Le nomine di Trump stanno facendo discutere
Nel nostro approfondimento settimanale parliamo delle nomine di Donald Trump per la prossima amministrazione
Donald Trump ha vinto le elezioni e sta iniziando a comporre quella che sarà la sua amministrazione. Le nomine dei membri del Gabinetto vanno avanti ormai da diverse settimane: alcune rappresentano scelte ampiamente accettate dal Partito Repubblicano, altre hanno fatto maggiormente discutere. La scelta che ha fatto più rumore è stata quella che avrebbe portato Matt Gaetz a ricoprire il delicato ruolo di Attorney General, che corrisponde bene o male al nostro Ministro della Giustizia. Il deputato della Florida aveva alle spalle diverse accuse, fra cui alcune per molestie sessuali, e proprio in questi giorni era atteso un rapporto della Camera riguardante le indagini condotte su di lui, stoppato proprio dalle dimissioni dello stesso Gaetz.
Questa scelta ha provocato fin da subito la contrarietà di buona parte del Partito Repubblicano. Dopo alcuni giorni, Matt Gaetz ha scelto perciò di ritirarsi, con una scelta che rappresenta una prima battuta d’arresto per Donald Trump, che si era schierato (forse un po’ a sorpresa) al suo fianco. Questo discorso ci porta alla necessità di dover analizzare bene come funziona nel dettaglio il processo di nomine da parte del presidente, quali sono i problemi che esso può affrontare. Inoltre, cercheremo di mettere a fuoco le nomine principali del nuovo presidente, per cercare di capire se queste possono dirci qualcosa su quella che sarà la prossima amministrazione.
Come funziona il processo di nomine?
Le persone nominate alla guida dei dipartimenti esecutivi e tutti gli altri capi delle agenzie federali sono scelti dal presidente e poi presentati al Senato per essere confermati o respinti a maggioranza semplice. Fino al 21 novembre 2013, in realtà, era necessario avere almeno 60 voti per superare il filibuster, ma quel giorno i Democratici decisero di usare la “nuclear option” per ridurre la soglia al 50%+1 dei membri.
Una volta che il presidente designa una figura, vengono avviate indagini formali da parte dell'FBI e dell'Ufficio per l’Etica Governativa (OGE). L'FBI controlla gli ultimi quindici anni di attività, specialmente se la posizione prevede l'accesso a informazioni classificate, mentre l'OGE esamina i conflitti di interesse finanziari, spesso richiedendo ai candidati di vendere beni o ristrutturare le proprie finanze.
Le informazioni raccolte sono trasmesse al presidente e, in parte, ai membri della Upper House. Successivamente, la nomina passa al comitato del Senato competente, che conduce ulteriori indagini e organizza audizioni pubbliche per esaminare le qualifiche e i piani del candidato. Già nella prima amministrazione Trump alcuni di questi passaggi (che, va chiarito, sono solo di natura consultiva) sono stati aggirati, e ci sono voci relative al fatto che il tycoon voglia togliere all’FBI il ruolo in questo processo, esternalizzandolo.
C’è ancora un altro aspetto da sottolineare. Nel dibattito costituzionale del 1787, emerse la preoccupazione che la necessità di conferma del Senato rendesse necessario un suo continuo funzionamento, cosa impraticabile all'epoca. Per risolvere il problema, venne inserita una clausola che permette al presidente di nominare funzionari durante le pause (recess) del Senato, con la validità della nomina limitata alla fine della successiva sessione del Senato.
Questa clausola, tuttavia, è stata spesso usata dai presidenti per scopi politici, consentendo di nominare persone che il Senato probabilmente non avrebbe approvato. Ciò ha causato incertezze e conflitti politici, creando problemi nell’amministrazione. Nel 2014, la Corte Suprema ha stabilito che il presidente può fare nomine durante un recess solo se questo dura almeno 10 giorni. Di conseguenza, il Senato ha iniziato a tenere sessioni pro forma, tecnicamente aperte ma senza attività, per impedire tali nomine. L’ipotesi dell’utilizzo di queste recess appointment è stata particolarmente discussa nelle ultime settimane, visto che Trump potrebbe usarla per alcune figure più controverse.
Quali sono, dunque, le nomine principali di Trump?
Susie Wiles - Capo dello staff della Casa Bianca
Susie Wiles, alleata fidata di Donald Trump dal 2021, è stata nominata capo dello staff della Casa Bianca. Nota per la sua capacità di gestire il caotico stile amministrativo del presidente, ha ricoperto ruoli chiave nelle sue campagne elettorali e legali, ampliando la base elettorale di Trump. Wiles mantiene relazioni sia con il movimento MAGA sia con l'establishment repubblicano, distinguendosi dai suoi predecessori per i legami profondi con la cerchia ristretta del presidente.
Marco Rubio - Segretario di Stato
La scelta per il ruolo di Segretario di Stato è ricaduta su Marco Rubio, senatore della Florida ed ex rivale di Trump, ora suo fedele sostenitore. Rubio è noto per la sua posizione intransigente contro Cina, Iran e Venezuela, condividendo la visione politica del presidente. Trump lo ha definito “un forte sostenitore della nostra nazione e un vero amico degli alleati”. Tra le sue priorità ci saranno la gestione della guerra in Ucraina e la promozione della dottrina “pace attraverso la forza”.
Pam Bondi - Attorney General
Dopo il ritiro di Matt Gaetz, Trump ha nominato Pam Bondi come Attorney General. Prima donna a ricoprire il ruolo di Procuratore Generale in Florida (2011-2019), Bondi ha una carriera ventennale come procuratrice, durante la quale si è distinta per il pugno duro contro la criminalità violenta. Già collaboratrice di Trump durante il primo impeachment, ha recentemente guidato il settore legale dell'America First Policy Institute.
Scott Bessent - Segretario del Tesoro
Scott Bessent è stato scelto per guidare il Dipartimento del Tesoro. Convinto sostenitore dell’agenda “America First”, Bessent ha promosso la deregolamentazione e la riforma fiscale, con l’obiettivo di stimolare i prestiti bancari e la produzione energetica. A differenza di molti operatori di Wall Street, ha anche difeso l’uso dei dazi, uno degli strumenti preferiti di Trump in ambito economico.
Lee Zeldin - Amministratore dell’EPA
Trump ha nominato Lee Zeldin come nuovo amministratore dell'Agenzia per la Protezione Ambientale (EPA). La scelta riflette l’intenzione di smantellare molte normative ambientali dell’amministrazione Biden, inclusi gli incentivi per le auto elettriche, in linea con la politica energetica del presidente.
John Ratcliffe - Direttore della CIA
A capo della CIA, Trump intende nominare John Ratcliffe, che aveva già ricoperto il ruolo di Direttore dell’Intelligence Nazionale (DNI) durante la sua prima amministrazione. Ratcliffe ha dimostrato particolare attenzione alle minacce della Cina e ha declassificato documenti sulle interferenze russe nelle elezioni del 2016.
Mike Waltz - Consigliere per la Sicurezza Nazionale
Donald Trump ha scelto il deputato Mike Waltz come consigliere per la sicurezza nazionale. Con una lunga esperienza alla Casa Bianca e al Pentagono, Waltz ha ricoperto il ruolo di direttore della politica di difesa per Donald Rumsfeld e Robert Gates. Sul conflitto in Ucraina, Waltz propone un approccio strategico, riconsiderando il sostegno americano e suggerendo l'uso degli armamenti come leva negoziale.
Doug Burgum - Segretario degli Interni
Doug Burgum, ex amministratore delegato e governatore del Nord Dakota, guiderà il Dipartimento degli Interni. Con un patrimonio costruito nel settore tecnologico e immobiliare, Burgum ha legami solidi con l’industria dei combustibili fossili, in particolare con Harold Hamm, uno dei maggiori sostenitori finanziari di Trump.
Lori Chavez-DeRemer - Segretaria al Lavoro
Lori Chavez-DeRemer è stata nominata Segretaria al Lavoro. Nota per il suo appoggio ai sindacati, Chavez-DeRemer rappresenta una scelta significativa per equilibrare alcune delle posizioni tradizionalmente più rigide del Partito Repubblicano in materia di lavoro.
Le nomine più discusse
Oltre alla già citata nomina di Matt Gaetz, successivamente ritirata, ci sono almeno altre tre scelte particolarmente controverse tra le proposte del presidente Trump. Saranno le prossime settimane, e forse le audizioni in programma dopo l'insediamento del nuovo Congresso, a determinare chi di loro riuscirà a ottenere la conferma e chi sarà costretto a fare un passo indietro.
Una delle nomine più delicate è quella di Pete Hegseth, conduttore di Fox News e veterano dell’esercito, scelto come Segretario alla Difesa. Durante la sua carriera mediatica, Hegseth si è fatto notare per le sue posizioni controverse su temi militari, tra cui l’opposizione all’impiego delle donne in ruoli di combattimento. Nel suo recente libro The War on Warriors, ha criticato la NATO e invocato la rimozione dei leader militari definiti "woke". La sua inesperienza nel gestire situazioni di sicurezza internazionale e alcune accuse legali del passato sollevano ulteriori dubbi, soprattutto tra i funzionari del Pentagono.
Altro nome controverso è quello di Tulsi Gabbard, ex deputata democratica e candidata alle primarie presidenziali del 2020, proposta per guidare la National Intelligence. In questo ruolo, Gabbard avrebbe la supervisione di 18 agenzie di spionaggio americane. Le sue posizioni concilianti nei confronti della Russia e le critiche a interventi militari americani hanno generato forte opposizione in molti senatori, rendendo il suo percorso verso la conferma tutt’altro che semplice.
Anche la nomina di Robert Kennedy Jr., noto critico delle politiche vaccinali e promotore di teorie controverse sulla salute pubblica, ha scatenato reazioni immediate e accese. Durante la sua recente campagna presidenziale come Indipendente, Kennedy ha sostenuto l’uso di latte crudo e ivermectina quali trattamenti sanitari alternativi e ha promesso di riesaminare la sicurezza dei vaccini e di eliminare il fluoro dall’acqua potabile. La comunità scientifica e numerosi esperti di sanità pubblica lo considerano un "pericolo per la salute della nazione". Il deputato democratico Robert Garcia ha definito la sua nomina "folle", sostenendo che Kennedy potrebbe distruggere le infrastrutture sanitarie del paese.
La possibilità che queste nomine vengano bocciate dal Senato dipenderà in larga misura dal rapporto che i senatori sceglieranno di instaurare con la nuova amministrazione. Se la candidatura di Matt Gaetz era troppo divisiva per trovare sostegno anche all'interno del GOP, le altre figure potrebbero incontrare resistenze meno compatte. Donald Trump sembra determinato a utilizzare queste nomine per consolidare la sua influenza sul Congresso, un obiettivo ambizioso ma difficile da raggiungere.
Molti senatori repubblicani potrebbero preferire evitare scontri aperti con la Casa Bianca per non rischiare di attirare sfidanti nelle primarie del partito. Tuttavia, c’è un gruppo di membri del GOP al Senato che potrebbe rappresentare un ostacolo. Tra questi spiccano le moderate Susan Collins e Lisa Murkowski, l'ex leader Mitch McConnell e figure come Bill Cassidy e Todd Young. Pur senza sfidare apertamente Trump, questi ultimi potrebbero agire dietro le quinte per salvaguardare le prerogative istituzionali del Senato (difesi a spada tratta anche dal futuro leader Thune, che sta cercando di mantenersi in equilibrio fra la fedeltà a Trump e la salvaguardia delle prerogative che spettano al Congresso), complicando i piani del presidente.
Cos’è cambiato dal 2016?
Otto anni fa, quando Donald Trump si preparava a iniziare il suo primo mandato da presidente, era considerato un corpo estraneo rispetto alla politica e aveva ben poca esperienza nel gestire le faccende di governo. I suoi primi mesi sono ricordati per il grande caos che regnava alla Casa Bianca, per i provvedimenti presentati e poi ritirati in quanto formalmente sbagliati, per la presenza di tante figure che cercavano di influenzare il nuovo presidente. Oggi la situazione, da questo punto di vista, è diversa: la vicenda Matt Gaetz forse dimostra come una certa confusione sia probabilmente rimasta, visto che non sempre il tycoon sembra muoversi secondo un piano chiaro, ma sicuramente c’è un po’ più di ordine e maggiore esperienza.
Molto è cambiato già nel processo di scelta. Come sottolinea POLITICO, nel 2016 le nomine seguirono un processo tradizionale: Trump aveva un ufficio a Washington e teneva spesso conferenze con i media, mentre quest’anno tutto sta avvenendo a porte chiuse. Il processo è centralizzato intorno alla figura del tycoon e alla sua cerchia ristretta, mentre le comunicazioni avvengono quasi esclusivamente attraverso i social. Otto anni fa, inoltre, le nomine provenivano quasi esclusivamente dall’establishment del GOP, mentre questa volta si sta orientando soprattutto sulle figure a lui maggiormente fedeli, anche a costo di scegliere personalità controverse.