura in vista del 2024, con lo stesso Mike Pence (vicepresidente di Trump) che non ha risposto ad una domanda riguardante l'appoggio al tycoon.
In quest'ottica, il risultato elettorale di alcuni candidati appoggiati dall'ex presidente contro l'establishment del partito (come ad esempio Blake Masters in Arizona e Mehmet Oz in Pennsylvania) potrà essere utile per capire la presa in vista delle prossime elezioni.
2002, 2010, 2018: le prime midterm degli ultimi presidenti
Come abbiamo visto, dunque, i sondaggi sono tutt’altro che favorevoli nei confronti di Joe Biden, che rischia di non avere più la maggioranza. E, come ci siamo detti all’inizio, solo in due occasioni il partito del presidente in carica non ha perso seggi nelle sue prime elezioni alla Casa Bianca.
Una delle poche eccezioni, in tempi recenti, è stata quella dell'ex Presidente degli Stati Uniti George W. Bush, che nel 2002 riconquistò il controllo del Senato strappando ai Democratici due seggi e vinse il voto popolare alla Camera guadagnando otto seggi. Si è trattato dell'unica midterm della storia con un presidente al primo mandato che ha riconquistato il controllo di una Camera e esteso il suo margine in entrambi i rami del Congresso. Gran parte del successo di Bush fu dovuto all'enorme popolarità che il presidente guadagnò a seguito degli attacchi terroristici dell'11 settembre e con la Guerra al Terrore scatenata poche settimane come risposta a questi ultimi.
Un risultato molto diverso lo ottenne Barack Obama, che nelle elezioni del 2010 andò incontro ad una disastrosa sconfitta: il presidente mantenne infatti il controllo del Senato ma perse ben sei seggi, mentre alla Camera dei Rappresentanti i repubblicani guadagnarono 63 seggi, uno dei margini più alti nella storia politica recente. In quell'occasione il tema principale fu la condizione economica del Paese, ancora precaria dopo la disastrosa crisi del 2008: il tasso di disoccupazione era ancora molto alto (oltre il 9%), ed i repubblicani spinsero molto su questo, oltre che sulla critica all'Affordable Care Act approvato dallo stesso presidente. In quell'elezione, inoltre, giocò un ruolo importante il Tea Party Movement, un'associazione libertaria che si azionò per convincere al voto i repubblicani.
Nel 2018, invece, si è avuta la cosiddetta "Blue Wave", con il Partito Democratico che fu capace di mobilitare in massa i suoi elettori contro l'allora presidente Donald Trump. Quest'ultimo riuscì ad estendere la sua maggioranza al Senato (sfruttando anche il fatto che si votasse in molti Stati favorevoli per il GOP) ma perse il controllo della Camera dei Rappresentanti, dove i democratici guadagnarono 41 seggi. Come detto precedentemente, un fattore importante fu l'enorme affluenza al voto (la migliore dal 1914) con i democratici che riuscirono a portare alle urne gran parte delle minoranze, spingendo molto sull'avversione nei confronti dell'ex presidente.
Gli orari del voto: quando inizieranno ad arrivare i risultati
Di seguito un elenco completo con gli orari italiani di chiusura delle urne (ci soffermeremo solo su Senato e Governatori, in grassetto quelle più rilevanti): qualora l’esito della sfida sarà già segnata, i broadcaster televisivi potranno già chiamare la vittoria per uno dei due candidati, altrimenti l’elezione verrà dichiarata “To close to call”. In ogni caso, come avvenuto nel 2020, va considerato che in diversi stati il conteggio dei voti è molto lento, ragion per cui potrebbero volerci anche dei giorni per i risultati definitivi.
00.00
Il primo stato a chiudere le urne sarà l’Indiana.
1.00
Senato Indiana, Senato Georgia, Governatore Georgia, Senato Kentucky, Senato South Carolina, Governatore South Carolina, Senato Vermont, Governatore Vermont.
1.30
Senato North Carolina, Senato Ohio, Governatore Ohio.
2.00
Senato Alabama, Governatore Alabama, Senato Connecticut, Governatore Connecticut, Senato Florida, Governatore Florida, Senato Illinois, Governatore Illinois, Governatore Maine, Senato Maryland, Governatore Maryland, Senato New Hampshire, Governatore New Hampshire, Senato Oklahoma, Governatore Oklahoma, Senato Pennsylvania, Governatore Pennsylvania, Governatore Rhode Island, Governatore Tennessee.
2.30
Senato Arizona, Governatore Arizona, Senato Colorado, Governatore Colorado, Senato Iowa, Governatore Iowa, Senato Kansas, Governatore Kansas, Senato Louisiana, Governatore New Mexico, Governatore Minnesota, Governatore Nebraska, Senato New York, Governatore New York, Governatore Texas, Senato Wisconsin, Governatore Wisconsin, Senato Nevada, Governatore Nevada, Senato Utah.
5.00
Senato California, Governatore California, Senato North Dakota, Governatore North Dakota, Senato Oregon, Governatore Orgeon, Senato Washington.
6.00
Senato Hawaii, Governatore Hawaii.