Tutto quello che c'è da sapere sulla condanna di Donald Trump
Nel nostro approfondimento settimanale parliamo della condanna di Donald Trump e della proposta di Biden per un cessate il fuoco permanente a Gaza
Giovedì sera, l'ex presidente Donald Trump è stato giudicato colpevole di 34 capi di accusa, da una giuria di dodici membri, nel corso del processo a New York riguardante il pagamento di 130 mila dollari fatto alla pornostar Stormy Daniels nel 2016. In sintesi, il tycoon era accusato di aver pagato l’attrice per non parlare di un presunto rapporto fra i due. Tuttavia, il pagamento è stato effettuato dal suo ex avvocato Michael Cohen, che Trump ha poi rimborsato con fondi aziendali, facendo finta di pagare delle parcelle legali.
Il dibattimento è durato 21 giorni, durante i quali i giurati hanno ascoltato le testimonianze di oltre venti persone, tra cui l'ex avvocato Michael Cohen. La giuria doveva decidere se Trump era colpevole di falsificazione di documenti contabili con l'intento di frodare e occultare altri reati, oltre che di cospirazione per influenzare illegalmente le elezioni. I giurati hanno raggiunto l'unanimità richiesta per la condanna in sole dieci ore. Anche il giurato che aveva dichiarato di informarsi solo tramite X (ex Twitter) e Truth, il social network di Trump, ha votato a favore della condanna.
Quale sarà la sentenza?
La sentenza sarà decisa durante l'udienza dell'11 luglio, quattro giorni prima dell'inizio della Convention del Partito Repubblicano in Wisconsin, durante la quale Trump diventerà ufficialmente il candidato alle presidenziali. La decisione sulla pena spetterà al giudice Juan Merchan, che potrebbe decidere di non punire Trump, ritenendo che il processo sia stato sufficiente, o di obbligarlo ai servizi sociali, alla libertà vigilata e persino al carcere. La pena massima prevista è di 4 anni di reclusione, ma questo scenario è considerato molto improbabile. L'ipotesi più plausibile sembra essere quella della libertà vigilata.
Trump può ancora candidarsi?
La condanna e l'eventuale sentenza non impediranno a Trump di candidarsi alla presidenza. Negli Stati Uniti, gli unici requisiti per diventare presidente sono avere più di 35 anni, avere avuto la residenza sul suolo statunitense per un periodo di almeno 14 anni e possedere la cittadinanza sin dalla nascita.
Per quanto possa sembrare assurdo, Trump potrebbe essere eletto e potenzialmente governare dal carcere. Va inoltre considerato che non potrebbe concedersi la grazia da solo, poiché si tratta di una condanna statale e non federale.
Quali sono state le reazioni?
L’ex presidente ha reagito a questa sentenza parlando di una condanna esclusivamente politica. “Stanno vincendo in tribunale perché non possono vincere alle urne. Combatteremo”. Parole alle quali c’è stata la dura risposta da parte di Joe Biden, che ha affermato: “È sconsiderato, pericoloso e irresponsabile per chiunque dire che questo è stato processo truccato solo perché non a qualcuno non piace il verdetto. Il nostro sistema giudiziario dovrebbe essere rispettato e non dovremmo mai permettere a nessuno di distruggerlo”.
Post con cui Trump ha commentato la sentenza
Secondo lo Speaker della Camera dei Rappresentanti Mike Johnson dovrebbe entrare ora in scena la Corte Suprema, la cui maggioranza è saldamente in mano ai Conservatori. Anche la senatrice del GOP Susan Collins, spesso molto critica nei confronti di Donald Trump, si è espressa in maniera contraria a questa decisione, sostenendo come sia venuta meno la chiarezza dei confini fra il sistema politico e quello giudiziario.
Cosa succederà ora?
Siamo in un territorio inesplorato. Non era mai successo che un candidato alla presidenza di uno dei due grandi partiti venisse condannato, ma ci sono già state diverse analisi. Noi ci siamo concentrati su quelle di FiveThirtyEight, Nate Silver, del Washington Post e del New York Times.
In sintesi, i sondaggi suggeriscono che una parte dei sostenitori di Trump (tra il 20 e il 25%) potrebbe riconsiderare il proprio supporto, ma solo una piccola percentuale (4%) lo abbandonerebbe con certezza. Molti di questi elettori potrebbero diventare indecisi piuttosto che sostenere Biden. La maggior parte della base elettorale del tycoon continuerà a sostenerlo, avendo interiorizzato la narrativa della "caccia alle streghe". Tuttavia, il sostegno recentemente guadagnato tra i giovani e gli elettori non bianchi potrebbe venire meno.
Gli elettori poco informati potrebbero essere influenzati dalla semplice percezione che Trump sia un condannato e quindi non votabile. Anche piccoli spostamenti nelle intenzioni di voto potrebbero rivelarsi decisivi in un'elezione. L'effetto della condanna potrebbe diminuire nel tempo, ma rappresenta comunque un nuovo livello di polarizzazione nella politica americana.
Nel breve termine, c'è un certo consenso sul fatto che i sondaggi potrebbero favorire Biden, ma la vera questione è quanto questo effetto sarà duraturo. È possibile che l'impatto si attenui con il passare dei mesi, soprattutto se Trump dovesse riuscire a sfruttare la situazione per rafforzare la sua narrativa di persecuzione politica. D'altra parte, la condanna potrebbe anche fungere da costante promemoria per gli elettori indecisi o moderati, rendendo più difficile per Trump espandere la sua base di sostegno oltre il nucleo di fedelissimi.
Ieri nel frattempo sono già usciti alcuni sondaggi. Un sondaggio di Harris X/Harris poll ha evidenziato uno spostamento a favore di Biden di 4 punti (è passato da uno svantaggio di 6 punti a uno di 2). Echelon Insight ha intervistato nuovamente 477 elettori che aveva intervistato già in precedenza e il risultato è stato uno swing a favore di Biden di 2 punti: dalla parità a Biden +2. Infine, un sondaggio Reuters/Ipsos ha rilevato che dopo la condanna di Trump, Biden è avanti di +2 tra gli elettori registrati (41% a 39%), con un elettore repubblicano su 10 che si dice ora meno propenso a votare per Trump come presidente
La proposta di Biden per un cessate il fuoco a Gaza
Nella giornata di venerdì il presidente americano Joe Biden ha rilasciato una serie di dichiarazioni molto importanti sul conflitto in corso nella striscia di Gaza. Già da diverse settimane l'inquilino della Casa Bianca era alle prese con il tentativo di trovare un difficile equilibrio fra l'esigenza di mantenere comunque forme di appoggio verso Israele e la necessità di non scontentare quella parte del suo elettorato fortemente contraria verso il paese guidato da Netanyahu.
Dopo l'attacco israeliano avvenuto domenica scorsa in un campo profughi dove, come sottolinea una analisi del New York Times, sono state usate anche bombe americane, Biden ha scelto di esporsi in prima persona. Il presidente americano, infatti, si è fatto promotore di una intesa per un cessate il fuoco permanente. “Hamas non è più in grado di pianificare un attentato simile a quello del 7 ottobre”, ha affermato infatti Biden, “è tempo che questa guerra finisca e si inizi a pianificare il dopo”.
La soluzione prospettata è quella di un accordo in tre fasi: la prima prevede un cessate il fuoco di sei settimane, con il ritiro dei soldati israeliani da Gaza, il rilascio di tutti gli ostaggi e un massiccio invio di aiuti umanitari verso la popolazione palestinese. La seconda implica una fine permanente delle ostilità, con alcune nazioni (Stati Uniti, Egitto e Qatar) che sarebbero garanti della pace. La terza prevederebbe invece un piano per la ricostruzione delle zone distrutte, della durata di cinque anni, con l’instaurazione di un governo palestinese non guidato da Hamas.
“So che c'è chi, in Israele, non sarà d'accordo con questo piano e chiede che la guerra continui indefinitamente, alcuni persino nella coalizione di governo", ha proseguito poi Biden. “Hanno chiarito che vogliono occupare Gaza. Vogliono continuare a combattere per anni. Nonostante questo, però, ho esortato la leadership in Israele a sostenere questo accordo”. Si tratta comunque di un’intesa tutt’altro che semplice da raggiungere, vista la distanza fra le parti su vari temi.
Hamas, a riguardo, ha risposto con una nota nella quale si sostiene che il movimento “vede positivamente quanto incluso nel discorso di oggi del Presidente degli Stati Uniti e conferma la sua disponibilità a trattare in modo positivo e costruttivo qualsiasi proposta basata su un cessate il fuoco permanente, il completo ritiro dalla Striscia di Gaza, la ricostruzione, il ritorno degli sfollati in tutte le loro residenze e il completamento di un serio accordo di scambio di prigionieri”. Molto più critica è invece la posizione del governo israeliano.
Nella giornata di sabato, infatti, il presidente Benjamin Netanyahu ha riaffermato nuovamente che il suo paese non accetterà un cessate il fuoco finché non sarà completamente distrutta la capacità militare di Hamas. Come sottolinea il New York Times, la sua risposta era rivolta principalmente a un pubblico interno e volto a sedare le diverse tensioni nel governo piuttosto che porsi in contrasto con la Casa Bianca. Due membri di estrema destra del suo governo, Bezalel Smotrich e Itamar Ben-Gvir, riterrebbero una “sconfitta completa" quella che porterebbe ad accettare tale intesa, dichiarando che lascerebbero il gabinetto e farebbero cadere di conseguenza lo stesso presidente.
La proposta di Biden, in ogni caso, ha mobilitato anche il fronte interno in Israele. L’Hostages and Missing Families Forum, che riunisce i familiari degli ostaggi ancora non rilasciati, ha dichiarato l’inizio di una serie di azioni volte a mettere pressione ai membri del gabinetto per accettare una intesa.
Le altre notizie della settimana
Il presidente americano Joe Biden ha autorizzato l'Ucraina a colpire obiettivi in Russia vicino alla regione di Kharkiv, per difendersi dagli attacchi subiti. La decisione rappresenta un cambiamento nella posizione degli Stati Uniti, che finora si erano opposti a consentire di colpire il territorio russo con armi fornite dagli USA.
Tuttavia, un funzionario americano ha precisato che gli Stati Uniti continuano a opporsi a attacchi ucraini in profondità nel territorio russo, in particolare con i missili a lungo raggio ATACMS.
Il senatore della West Virginia Joe Manchin ha lasciato ufficialmente i Democratici per registrarsi, nel suo stato, come Indipendente. Questa mossa fa pensare a una possibile candidatura al di fuori dei due partiti tradizionali, al Senato o per il ruolo di governatore.
Manchin è un senatore molto noto nello scenario politico americano. Si tratta infatti di una figura che fino a pochi mesi fa era nel Partito Democratico, ma che provenendo da uno stato ultraconservatore si era contraddistinto per l'aver sempre assunto posizioni moderate. Una sua candidatura potrebbe rimettere in equilibrio lo stato nella sfida per il Senato, che altrimenti sarebbe stato saldamente in mano Repubblicana.
Il giudice della Corte Suprema Samuel Alito ha dichiarato che, nonostante le pressioni, non rinuncerà a partecipare alle sessioni della Corte Suprema relative agli eventi legati all’assalto al Congresso avvenuto il 6 gennaio 2021. Tali richieste erano state fatte da più parti dopo che alcune fotografie hanno mostrato come nella sua casa fossero presenti bandiere con la scritta “Stop the Steal”, uno degli slogan del movimento che ha organizzato gli eventi di quel giorno.
La richiesta di non partecipare alle sessioni era stata fatta proprio per il rischio di una mancanza di imparzialità, elemento essenziale per i giudici della Corte Suprema. Secondo il giudice Alito, tali bandiere erano state poste dalla moglie.
In questa settimana si è tenuta la convention del Partito Libertario, alla quale hanno preso parte sia Donald Trump che Robert F. Kennedy Jr. Entrambi hanno provato a strappare l’appoggio esplicito dello stesso partito per le prossime elezioni presidenziali, senza però avere successo.