Scontro aperto fra Trump e Zelensky
Nel nostro approfondimento settimanale parliamo dello scontro fra Trump e Zelensky sulla pace in Ucraina
È difficile, in questo periodo, commentare le vicende della politica americana senza partire dalle questioni internazionali e, nello specifico, dalla postura che la Casa Bianca sta avendo nei confronti del conflitto in Ucraina. Le prese di posizione di Donald Trump, i continui attacchi nei confronti di Zelensky, rischiano infatti di essere un fattore geopolitico importante che potrebbe ridisegnare gli equilibri mondiali da qui ai prossimi anni.
Nell'affrontare la questione, però, è bene partire da un recap di quello che è successo nel corso degli ultimi giorni. La situazione è esplosa a inizio settimana, quando tramite i propri profili Truth Donald Trump è andato apertamente all'attacco del presidente ucraino, scrivendo: “Pensateci, un comico di modesto successo, Volodymyr Zelensky, ha convinto gli Stati Uniti d'America a spendere 350 miliardi di dollari, per entrare in una guerra che non poteva essere vinta, che non avrebbe mai dovuto iniziare, ma una guerra che lui, senza gli Stati Uniti e TRUMP, non sarà mai in grado di risolvere”. Ma ciò che è stato ancor più rilevante, in questo contesto, è che gli attacchi del presidente americano si sono rivolti anche verso gli europei.
Secondo quanto dichiarato da Trump, gli Stati Uniti hanno versato 200 miliardi di dollari in più rispetto all'Europa per sostenere lo sforzo bellico ucraino. Una disparità che il presidente definisce inaccettabile, sottolineando come i contributi dei Paesi europei siano garantiti mentre gli USA non riceveranno alcun rimborso. Il presidente americano ha criticato quindi apertamente la precedente Amministrazione Biden per non aver richiesto un'equa ripartizione degli oneri, considerato che il conflitto riguarda più direttamente gli interessi europei, e facendo notare che esiste un “bellissimo Oceano” che separa gli Stati Uniti dal Vecchio Continente.
Si tratta di un cambio di paradigma notevole rispetto al recente passato, che riflette con ogni probabilità la sempre minore centralità dell’Europa nello scacchiere globale. Come sottolinea una analisi dell’European Council for Foreign Relations, l'influenza nelle negoziazioni non deriva solo dal possesso di risorse (come fondi per la ricostruzione, garanzie di sicurezza o sanzioni), ma dalla capacità di usarle strategicamente per influenzare le decisioni. L'Europa, frammentata e dipendente dagli Stati Uniti per la sicurezza e l'energia, non ha dimostrato di poter esercitare questa leva. Di conseguenza, è considerata un attore marginale, destinato ad accettare e supportare qualsiasi decisione presa da Stati Uniti e Russia.
Non ci soffermeremo, qui, sull'analisi di come questo cambio di atteggiamento da parte di Trump abbia modificato gli assetti politici europei (ne abbiamo parlato in un nostro articolo). Ciò che è importante sottolineare, però, è come il clima fra Stati Uniti e Ucraina non si sia rasserenato, nonostante i tentativi di mediazione portati avanti da più fronti. Gran parte dell’ira da parte del presidente americano è legata al mancato accordo per l'utilizzazione da parte americana delle terre rare ucraine, come aiuto in cambio del supporto militare fornito nella guerra.
La vicenda ha avuto inizio la scorsa settimana quando, tre ore prima dell'arrivo a Kyiv del Segretario al Tesoro Scott Bessent, l'ambasciatore americano aveva consegnato a Zelensky una prima bozza di accordo, in realtà un vero e proprio ultimatum. Il documento prevedeva che il 50% dei ricavi derivanti dallo sfruttamento delle terre rare sarebbe stato destinato agli Stati Uniti, con la giurisdizione affidata a un tribunale di New York e clausole che avrebbero prevalso su qualsiasi altro accordo commerciale ucraino. Il rifiuto di Zelensky di firmare immediatamente il documento ha innescato una serie di tensioni diplomatiche.
Il presidente ha anche rincarato la dose, definendo Zelensky un "dittatore" e attribuendo a lui le colpe dell’inizio del conflitto. Inoltre, il fatto che non critichi Putin per aver ridotto l'Ucraina a quello che lo stesso presidente degli Stati Uniti ha descritto come un "cantiere di demolizione" ha minato la fiducia di Kiev nel processo di pace. La risposta di Zelensky, secondo cui Trump sarebbe intrappolato in una "bolla di disinformazione" creata dalla Russia, ha ulteriormente alimentato il conflitto.
Nei giorni successivi, durante un incontro a Monaco con il vicepresidente Vance e il Segretario di Stato Marco Rubio, è stata presentata a Zelensky una versione meno vincolante sotto forma di memorandum d'intesa. Anche questa proposta è stata però respinta dal presidente ucraino, che ha citato vincoli costituzionali richiedenti l'approvazione parlamentare per accordi di tale natura. Sebbene ulteriori tentativi di mediazione siano in corso, è evidente come questa vicenda abbia rappresentato un ostacolo notevole alle relazioni fra i due paesi. Lo stesso Trump, del resto, è arrivato addirittura a chiedere nuove elezioni, paventando la minaccia di voler sostituire Zelensky.
In risposta al rifiuto ucraino, i negoziatori statunitensi hanno sollevato la possibilità di interrompere l'accesso al sistema Starlink di SpaceX (azienda di Elon Musk), che fornisce connessione ad internet ed è cruciale per le comunicazioni militari e civili dell'Ucraina. L'eventuale interruzione del servizio Starlink avrebbe conseguenze significative sulla capacità bellica ucraina, in particolare sul programma di droni che rappresenta un pilastro fondamentale della strategia militare di Kyiv.
Cosa succederà ora?
Prevedere come andrà a finire questa vicenda è sicuramente difficile. Senza dubbio, nella giornata di venerdì Trump ha rincarato la dose, sostenendo in radio: “"Non ha alcuna carta in mano. E alla fine ti stanchi di lui. Quindi, sinceramente, non credo che sia molto importante che partecipi alle riunioni. Rende davvero difficile concludere accordi”. D'altro canto, però, anche nello stesso campo Repubblicano altri esponenti hanno provato a mettere una pezza. L'inviato speciale di Trump per Russia e Ucraina, ovvero Keith Kellogg, ha avuto un incontro molto positivo con Zelensky, definito un “leader forte e coraggioso”, mentre diversi esponenti del partito hanno sottolineato i pericoli di ripetere messaggi simili a quelli della propaganda russa.
Il senatore Thom Tillis, ad esempio, ha affermato: "Chiunque creda che ci sia spazio per Vladimir Putin nel futuro di un mondo stabile farebbe meglio ad andare in Ucraina, a recarsi in Europa; dovrebbe investire il tempo per capire che quest'uomo è un cancro e la più grande minaccia alla democrazia della mia vita”. Critiche a Trump per il suo mostrarsi vicino alla Russia sono arrivate anche sulla stampa. Joseph Bosco, ad esempio, ha intitolato così il suo editoriale su The Hill: “Trump finalmente mostra le sue carte: si schiera con la Russia”. Si tratta di un timore condiviso da più parti, quello legato a un tentativo di riavvicinamento con Putin che però rischia di avvantaggiare molto di più quest'ultimo rispetto agli Stati Uniti, all’Europa o all’Ucraina.
Non è un caso, del resto, che con l'arrivo di Donald Trump le carte in tavola del negoziato siano cambiate, e che ci sia la concreta possibilità che Putin possa ottenere diversi aspetti favorevoli (fra cui il ritiro di parte delle truppe americane in Europa e parti di territorio ucraino) senza grosse concessioni. Come sottolinea il The Washington Post, del resto, la visione della politica estera della Casa Bianca assomiglia molto, per certi versi, a quella putiniana, con un ordine globale in cui poche grandi potenze dividono il mondo in sfere di influenza, costringendo le nazioni meno potenti ad accettare concessioni economiche e territoriali sfavorevoli. “C'è quasi una sorta di affinità naturale”, ha detto Mark Galeotti, esperto di Russia presso il Royal United Services Institute di Londra. “E penso che ciò che Trump sta offrendo sia proprio una revisione approfondita e completa delle relazioni tra Russia e Stati Uniti”.
È evidente, in ogni caso, che fare previsioni ora sia azzardato. Trump e Musk, ad esempio, giustificano questo atteggiamento più arrendevole sottolineando come le condizioni sul campo siano diverse da tre anni fa e la Russia abbia diversi vantaggi strategici, ma le pressioni del Congresso potrebbero cambiare alcune delle carte in tavola.
Le altre notizie della settimana
Negli Stati Uniti tiene banco il caro-uova, diventato un tema politico centrale. I Repubblicani, con JD Vance in prima linea, accusano l’Amministrazione Biden di aver peggiorato la situazione, mentre Trump aveva promesso di risolverla sin dal primo giorno in carica. Oggi una dozzina di uova costa 4,95$, complice un’epidemia di aviaria che ha ridotto drasticamente la produzione. La Casa Bianca è sotto pressione per trovare soluzioni: controlli sui prezzi sono improbabili, mentre investire nella lotta al virus richiederebbe tempo. Il Presidente dovrà agire, perché il costo della vita è stato un tema chiave della sua rielezione.
Il Senato ha confermato Kash Patel come nuovo Direttore dell’FBI con un voto di 51 a 49, segnando un altro passo nella composizione del gabinetto di Donald Trump. La nomina è passata senza alcun supporto Democratico e con l’opposizione delle Repubblicane Susan Collins e Lisa Murkowski, preoccupate per l’indipendenza dell’agenzia investigativa.
Patel, noto per la sua vicinanza a Trump, ha promesso di eliminare sprechi e di riportare il Bureau a un’imparzialità politica, denunciando presunti abusi ai danni dei Repubblicani negli ultimi anni. La sua nomina è parte della più ampia strategia dell’ex presidente per riformare l’FBI, un’agenzia con cui ha avuto rapporti tesi durante il suo primo mandato.
Mitch McConnell, senatore del Kentucky ed ex leader repubblicano, ha annunciato nel giorno del suo 83° compleanno che non si candiderà per un ottavo mandato. Figura chiave della politica americana, è stato determinante nella conferma di tre giudici alla Corte Suprema durante il primo mandato di Trump, con cui ha però avuto rapporti tesi dopo il 6 gennaio 2021.
Negli ultimi mesi, ha preso le distanze dall’Amministrazione Trump, votando contro diverse nomine chiave. Il suo mandato terminerà nel gennaio 2027, chiudendo una carriera politica durata oltre quattro decenni.
L’Amministrazione Trump ha annunciato nuove restrizioni sulle iniziative di diversità, equità e inclusione (DEI) nelle scuole e università americane. Il Dipartimento dell'Istruzione ha avvertito che le istituzioni che adottano politiche basate su criteri etnici potrebbero perdere i finanziamenti federali. La direttiva vieta qualsiasi trattamento differenziato basato sull’etnia, inclusi metodi indiretti come saggi o attività extracurricolari utilizzati per valutare l’identità razziale degli studenti.
L’interpretazione del governo della legge sull’istruzione potrebbe influenzare non solo le politiche di ammissione, ma anche i contenuti dei corsi e il funzionamento di gruppi studenteschi a base etnica. Secondo la Casa Bianca, i programmi DEI favoriscono alcuni gruppi rispetto ad altri e violano il principio di uguaglianza. La decisione, tra le più significative in ambito educativo della nuova amministrazione, è destinata a suscitare sfide legali e un ampio dibattito politico.
La Casa Bianca ha escluso Associated Press da diversi eventi con Trump, inclusi voli su Air Force One, in seguito al rifiuto dell’agenzia di adottare la denominazione "Golfo d’America" invece di "Golfo del Messico". L’Amministrazione accusa AP di orientamento progressista, citando linee guida su tematiche razziali, transgender e immigrazione. AP respinge le accuse, difendendo la propria imparzialità. La mossa riflette la strategia di Trump di contrastare i media tradizionali, mettendo in discussione la loro credibilità.
Il presidente Donald Trump ha rimosso diversi alti comandanti militare, tra cui il Capo di Stato Maggiore Congiunto Charles Q. Brown Jr., sostituito dal generale in pensione Dan Caine. Anche l'ammiraglio Lisa Franchetti e il generale James Slife sono stati licenziati, insieme ai giudici avvocati generali delle forze armate. La decisione rompe con la tradizione di continuità nei vertici militari tra le amministrazioni. Trump e il Segretario alla Difesa Pete Hegseth avevano criticato l’influenza di un’agenda "woke" nelle forze armate, con Brown spesso nel mirino dell’ala destra.