Perché si parla di nuovo di Green New Deal?
Il Green New Deal, Waghington DC come 51° Stato e l'omaggio a Walter Mondale.
Green New Deal: cos’è e perché se ne parla?
In occasione della Giornata Mondiale per il Clima, si è tenuta una videoconferenza fra i grandi del pianeta che ha fatto tornare al centro del dibattito il tema ambientale. Joe Biden, che ha riportato gli Stati Uniti negli accordi di Parigi dopo la fuoriuscita operata da Trump, è intervenuto promettendo un drastico taglio alle emissioni, che nei suoi progetti dovrebbero essere dimezzate entro il 2030.
Una discussione che ha fatto tornare al centro della scena l’ambizioso piano del Green New Deal, divenuto cavallo di battaglia del Partito Democratico e pilastro della transizione ecologica. Il nome richiama il “nuovo corso” lanciato da Franklin Delano Roosevelt dopo la drammatica crisi economica del 1929, e servirebbe per accelerare in maniera brusca e rapida il progetto di transizione ecologica.
Ma nel dettaglio, in che cosa consiste il Green New Deal? Per parlarne bisogna tornare indietro di qualche anno: nella campagna elettorale per le midterm del 2018 il tema ambientale fu al centro della scena, e l’ingresso al congresso di diversi candidati progressisti ha permesso una spinta in tale direzione.
In particolare, il senatore Ed Markey (D-Mass.) e la rappresentante Alexandria Ocasio-Cortez (D-N.Y.) hanno presentato una risoluzione di quattordici pagine, nota appunto come Green New Deal. Anzitutto va subito chiarito che non si tratta di un progetto di legge o di un piano strutturato, ma soltanto un primo passo per affrontare in maniera seria il tema del cambiamento climatico.
L’ambizioso progetto dei vari think-tank che stanno alla base del progetto è quello di portare ad un completo ripensamento dei modi e delle abitudini di vita per renderle adatte ad uno stile più sostenibile. Questo partendo dall’assunto che il processo di riscaldamento globale è ormai irreversibile, e per frenare le conseguenze più disastrose è necessaria una terapia d’urto e radicale.
L’idea di base, dunque, è che sia ormai troppo tardi per azioni lente e progressive: bisogna agire con urgenza, anche in maniera drammatica.
Il piano si divide sostanzialmente in due parti. La prima fissa gli obiettivi, che riguardano una rapida transizione verso le fonti rinnovabili, l’azzeramento delle emissioni, la crescita degli investimenti dei veicoli elettrici ed altre misure volte a ridurre l’impatto del cambiamento climatico. Il tutto da raggiungere entro il 2050, ma già nei primi dieci anni si punta ad una grossa attività volta a ridurre le emissioni di carbonio.
Un piano del genere andrebbe a colpire duramente l’economia americana, perché punta di fatto ad azzerare settori come quello petrolifero, del gas naturale e minerario. Ragion per cui la seconda parte è dedicata alle misure di sostegno pensate per quegli americani costretti a perdere il lavoro durante il periodo di transizione verso l’economia verde.
Il nucleo essenziale di questa seconda parte riguarda una serie di promesse, volte a garantire che nessuno possa soffrire per questo. Questo andrebbe attuato con politiche di sostegno, ma soprattutto con un massiccio impiego nei settori interessati alla transizione economica.
Il progetto è stato fortemente avversato dai repubblicani, che più volte ne hanno criticato i costi e le conseguenze devastanti che avrebbe sui lavoratori, proponendo invece piani più moderati e dilazionati nel tempo.
Washington DC nuovo stato? Improbabile
Con 216 sì e 208 no la Camera dei Rappresentanti ha approvato l’istituzione di Washington DC come nuovo stato. La proposta, del quale si parla da tempo, è volta a superare una situazione curiosa e per certi aspetti paradossale: 700.000 abitanti della capitale, infatti, tutt’ora non possono eleggere rappresentanti alla Camera dei Rappresentanti ed al Senato.
Lo slogan è il celebre “no taxation without representation”, usato nel Settecento durante le proteste contro la Gran Bretagna che avviarono gli eventi che poi portarono all’Indipendenza. Le possibilità che questa misura passi al Senato, però, sono vicine allo zero.
Il nome del nuovo stato sarebbe “Washigton, Douglas Commonwealth”, che manterrebbe il termine DC ma lo dedicherebbe a Frederick Douglas, schiavo divenuto poi celebre abolizionista.
Sebbene dal punto di vista ideale il principio sia chiaro e riguardi i temi della rappresentanza e del diritto al voto di numerosi cittadini, c’è una questione di equilibri politici che rende improbabile la sua approvazione.
Washington DC, infatti, è un’enclave democratica e garantirebbe senza dubbio due senatori in più al ‘partito dell’asinello. Ragion per cui appare quasi impossibile trovare dieci repubblicani che possano rompere il filibuster ed approvare la misura.
Omaggio a Mondale, figura chiave nella politica americana del Novecento
Martedì 20 aprile è scomparso, all'età di 93 anni, Walter Mondale. Vicepresidente degli Stati Uniti, senatore per il Minnesota, Mondale è stato uno dei politici più importanti della storia del Partito Democratico statunitense.
Mondale ha ricoperto la carica di Vicepresidente per un mandato durante l'amministrazione di Jimmy Carter, dal 1977 al 1981. Prima di venire scelto come "running mate" dall'ex governatore della Georgia, Mondale è stato procuratore generale del suo Stato (il Minnesota) dal 1960 al 1964, senatore dal 1964 al 1976 e ambasciatore in Giappone nell'era Clinton dal 1993 al 1996.
Una vita dedicata alla politica e al suo partito. Disposto sempre a sacrificarsi per i suoi ideali, Mondale è stato il primo candidato presidente in coppia con una donna nel ticket presidenziale di uno dei due maggiori partiti statunitensi. Nel 1984, infatti, "Fritz", come veniva chiamato da chi lo conosceva, scelse la deputata italo-americana Geraldine Ferraro come sua vice.
Le elezioni furono però letteralmente un disastro: vinse solo il suo stato d'origine e il Distretto di Columbia, ottenendo solamente 13 grandi elettori.
"Ho fatto del mio meglio", disse Mondale il giorno dopo le elezioni, incolpando solo se stesso. "Penso che sappiate che non mi sono mai veramente appassionato alla televisione. In tutta onestà la televisione non mi è mai piaciuta molto".
In qualità di vice, Mondale ha rivoluzionato la carica di vicepresidente, grazie all'iniziativa di Carter, il quale lo rispettava moltissimo. "Lo ritengo il miglior Vicepresidente nella storia di questo Paese" ha dichiarato il 96enne dalla sua tenuta di Plains in Georgia.
"Se ci fosse una parola per riassumere la sua parabola politica sarebbe 'secondo'." scrive il giornalista italiano Matteo Muzio nel suo personale omaggio a Mondale. "Ma ciò nonostante, il suo esempio non va dimenticato: riuscì a tenere il punto in un periodo dove si pensava che il mercato avrebbe risolto tutto e che la working class bianca sarebbe stata superata dalla Storia. E lo dicevano proprio quei repubblicani che ipocritamente si sarebbero atteggiati a loro volta come campioni contro la globalizzazioni".
Le altre notizie della settimana
Prosegue il dibattito intorno al piano infrastrutturale proposto da Joe Biden e giudicato troppo costoso dal Partito Repubblicano, che ha offerto una controproposta molto meno onerosa.
Questo piano sarebbe di 568 miliardi di dollari, cifra molto inferiore ai 2,5 mila miliardi previsti dal piano della Casa Bianca. Restano inoltre esclusi alcuni elementi centrali per Biden, come gli investimenti verdi: si tratta in ogni caso di un punto di partenza per dei negoziati che appaiono comunque parecchio difficili.
Joe Biden è pronto ad insistere sul suo piano di aumento della tassazione nei confronti delle persone più ricche della società. L’aliquota marginale sul reddito dovrebbe essere portata al 39,6% e quella sul capital gain al 43,4.
Una proposta centrale nel programma del Partito Democratico, che punta a reinvestire i soldi in infrastrutture, transizione verde ed aiuti alle famiglie, oltre a limitare il processo di crescita delle disuguaglianze che vede i ricchi accumulare sempre di più ed accrescere le distanze con le fasce più povere della società.
Il Senato ha approvato la nomina di Vanita Gupta come Associate Attorney General. Di origini indiane, la scelta è stata fortemente osteggiata dai repubblicani, anche a causa delle battaglie per i diritti civili condotte dalla donna durante la presidenza Trump. L’unica senatrice del GOP ad aver votato a favore è stata Lisa Murkovski.
Il primo viaggio all'estero di Joe Biden sarà in Europa. Il presidente americano parteciperà infatti al vertice del G-7 in Cornovaglia in Inghilterra dall'11 al 13 giugno e poi il vertice NATO del 14 giugno a Bruxelles. Mentre a Bruxelles, Biden parteciperà anche a un vertice USA-UE.
Il moderato Troy Carter ha vinto un ballottaggio per la Camera dei Rappresentanti in Louisiana. La sfida era tutta interna ai democratici, visto che la sconfitta è Karen Carter Peterson, sostenuta dall’ala progressista del partito. Un aiuto a Carter è arrivato con ogni probabilità dai repubblicani, che hanno votato in massa per lui
Nel 106esimo anniversario dell’inizio del massacro compiuto dall’impero ottomano contro gli armeni, Joe Biden ha riconosciuto ufficialmente l’evento come “genocidio”. Il presidente ha chiarito, però, che non si tratta di una mossa contro la Turchia.
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