L'accordo bipartisan sulle infrastrutture e la delicata situazione afghana
Oggi parliamo del fragile accordo fra Dem e GOP sulle infrastrutture, di come gli Stati Uniti intendono proteggere gli afghani che hanno collaborato e delle altre notizie della settimana.
Il fragile accordo fra Democratici e Repubblicani sulle infrastrutture
L’ultima settimana è stata molto importante dal punto di vista del pacchetto sulle infrastrutture, uno degli elementi cardine del programma di Joe Biden finito sin dall’inizio al centro dell’agenda legislativa del presidente americano. La proposta iniziale riguardava un importante investimento da 2000 miliardi di dollari, reso necessario dal precario stato della rete in tutto il paese, del quale abbiamo parlato anche in uno degli ultimi numeri della nostra newsletter.
Fin dal primo momento, però, sono apparse chiare le difficoltà che i democratici avrebbero fronteggiato per arrivare all’approvazione. La risicata maggioranza in entrambi i rami del Congresso rende necessario l'appoggio dell'intero partito, dove si registrano diverse anime e sensibilità fra l’area progressista e quella moderata.
Questo vale soprattutto al Senato: in questo provvedimento riguardante le infrastrutture il filibuster può essere eluso attraverso la procedura della reconciliation, ragion per cui il pacchetto potrebbe essere approvato senza nessun voto repubblicano (nelle leggi ordinarie serve l’appoggio di almeno 10 membri del G.O.P. per arrivare a quota 60) a patto che tutti i democratici nella Hupper House votino a favore.
Le difficoltà sono sorte, però, a seguito della presa di posizione di Joe Manchin, senatore proveniente dal West Virginia (stato attualmente saldamente conservatore e trumpiano), molto moderato e sempre propenso alla ricerca di accordi bipartisan tra entrambe le fazioni.
Il suo appoggio è fondamentale per avere i 50 voti necessari al passaggio in Senato (in caso di parità interviene la vice-presidente Harris), ragion per cui la Casa Bianca ha cercato l'approccio con una pattuglia di repubblicani guidati da Shelley Moore Capito.
Le trattative non sono state semplici: l'enorme piano proposto inizialmente da Biden non prevedeva solo investimenti in infrastrutture fisiche come strade e ponti, ma anche stanziamenti per la transizione verde, la rete internet e soprattutto scuola e salute, le cosiddette infrastrutture umane.
I repubblicani, invece, volevano limitarsi alle sole infrastrutture fisiche, evitando quest'ultima parte. Altro punto di divergenza è relativo ai finanziamenti, dato che la Casa Bianca puntava ad un aumento della tassazione sulle grandi corporation e sulle persone più ricche che permettesse di ricavare i fondi necessari. Questa però è considerata dai repubblicani una linea rossa invalicabile, su cui è impossibile trovare un accordo.
Un'intesa, difficile e precaria, è stata in ogni caso trovata ed annunciata in una conferenza stampa in cui Biden ha partecipato con esponenti democratici e repubblicani. Il tutto per un pacchetto che prevede un costo complessivo di 1,2 mila miliardi in otto anni con 550 miliardi di nuove spese, che saranno finanziate in gran parte da un mix di proposte relative alla lotta all’evasione fiscale, al riutilizzo di fondi già stanziati in passato e non ancora utilizzati ed alla cooperazione fra pubblico e privato.
Subito dopo l'approvazione, però, sono piovute le critiche dall'ala progressista democratica, che hanno portato ad un chiarimento. Joe Biden ha infatti affermato che quanto rimane fuori dall'accordo raggiunto con i repubblicani sarà votato a parte attraverso la procedura della reconciliation, ed in questo senso aperture sono arrivate da Manchin e Sinema.
Una scelta che però ha inevitabilmente indispettito il partito repubblicano: se a firmare l'accordo sono stati cinque membri del G.O.P. al Senato, fin da subito si è parlato di una pattuglia di undici eletti, pronti a votare. Numeri che però rischiano di vacillare, di fronte alle pressioni di una parte del partito che ha storto il naso di fronte a tale soluzione. Biden ha affermato che la sua intenzione non fosse quella di porre alcun veto, ma la situazione è molto fluida ed in divenire.
Gli Stati Uniti puntano a proteggere gli afghani che hanno collaborato
Gli Stati Uniti lasceranno entro pochi mesi l’Afghanistan, dopo una lunga guerra durata quasi vent’anni. L’amministrazione americana, però, ha espresso la volontà di non lasciare indietro tutti quegli abitanti locali che in questo lungo periodo hanno collaborato con i soldati statunitensi e che potrebbero essere vittima di ritorsioni da parte dei talebani.
Si tratta principalmente di interpreti, autisti ed altri afghani che hanno collaborato. “Non lasceremo indietro nessuno di loro”, ha detto il presidente Joe Biden ai giornalisti della Casa Bianca.
Alcuni membri dell’amministrazione hanno affermato che questi cittadini saranno momentaneamente trasferiti in alcune zone come Guam o altri posti in cui potranno essere sotto la diretta protezione americana, nell’attesa di poter avere la regolare documentazione per poter entrare nel paese.
Le discussioni sulla grandezza di questa operazione sono in corso all’interno del Pentagono, almeno stando a quanto riportato dal New York Times. La cifra del quale si parla è di 100.000 afghani, da trasferire utilizzando aerei di linea e mezzi di trasporto militari, anche se la cifra potrebbe essere rivista al ribasso. In questo processo saranno coinvolti anche i familiari stretti di queste popolazioni.
Nelle ultime settimane è cresciuto anche il pressing operato da diverse associazioni di veterani ed esponenti del Congresso per agire in tal senso, anche attraverso campagne di sensibilizzazione operate attraverso video ritraenti le implorazioni o riguardanti il futuro del paese una volta che gli americani lasceranno il territorio afghano. Questo perché le organizzazioni terroristiche, seppur indebolite, non sono state affatto sconfitte: il timore è che l’esercito dell’Afghanistan sia troppo debole senza l’aiuto statunitense per fronteggiarne la minaccia.
Anche in virtù di queste preoccupazioni, in settimana Joe Biden ha incontrato il presidente dell’Afghanistan Ashraf Ghani, confermando il supporto anche in futuro. Per questo ha assicurato un importante aiuto economico, che sarà fornito non solo con finanziamenti per la sicurezza ma anche con vaccini e strumenti per combattere la pandemia nel paese.
All’interno dello studio ovale, lo stesso Ghani ha espresso gratitudine per l’aiuto americano, affermando come questo sia uno step ulteriore nelle relazioni sussistenti fra i due paesi.
Le altre notizie della settimana
Un report degli Stati Uniti afferma che sono 143 gli avvistamenti di oggetti volanti non identificati a partire dal 2004 a cui non è stata data una spiegazione. Per quanto secondo il New York Times non vi siano alcune prove del fatto che si tratti di armi segrete, tecnologie di Russia o Cina e presenze aliene, verrà implementato lo sforzo per indagini in tal senso da parte del governo federale.
L'ex poliziotto Derek Chauvin è stato condannato a 22 anni e mezzo per l'omicidio di George Floyd avvenuto il 25 maggio 2020 a Minneapolis.
Ad aprile dopo un mese di udienze Chauvin era stato dichiarato colpevole da una giuria popolare di omicidio involontario di secondo grado, che prevede una pena massima di 40 anni di carcere, di omicidio di terzo grado (pena massima 25 anni) e di omicidio colposo (pena massima 10 anni). La pena è stata invece decisa dal giudice Peter A. Cahill che ha presieduto il processo.
L’Attorney General Merrik Garland ha annunciato lo scorso venerdì che il Dipartimento di Giustizia è intenzionato a far causa alla Georgia per la nuova legge che impone diverse restrizioni per quanto riguarda l’accesso al voto, del quale abbiamo parlato nel numero del 28 marzo. È la prima rilevante azione intrapresa dall'Amministrazione Biden in risposta all'ondata di restrizioni sul voto che gli Stati a maggioranza repubblicana hanno cercato di imporre dall'elezione di Joe Biden alla presidenza.
I democratici nella Camera dei Rappresentanti sono ancora intenzionati a far partire una speciale commissione congressuale volta ad indagare sulle responsabilità relative all’assalto a Capitol Hill dello scorso 6 gennaio
L'ex Vicepresidente Mike Pence ha ribadito ieri, durante un discorso tenuto alla Reagan Library, di non aver avuto alcuna autorità costituzionale per fermare il conteggio dei voti relativi alle elezioni 2020 il 6 gennaio, e si è detto "fiero" del fatto che il Congresso abbia portato a termine il suo compito nonostante le tristi vicende di quel giorno,
Rudy Giuliani, ex sindaco di New York e avvocato dell'ex presidente degli Stati Uniti Donald Trump, è stato sospeso dall'esercizio della professione forense nello stato di New York.
Lo ha stabilito una Corte d'Appello dello Stato dopo che ha osservato come ci siano prove indiscusse che Giuliani "ha rilasciato dichiarazioni manifestamente false e fuorvianti a tribunali, legislatori e pubblico" mentre tentava di ribaltare l'esito legittimo delle elezioni presidenziali del 2020. La Corte ha stabilito che Giuliani ha minacciato "l'interesse pubblico".
Il presidente Joe Biden ha annunciato mercoledì che nominerà Cindy McCain, vedova dell'ex senatore John McCain, come ambasciatrice presso il Programma alimentare mondiale delle Nazioni Unite.
Retromarcia dei vescovi americani, che non faranno alcuna azione per impedire l'Eucaristia ai politici cattolici. Nel numero della settimana scorsa avevamo parlato dell’approvazione di un documento che apriva la strada alla possibilità che i politici pro-aborto come il presidente Biden potessero essere esclusi dalla Comunione.
È stato pubblicato un sondaggio da parte dell’Associated Press-NORC Center for Public Affairs Research in cui emerge che:
- il 65% degli americani ritiene che l'aborto debba essere illegale in quasi tutte le circostanze nel secondo trimestre di gravidanza
- l'80% degli americani ritiene che l'aborto debba essere illegale nel terzo trimestre di gravidanza
- il 61% degli americani ritiene che l'aborto debba essere legale nei primi 3 mesi di gravidanza.
La maggioranza sia di democratici che di repubblicani pensa che l'aborto debba essere sempre legale in caso di strupro o incesto, quando la gravidanza mette a rischio la salute della madre o se il nascituro ha una malattia che lo mette a rischio di vita.
Per questa settimana è tutto. Grazie di averci letto. Se la newsletter ti è piaciuta condividila.
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