Verso le midterm: chi è favorito per vincere Camera e Senato?
In questo numero della newsletter gettiamo uno sguardo alle prossime midterm, per capire quale partito appare in vantaggio a meno di un mese dalle elezioni
Verso le midterm: chi è favorito per vincere Camera e Senato?
Manca meno di un mese al cruciale appuntamento con le midterm election, in cui gli americani saranno chiamati alle urne per decidere chi otterrà il controllo del Congresso. Il quadro politico sta mutando velocemente: per più di un anno, infatti, i sondaggi mostravano un netto vantaggio del Partito Repubblicano, grande favorito per riconquistare la Camera dei Rappresentanti e con discrete chance per strappare anche il Senato.
Come detto, però, la situazione è in evoluzione e si sta muovendo in favore dei democratici per una serie di motivi: la popolarità del presidente Biden sta crescendo, il Congresso ha approvato alcuni provvedimenti apprezzati dalla base, la questione aborto ha mobilitato numerosi elettori. A questo si aggiunge anche il fattore relativo ai candidati repubblicani, dal momento che alcune delle figure scelte dal GOP appaiono poco competitive, come ad esempio Blake Master nel Senato in Arizona (stato che poteva essere assolutamente contendibile).
Sia chiaro, in tutto questo scenario resta un punto fermo: al momento i repubblicani sono ancora favoriti per ottenere il controllo della Camera. Il forecast di FiveThirtyEight, infatti, mostra come il GOP abbia il 71% di possibilità di vittoria, contro il 29% dei democratici. Per questi ultimi, però, il dato è comunque nettamente migliore rispetto agli ultimi mesi, dal momento che solo a giugno le percentuali erano all’incirca 88-12.
Questi numeri sono importanti anche per un altro motivo: come è facilmente comprensibile, non conta solamente l’ottenimento della maggioranza, ma anche il margine con cui il partito controllerà la Camera. Le stesse previsioni, a giugno, indicavano un divario di +39 seggi a favore del GOP, attualmente ridotto a soli 15. Dati confermati anche dal miglioramento degli indici di approvazione nei confronti del presidente Joe Biden e del gradimento per i democratici.
Per sintetizzare la situazione alla Camera dei Rappresentanti, si può dunque affermare come i repubblicani siano i grandi favoriti per ottenere la maggioranza. Da alcune settimane, però, si nota un trend in miglioramento per i democratici, tornati nuovamente competitivi ed in crescita nei sondaggi. Al momento appare comunque difficile che questo possa tradursi in una vittoria nelle midterm (anche per via del redistricting, il meccanismo con cui vengono ridisegnati i collegi elettorali che tende a favorire il GOP), anche se bisogna comunque continuare a monitorare questi dati per capire cosa potrà accadere l’8 novembre.
E la situazione del Senato? Anche qui possiamo notare un trend in miglioramento verso i democratici, che dopo essere stati a lungo in svantaggio ora appaiono come i favoriti per tenere il controllo nella Upper House. Se a giugno il GOP aveva il 60% di possibilità di vittoria, questo dato ora si è trasformato in un 67% in favore dei dem, anche se lo scenario è molto fluido e potrebbe cambiare nelle prossime settimane.
Questo perché vi sono tuttora molte corse in bilico, il cui risultato sarà decisivo per l’esito della tornata. Una di queste è in Pennsylvania, dove si confrontano il progressista democratico John Fetterman e il repubblicano Mehmet Oz, volto televisivo noto per alcune sue posizioni ambigue sul Covid ma che sta improntando una campagna elettorale all’insegna del moderatismo e della ricerca del consenso da parte degli elettori indipendenti.
Diversi sondaggi, infatti, hanno mostrato come il vantaggio di Fetterman (pur restando discretamente ampio) si stia pian piano riducendo nel corso delle ultime settimane, sia perché Oz è stato bravo a catalizzare su di sé il voto di molti repubblicani inizialmente indecisi, sia perché il candidato democratico sta perdendo un po’ di supporto fra i suoi elettori, anche a causa di precarie condizioni di salute.
Una situazione simile la si può trovare anche in Nevada, stato che negli ultimi anni ha votato sempre a favore dei democratici e la cui sfida si preannuncia parecchio combattuta. Per capire come la corsa si sia riequilibrata nel corso degli ultimi mesi può essere utile mostrare un dato visivo con l’immagine sottostante: l’ampio vantaggio della candidata dem Catherine Cortez Masto nei confronti di Adam Laxalt si è pian piano ristretto, ed ora la situazione appare in perfetto equilibrio.
In settimana il New York Times ha analizzato nel dettaglio la situazione dello stato, dove è attivo uno dei più importanti sindacati nazionali, il Culinary Workers Union di Las Vegas. L’attivismo di quest’ultimo nel corso degli anni ha favorito il Partito Democratico, ma in questa tornata si sta scontrando con la crescente diffidenza degli elettori, preoccupati per la stagnazione economica e per la crescita dell’inflazione. Si tratta dunque di un’elezione apertissima, ma nelle ultime settimane il trend sembra virato verso il candidato repubblicano.
Verosimilmente, a decidere la maggioranza nella Upper House saranno tre sfide: le due sopracitate e quella in Georgia, dove Raphael Warnock è alla ricerca della riconferma contro lo sfidante Herschel Walker, ex stella del football spinto da Trump ma sostenuto da tutto il Partito Repubblicano. Il margine nei sondaggi fra i due candidati è risicatissimo e la sfida è assolutamente aperta, ma uno scandalo che ha colpito l’esponente del GOP potrebbe favorire i democratici.
La sua ex fidanzata, infatti, avrebbe accusato Walker (fortemente antiabortista, tema a cui la base repubblicana è particolarmente sensibile) di averla pagata per interrompere la gravidanza in due occasioni. Il candidato, dal canto suo, ha immediatamente negato ogni accusa, ma bisognerà valutare quale portata assumerà la vicenda nel corso della tornata e quanto potrebbe danneggiare il GOP. Una cosa è certa: negli ultimi giorni le possibilità di vittoria di Warnock sono aumentate, anche se è troppo presto per capire se questo trend potrà mantenersi fino a novembre.
Biden concede la grazia a quanti sono in carcere per il possesso di marjuana
Con una mossa che segue una delle promesse portate avanti nel corso della campagna elettorale, Joe Biden ha annunciato la concessione della grazia presidenziale a tutti coloro che sono stati condannati per il reato federale di possesso di marijuana. Cosa cambierà con questa mossa? Il condono riguarda le persone condannate a livello federale per il semplice possesso, attualmente punibile con una pena che va fino ad un anno di carcere.
Tuttavia la mossa di Biden non va a depenalizzare tutti i reati legati alla marjuana: non vi sarà alcuno sconto di pena per chi è in carcere per spaccio o per possesso di cannabis ai fini della sua distribuzione. Va inoltre sottolineato che questa decisione riguarderà solo una parte delle persone condannate, dal momento che molti lo sono a livello statale e non federale (e qui l’autorità è in mano ai singoli stati e non dalla Casa Bianca).
L’obiettivo finale, nell’ottica dell’inquilino della Casa Bianca, sarebbe quello di arrivare ad una totale depenalizzazione di tale reato. In quest’ottica va considerato, in ogni caso, come la legge in molte aree del paese sia tutt’altro che rigida: al momento l’utilizzo di cannabis a scopo ricreativo è legale in 19 stati ed è depenalizzato in ulteriori 12. Allargando l’orizzonte anche all’uso per fini medici, il numero di stati in cui questo è permesso sale a 37.
Le altre notizie della settimana:
Nelle ultime settimane a tenere banco dal punto di vista delle relazioni internazionali non sono state soltanto le minacce russe relative alla guerra in Ucraina, ma anche alcuni test missilistici operati dalla Corea del Nord. In risposta a questi ultimi, l'amministrazione Biden ha scelto di imporre nuove sanzioni al paese asiatico, volte a colpire proprio la catena di approvvigionamento utile per costruire materiale bellico.
Il sindaco di New York Eric Adams ha dichiarato lo stato d'emergenza in relazione al notevole afflusso di migranti in città. L'obiettivo di questa mossa è quello di richiedere ulteriori fondi per l'accoglienza, nonché di coordinare meglio gli sforzi delle associazioni impegnate in queste attività: il primo cittadino della Grande Mela ha spiegato anche che uno dei fini è quello di fornire una sistemazione adeguata a quanti decidono di restare in città.
Stando a quanto riportato da The Hill, l’amministrazione Biden avrebbe portato avanti un’altra azione importante in ambito migratorio: la Casa Bianca avrebbe infatti deciso di riunire circa 500 famiglie ai rispettivi figli, separati dalla politica di tolleranza zero portata avanti da Trump.
In settimana alcuni paesi produttori di petrolio hanno annunciato un taglio alla produzione che farà aumentare ulteriormente i prezzi della benzina negli Stati Uniti: secondo numerosi analisti si tratta di una questione che potrebbe avere risvolti politici, creando turbolenze interne che rischiano di indebolire i democratici in vista delle midterm.
Il Presidente Biden ha firmato un ordine esecutivo che limita gli attacchi dei droni antiterrorismo al di fuori delle zone di guerra convenzionali, rendendo più severe le regole che il Presidente Donald J. Trump aveva allentato. La nuova policy richiede l'approvazione di Biden prima che un sospetto terrorista venga aggiunto alla lista di coloro che possono essere presi di mira per "azioni dirette".
Si tratta di un ritorno a un controllo più centralizzato delle decisioni sulle operazioni di uccisione mirata, che è stato un segno distintivo del secondo mandato del presidente Barack Obama.
Gli agenti federali che indagano su Hunter, il figlio del Presidente Biden, hanno raccolto prove sufficienti per accusarlo di reati fiscali e di una falsa dichiarazione relativa all'acquisto di un'arma, secondo quanto riferito dal Washington Post. Il prossimo passo spetterà al Procuratore degli Stati Uniti del Delaware, un membro dell'amministrazione Trump, che deciderà se presentare tali accuse.
Il Senatore Ben Sasse (R-NE), uno degli esponenti del GOP maggiormente schierato contro Donald Trump, dovrebbe lasciare presto la politica per assumere il ruolo di direttore dell’Università della Florida.