L'accordo imposto dal Congresso per impedire uno sciopero dei treni
Nell'ultima settimana il Congresso ha imposto un accordo per impedire uno sciopero dei treni, che avrebbe causato grossi problemi all'economia americana
Sciopero dei treni: perché il Congresso l’ha fermato?
Nella giornata di giovedì il Senato ha imposto un accordo fra le compagnie ferroviarie e i lavoratori volto ad evitare uno sciopero che avrebbe creato numerosi problemi all’economia del paese (le stime parlavano di costi superiori ai 2 miliardi al giorno). La decisione va in controtendenza con l’atteggiamento avuto da Biden nei primi mesi del suo mandato, dal momento che il presidente è stato molto vicino alle istanze sindacali, ma in questo caso “le conseguenze sarebbero state troppo grandi per le famiglie”, come ha esplicitamente sottolineato l’inquilino della Casa Bianca.
Quali erano le richieste principali dei ferrovieri? Queste riguardavano gli orari estenuanti, i turni spesso imprevedibili che rendevano difficile programmare la vita privata e una maggiore tutela sanitaria. La problematica era esplosa già lo scorso settembre: allora Biden lavorò strenuamente per trovare un accordo, che comprendeva un aumento degli stipendi, una maggiore flessibilità negli orari di lavoro e più giorni liberi.
Si trattava di un’intesa particolarmente vantaggiosa per i lavoratori, rifiutata però da diverse unioni sindacali in quanto non conteneva il permesso di malattia retribuito, ritenuta una delle richieste più importanti. Negli ultimi giorni, con l’avvicinarsi della scadenza che avrebbe portato al nuovo sciopero, sono proseguite le trattative per un accordo. Pressati dall’ala progressista del partito, i senatori Democratici hanno provato ad aggiornare l’intesa già raggiunta a settembre inserendo anche una settimana di malattia pagata, ma la misura è stata battuta nella Upper House con 52 voti contrari e 43 a favore. I Repubblicani, invece, hanno provato a spostare di sessanta giorni la deadline in modo da evitare un intervento governativo sulla questione, anche in questo caso senza successo.
Dal momento che non si è raggiunto l’accordo su ulteriori modifiche da inserire nell’accordo, il Congresso, per impedire lo sciopero, ha forzato le parti ad accettare l’accordo raggiunto a settembre con le seguenti condizioni: aumento degli stipendi del 24% per cinque anni, più flessibilità sugli orari e un giorno in più di riposo. Come già sottolineato, si tratta di un’intesa che alcuni sindacati avevano rigettato per la mancanza della malattia retribuita, ma che Biden si è trovato costretto ad imporre: “Per me è una decisione dura”, ha detto il presidente, “ma è la cosa giusta da fare. Bisogna salvare i posti di lavoro”.
Non si è fatta attendere, però, la risposta del Dipartimento ai Trasporti dell’AFL-CIO (il principale sindacato americano), che ha attaccato principalmente i membri del Congresso: “A causa loro il presidente Biden non è stato in grado di inserire una risoluzione che garantisse sette giorni di malattia pagata a tutti i lavoratori. Siamo dispiaciuti, ma non siamo comunque sconfitti”.
Ma per quale motivo le aziende hanno concesso l'aumento di stipendio ma non la malattia? Le motivazioni sono da rintracciare nella gestione degli ultimi anni e in quella che viene definita PSR, ovvero precision-scheduled railroading: si tratta di una strategia volta a trasportare poi materiali con costi e dipendenti minori. Quest’ultima, accompagnata al calo dei lavoratori avvenuto negli ultimi anni, ha reso i turni più lunghi e irregolari: come conseguenza, ad oggi l’organico è insufficiente ed è sempre più difficile effettuare sostituzioni all'ultimo minuto. Un’assenza imprevista per malattia, sostengono i dirigenti ferroviari, creerebbe notevoli problemi.
Nonostante questo, però, il presidente americano non ha chiuso la porta ad ulteriori modifiche, promettendo di impegnarsi nel convincere i repubblicani ad approvare quegli elementi richiesti dai sindacati che non sono stati inseriti nella misura attuale.
Cambia il calendario delle primarie democratiche
Il Comitato Nazionale Democratico ha approvato il piano del presidente Joe Biden per cambiare il calendario delle primarie nel 2024. Si tratta di una decisione accettata formalmente dal massimo organo del partito, ma che dovrà essere ancora ratificata da una riunione ufficiale, che si terrà verosimilmente nei primi mesi del 2023.
Si tratterà di una novità storica, dal momento che l’Iowa perderà il suo ruolo di apripista nella corsa presidenziale, fattore che per decenni ha portato i candidati a battere in lungo e in largo lo stato. La decisione è stata assunta dal momento che l’elettorato dell’Iowa, abitato quasi totalmente da bianchi ed ormai saldamente Repubblicano, non rappresenta più la demografia della popolazione americana. Nel 2020, inoltre, la gestione delle votazioni fu disastrosa, e servirono diversi giorni per avere il risultato.
Il nuovo calendario sarà il seguente:
- 3 febbraio: South Carolina
- 16 febbraio: New Hampshire e Nevada
- 13 febbraio: Georgia
- 27 febbraio Michigan.
Si tratta di una decisione destinata a generare ampio dibattito nel Partito Democratico e che ha suscitato il malcontento di diversi esponenti, soprattutto in New Hampshire. La deputata dello stato Ann Kuster ha infatti affermato: “Siamo ovviamente contrariati. La delegazione del New Hampshire ha fatto esplicita richiesta di mantenere lo status di prima nazione dello stato a tenere le primarie”. Una posizione simile è stata espressa dalla senatrice Maggie Hassan, le cui parole sono state ancor più dure: “Mi oppongo fermamente alla decisione di cambiare il calendario delle primarie. La legge del New Hampshire è chiara, le nostre primarie resteranno le prime”.
A riguardo va ricordato che la legge del New Hampshire dà ai funzionari elettorali il potere di assicurarsi che le primarie presidenziali siano le prime della nazione (anche attualmente, pur votando per secondi, si consideravano i primi perché i caucus dell'Iowa non sono considerati primarie, in quanto erano assemblee interne al partito e non votazioni pubbliche).
Le altre notizie della settimana:
Una Corte d’Appello ha deciso di cancellare la nomina di uno special master (ovvero un giudice indipendente) per la revisione dei documenti che l’FBI ha sequestrato all’ex presidente Trump nella sua residenza di Mar-a-Lago. Si tratta di una vittoria per il Dipartimento di Giustizia ed una grande sconfitta per l’ex presidente Donald Trump.
L'ex presidente Trump ha insultato il leader della minoranza Repubblicana al Senato Mitch McConnell (R-Ky.) in un'intervista rilasciata martedì a Fox News. Trump lo ha definito un "fallito" dopo che McConnell aveva criticato la sua decisione di cenare con il suprematista bianco Nick Fuentes e il rapper antisemita Ye.
Il Senato americano, con 61 voti favorevoli e 36 contrari, ha approvato il Respect for Marriage Act, un disegno di legge volto a rendere legali i matrimoni fra persone dello stesso sesso. La legge, del quale avevamo parlato in un recente numero della nostra newsletter, passerà ora alla Camera (dove dovrebbe essere approvata senza grossi problemi) e finirà poi sulla scrivania di Joe Biden per la firma definitiva.
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Biden aveva appena finito di pronunciare il suo discorso quando una persona sconosciuta tra la folla ha gridato al Presidente "altri quattro anni". Il Presidente ha scansato il commento e ha ringraziato la persona.
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