L'incontro fra Biden e Xi Jinping e le reazioni americane
Nel nostro approfondimento settimanale parliamo del vertice tenuto in California fra il presidente americano Biden e il leader cinese Xi Jinping
L’incontro fra Biden e Xi Jinping
Nella giornata di giovedì, durante il vertice annuale dei paesi dell'Asia-Pacific Economic Cooperation, si è tenuto un importante faccia a faccia tra il presidente americano Joe Biden e il leader cinese Xi Jinping. I due non si incontravano da poco più di un anno (per la precisione dall’11 novembre 2022), e in questo periodo i rapporti fra le due superpotenze erano stati tutt’altro che rosei.
Al centro delle discussioni c’erano diversi argomenti: dalla delicata questione relativa all'indipendenza di Taiwan fino alla necessità di stemperare i rapporti fra i due paesi, passando per degli accordi relativi all'esportazione di fentanyl, un oppiaceo che ogni anno provoca un numero enorme di morti negli Stati Uniti e del quale la Cina è fra i maggiori produttori. Al termine del vertice non è stata organizzata una conferenza stampa o rilasciata una dichiarazione congiunta, ma secondo il presidente americano Joe Biden l'incontro con il presidente cinese Xi Jinping ha segnato "un vero progresso" nelle relazioni tra i due paesi. L'inquilino della Casa Bianca ha spiegato come le ore di vertice siano state tra "le più costruttive e produttive" avute finora con la sua controparte cinese.
Come hanno notato diversi giornali, l'ottimismo americano contrasta con i comunicati stampa cinesi. Gli americani hanno ottenuto ciò che desideravano su due temi che consideravano prioritari: la riapertura dei canali di comunicazione tra gli eserciti dei due paesi, congelati dopo la visita di Nancy Pelosi (allora presidente della Camera dei Rappresentanti) a Taiwan nel 2022, e il già citato impegno di Pechino nella lotta contro le esportazioni illegali di fentanyl.
Ma la Cina non mostra lo stesso grado di ottimismo. Riguardo a quest'ultimo aspetto il comunicato stampa del paese asiatico indica semplicemente un accordo tra i due presidenti per "la creazione di un gruppo di lavoro sulla cooperazione contro il narcotraffico". Da questo punto di vista va ricordato come l'amministrazione Trump avesse sanzionato i laboratori e i cinesi coinvolti nel commercio di prodotti utilizzati nella composizione del fentanyl, con la Cina che si era rifiutata di cooperare con gli Stati Uniti a causa di queste sanzioni.
Resta irrisolta anche la questione che causa maggiori tensioni fra i due paesi, ovvero quella relativa all'indipendenza di Taiwan. Per la Cina, come ricorda il comunicato di Pechino, questa "resta la più importante e la più delicata nelle relazioni sino-americane". Il testo adotta addirittura un tono marziale: "La Cina realizzerà la riunificazione. Niente fermerà questo". Secondo il comunicato stampa, durante il precedente incontro tra Joe Biden e Xi Jinping a Bali nel 2022, gli Stati Uniti si erano impegnati a "non sostenere l'indipendenza di Taiwan, a smettere di armare l'isola e a sostenere la riunificazione pacifica della Cina".
I taiwanesi saranno chiamati alle urne il 13 gennaio 2024 per rinnovare sia il presidente che il Parlamento, con Joe Biden ha messo in guardia la Cina da qualsiasi interferenza nella campagna elettorale. "Per due grandi paesi come la Cina e gli Stati Uniti, voltarsi le spalle a vicenda non è un'opzione", ha dichiarato in ogni caso Xi Jinping. "Il pianeta Terra è abbastanza grande perché entrambi i paesi possano avere successo, la Cina non ha alcun piano per superare o detronizzare gli Stati Uniti. Allo stesso modo, gli Stati Uniti non dovrebbero cercare di contenere la Cina".
Oltre a queste questioni, Joe Biden e Xi Jinping si sono impegnati ad aumentare la frequenza dei collegamenti aerei tra i due paesi. Infine, i due paesi discuteranno sull'intelligenza artificiale. Né il Medio Oriente né l'Ucraina sembrano essere stati invece menzionati durante il colloquio.
È stata invece causa di tensioni la risposta che Biden ha dato ad una domanda, in cui gli è stato chiesto se considerasse Xi un dittatore, a cui ha affermato: "Lo è. È come colui che governa un paese il cui sistema è totalmente diverso dal nostro". La reazione stupita del Segretario di Stato Anthony Blinken è diventata subito virale, mentre la Cina è apparsa alquanto irritata.
Le reazioni americane all’incontro
“Chiunque osservi la situazione con obiettività deve convenire con il fatto che il Presidente Biden stia mostrando debolezza sulla scena mondiale". A pronunciare queste parole è stato lo Speaker della Camera dei Rappresentanti Mike Johnson, che nel corso di un’intervista rilasciata al programma Cats and Cosby condotto John Catsimatidis ha criticato l’atteggiamento mostrato dalla Casa Bianca nel corso del vertice con Xi Jinping.
"Io sono della scuola di Reagan”, ha detto ancora lo Speaker. “Lui ha sempre detto che la pace si mantiene con la forza. Aveva esattamente ragione. Se gli Stati Uniti proiettano debolezza, invitano all'aggressione. Ed è per questo che Cina, Iran, Russia e tutti i nostri avversari nel mondo sono molto provocatori". Accuse nei confronti di Biden sono arrivati anche dal candidato Repubblicano alle prossime elezioni Ron De Santis, secondo cui l’incontro con il presidente Xi è stato un modo per “rafforzare l’avversario”.
Anche Nikki Haley, che pian piano sta emergendo come la più credibile sfidante di Donald Trump nelle primarie del Partito Repubblicano, ha definito “imbarazzante” l’incontro tenuto in California. Ma, al netto delle reazioni politiche, cosa dicono i giornali americani di questo faccia a faccia? Il New York Times ha sottolineato come questo vertice sia avvenuto in un momento particolare dal punto di vista storico: per la prima volta, viene infatti evidenziato, il presidente Xi aveva bisogno dell’aiuto americano su diversi aspetti, a partire dalla necessità di far riprendere gli investimenti statunitensi nel suo paese, dopo che il blocco all’esportazione di alcune tecnologie informatiche ha rallentato lo sviluppo in settori cruciali come quelli dei semiconduttori e dell’intelligenza artificiale.
Questa situazione, secondo il giornale, spiega come mai l’amministrazione sia stata in grado di raggiungere quantomeno obiettivi negoziali minimi, ma gli stessi consiglieri del presidente hanno sottolineato come vi sia il rischio che anche questi piccoli risultati non siano duraturi. Secondo la CNN, inoltre, era proprio in virtù del fatto che le aspettative iniziali fossero basse che ha permesso di vedere in maniera positiva quelli che sono stati i passi avanti: fra questi, evidenzia il network, vi è la ripresa delle comunicazioni militari. Uno dei grandi timori statunitensi, infatti, era che la mancanza di canali ufficiali potesse condurre a crisi inaspettate, soprattutto nelle zone del Pacifico dove spesso si fronteggiano unità navali dei due paesi.
Le altre notizie della settimana:
Gli Stati Uniti hanno nuovamente evitato uno shutdown, che sarebbe scattato il 17 novembre. Il Congresso ha infatti approvato la Continuing Resolution proposta dallo Speaker Repubblicano della Camera Mike Johnson: con questa misura i livelli attuali di spesa saranno mantenuti fino alle due deadline (differenti per diverse leggi di bilancio) del 19 gennaio e 2 febbraio.
Per fare passare questa misura alla Camera lo Speaker ha dovuto ricorrere ai voti dei Democratici, ma al tempo stesso ha iniziato ad incrinare i rapporti con l'ala destra del suo stesso partito (che ha contribuito attivamente alla sua elezione), che ha già minacciato ritorsioni.
Il senatore Tim Scott ha annunciato la sospensione della sua campagna presidenziale durante un'intervista televisiva su Fox News con Trey Gowdy. Scott ha dichiarato: "Quando tornerò in Iowa, non sarà come candidato presidenziale". Questa decisione ha lasciato Gowdy visibilmente sorpreso, così come il suo staff che non era a conoscenza della scelta.
Come spiega POLITICO, il ritiro di Tim Scott (la cui campagna elettorale non stava andando bene, con il candidato che probabilmente non avrebbe raggiunto i requisiti per partecipare al prossimo dibattito) è una delusione per l'establishment del Partito Repubblicano, che sperava come la sua abilità nella raccolta fondi e il suo tono più moderato potessero posizionarlo come un'alternativa credibile all'ex presidente Donald Trump.
La posizione del deputato George Santos si fa sempre più difficile: la Commissione Etica della Camera ha sottolineato come ci siano forti prove del fatto che il politico abbia commesso serie violazioni della legge, fra cui l'aver usato fondi provenienti dalle donazioni alla sua campagna elettorale per scopi privati.
Questo report potrebbe portare ad un nuovo voto per l'espulsione del deputato (che nel corso degli ultimi due anni ha pubblicamente mentito su vari aspetti, a partire dal suo curriculum, ed è indagato per 35 capi d'accusa) dalla Camera. Questa volta potrebbero esserci i numeri necessari affinché l'esito sia positivo. Santos, in ogni caso, ha già annunciato che non si ricandiderà.
Sei deputate progressiste del Partito Democratico, ovvero Cori Bush (D-Mo.), Summer Lee (D-Pa.), Alexandra Ocasio-Cortez (D-N.Y.), Delia Ramirez (D-Ill.) e Rashida Tlaib (D-Mich.), hanno presentato una proposta di legge per bloccare la vendita di armi verso Israele.
Si tratta di una mossa che difficilmente avrà conseguenze concrete, ma che mostra tutte le difficoltà che Biden dovrà fronteggiare per tenere unito il suo partito sulla questione. Diversi sondaggi, infatti, dimostrano come l'appoggio nelle file Democratiche per Israele in questa particolare situazione è decisamente in calo.
Joe Biden ha pubblicato un editoriale sul The Washington Post, in cui ha sottolineato la necessità di non arretrare di fronte alle minacce globali rappresentate da Putin o Hamas.
“Sia Putin che Hamas stanno combattendo per cancellare dalla carta geografica una democrazia vicina. E sia Putin che Hamas sperano di far crollare la stabilità e l'integrazione regionale più ampia e di approfittare del disordine che ne deriverebbe. L'America non può e non vuole permettere che ciò accada. Per gli interessi della nostra sicurezza nazionale e per il bene del mondo intero”, ha dichiarato il presidente. Leggi qui la traduzione integrale dell’editoriale.