AOC è il futuro dei Democratici americani?
La deputata Ocasio-Cortez sta girando il paese per dei comizi che stanno ottenendo un incredibile successo. Questo sta alimentando le voci riguardanti una sua possibile candidatura alla presidenza
Dal momento che domani è il giorno di Pasqua, la newsletter di Focus America anticipa di un giorno. Cogliamo l’occasione per rivolgere i nostri auguri a tutti i lettori.
Basta scorrere i titoli delle principali fonti d’informazione americane per individuare la parola che più spesso accompagna gli articoli sul Partito Democratico: crisi. È un termine ricorrente su testate come Associated Press, New York Times e PBS, solo per citarne alcune. Le ragioni che hanno portato a questa situazione di difficoltà e il dibattito sul futuro del partito sono stati già affrontati in un precedente numero della newsletter, e quindi non ci soffermeremo oltre. È vero, segnali incoraggianti non sono mancati: la vittoria nella sfida per la Corte Suprema in Wisconsin e alcuni buoni risultati in Florida rappresentano barlumi di ripresa. Ma è altrettanto evidente che la strada per riconquistare la fiducia dell’elettorato americano resta lunga e incerta.
In questo contesto, però, una parte della base democratica ha scelto di non restare immobile e sta tentando di organizzare un’opposizione strutturata a Donald Trump. A guidare questo sforzo ci sono Alexandria Ocasio-Cortez, deputata eletta a sorpresa nel 2018 e ormai volto di punta del movimento progressista, e Bernie Sanders. I due stanno portando avanti una serie di comizi in tutto il Paese, con un successo sorprendente, sia per partecipazione che per impatto mediatico. Nelle roccaforti democratiche i numeri sono impressionanti: circa 36.000 persone a Los Angeles, 30.000 a Sacramento e 24.000 a Denver si sono riunite sotto lo slogan “Fight Oligarchy”. Ma ciò che colpisce di più è il consenso ottenuto anche in territori tradizionalmente conservatori. In Utah, dove Trump ha vinto con oltre 30 punti di vantaggio, si sono radunate 20.000 persone; in Idaho, altre 12.000.
Sanders e Ocasio-Cortez hanno impostato la loro campagna su un messaggio forte e chiaro: denuncia dell’oligarchia economica, difesa della classe media, e attacco frontale a figure come Donald Trump ed Elon Musk, accusati di arricchirsi a spese della maggioranza. Durante un comizio a Folsom, in California, il senatore del Vermont ha dichiarato: “In tutto il Paese la gente è in difficoltà, ogni giorno, e lotta per sopravvivere. Siamo il Paese più ricco al mondo, possiamo fare sicuramente meglio di così”. Un'affluenza di queste dimensioni era tutt’altro che scontata, e rappresenta un successo significativo per una coppia politica che sta cercando di rilanciare un'agenda già al centro delle precedenti campagne presidenziali di Sanders. È un richiamo alla giustizia economica che continua a trovare terreno fertile, anche dove meno ci si aspetterebbe.
Come sottolineato dal New York Times, lo stesso Sanders ha dichiarato di essere fiducioso che questa ondata di rabbia anti-establishment possa tradursi in risultati concreti per la sinistra. Il suo obiettivo immediato è mettere sotto i riflettori i membri Repubblicani più vulnerabili della Camera, attaccandoli su temi chiave come i tagli alla previdenza sociale, a Medicare e Medicaid. Per citare un esempio, a Folsom, cittadina al confine con le colline conservatrici tra Sacramento e il Lago Tahoe, ogni riferimento al deputato repubblicano della zona, Kevin Kiley, è stato accolto da una pioggia di fischi.
Rischi e opportunità per i progressisti
Il fatto che Bernie Sanders e Alexandria Ocasio-Cortez stiano ottenendo successi significativi non implica, tuttavia, che la seconda possa considerarsi favorita per ottenere la candidatura presidenziale nel 2028, qualora decidesse di candidarsi. All’interno del Partito Democratico esiste infatti un’ala moderata che osserva con preoccupazione il possibile ritorno di una spinta a sinistra, considerata da molti analisti – e confermata da alcuni sondaggi – una delle cause principali della sconfitta subita a novembre. La tensione interna al partito tra visioni più centriste e l’agenda progressista resta quindi un elemento centrale nel dibattito sulla futura leadership democratica.
In parte, questa preoccupazione è fondata. Su temi particolarmente divisivi, come quelli legati ai diritti transgender e, più in generale, ai diritti civili – tematiche che negli Stati Uniti spesso rientrano nel cosiddetto culture war – Donald Trump sembra mantenere un chiaro vantaggio, soprattutto tra l’elettorato maschile. Non è un caso che, come ha sottolineato in questi giorni Newsweek, i suoi ripetuti richiami alla mascolinità abbiano rafforzato notevolmente il suo consenso tra i giovani uomini, con tassi di apprezzamento ai massimi storici.
Tuttavia, su altri fronti, il messaggio dei progressisti si sta dimostrando molto efficace. Le battaglie contro i tagli alla spesa pubblica promossi da figure come Elon Musk e Donald Trump – in particolare nei settori della sanità, della previdenza sociale e dell’istruzione – toccano corde sensibili in un Paese in cui milioni di cittadini lottano ogni giorno per accedere a servizi essenziali. Su questi temi, il campo progressista riesce a intercettare una frustrazione diffusa e trasversale, che potrebbe rivelarsi decisiva nella costruzione di un consenso più ampio in vista del futuro.
Cosa dicono i sondaggi
La domanda che serpeggia tra analisti e opinionisti è sempre la stessa: Alexandria Ocasio-Cortez si candiderà davvero alla presidenza nel 2028? Al momento, la deputata di New York non ha sciolto le riserve, ma i segnali che arrivano dal tour nazionale con Bernie Sanders sembrano tutt’altro che neutri. “Fighting Oligarchy” non è solo uno slogan: è il primo vero tentativo organizzato di costruire un’alternativa forte al trumpismo, in un momento in cui il Partito Democratico fatica ancora a trovare una voce chiara e unitaria.
Secondo Nate Silver, AOC è oggi la candidata con più probabilità di guidare il ticket Democratico nel 2028. Lo dicono i numeri, il clima generale e la presenza di un messaggio politico che, pur essendo ancora chiaramente progressista, si è fatto più maturo e centrato sul tema dell’economia. Non più “Abolish ICE”, ma redistribuzione, giustizia sociale, protezione dei servizi pubblici: in poche parole, pane quotidiano per una parte sempre più ampia dell’elettorato democratico.
I sondaggi premiano questa strategia. Una rilevazione della Yale University attribuisce a Ocasio-Cortez un indice di gradimento netto di +60 tra gli elettori democratici, il più alto fra tutti i potenziali candidati. In uno scenario senza Kamala Harris, AOC è già seconda (a pari merito con Cory Booker) dietro solo a Pete Buttigieg. In un altro sondaggio, risulta la figura che “meglio incarna i valori del Partito Democratico”, davanti proprio a Harris e allo stesso Sanders.
Certo, il cammino è ancora lungo. Come ha fatto notare Silver, in un contesto affollato e competitivo il consenso potrebbe frammentarsi, e AOC potrebbe decidere di puntare ad altri obiettivi, come una corsa per il Senato. Ma per tutto questo, sicuramente, bisognerà aspettare almeno un altro anno e mezzo.
Le altre forme di opposizione Democratica
Certo, quello di Alexandra Ocasio-Cortez e Bernie Sanders non è l’unico tentativo di fare opposizione a Donald Trump. Il deputato Jamie Raskin, figura di spicco per il suo ruolo nella commissione sull’attacco al Congresso del 6 gennaio 2021, ha ad esempio adottato un motto: “A rally a day keeps the fascists away”, partecipando a 52 manifestazioni e recandosi regolarmente in distretti repubblicani per parlare con gli elettori, dove i rappresentanti conservatori non si presentano più per non essere troppo criticati. Secondo lui, è fondamentale che i cittadini vedano leader coraggiosi che sfidano apertamente il clima di paura imposto dal trumpismo.
Ha fatto poi storia il tentativo di Cory Booker, il senatore che ha tenuto un discorso di opposizione durato ben 25 ore, il più lungo della storia, che gli ha permesso anche di risalire nei sondaggi. In questi giorni, inoltre, il senatore Chris Van Hollen si è recato a El Salvador per incontrare un cittadino americano ingiustamente espulso, che l’amministrazione si sta rifiutando di rimpatriare nonostante le sollecitazioni provenienti da parte dei giudici. Tutto questo in un periodo in cui la leadership di Chuck Schumer sta invece traballando, visto che parte del partito lo accusa di essere troppo morbido.
Le altre notizie della settimana
Secondo il Wall Street Journal, l’amministrazione Trump starebbe utilizzando i negoziati sui dazi per spingere oltre 70 Paesi a ridurre i legami economici con la Cina, in cambio di agevolazioni tariffarie. L’obiettivo è isolare Pechino, impedirle di aggirare le sanzioni statunitensi e costringerla a negoziare da una posizione di debolezza.
Al centro della strategia c’è il segretario al Tesoro Scott Bessent, che ha proposto l’idea direttamente a Trump e ha lasciato intendere che l’offensiva potrebbe includere anche misure come l’esclusione delle aziende cinesi dalle borse USA. Mentre la Casa Bianca tace ufficialmente, emergono segnali di pressioni su alleati chiave come Giappone, Regno Unito e India. Intanto, anche la Cina si muove sul fronte diplomatico, cercando nuovi accordi, come quelli siglati in Vietnam.
Dodici deputati repubblicani moderati hanno inviato una lettera alla leadership del partito esprimendo la loro ferma opposizione a tagli profondi a Medicaid nel prossimo pacchetto di riconciliazione di bilancio, mettendo in luce le crescenti divisioni nel GOP tra l’ala conservatrice e quella centrista. I firmatari, eletti in distretti politicamente vulnerabili, temono l’impatto di simili misure su ospedali e servizi essenziali, soprattutto nelle aree rurali.
Pur favorevoli a riforme mirate, escludono qualsiasi riduzione della copertura per categorie fragili. Lo Speaker Mike Johnson si trova a mediare tra richieste di austerità e difesa dei servizi, mentre i Democratici attaccano i piani del GOP con campagne pubblicitarie contro i tagli, legandoli alla protezione dei benefici fiscali per i più ricchi. Il confronto interno rischia di esplodere nei prossimi mesi, rendendo Medicaid un tema chiave in vista delle elezioni del 2026.
La California ha intentato una causa contro l’amministrazione Trump contestando la legittimità dei dazi imposti tramite l’IEEPA, legge che secondo lo Stato non conferisce al presidente poteri così ampi in materia tariffaria. L’iniziativa, annunciata da Gavin Newsom e dal procuratore Rob Bonta, riflette lo scontro istituzionale tra Sacramento e Washington e mira a proteggere l’economia californiana, fortemente esposta al commercio globale. Settori come l’agricoltura e la tecnologia risulterebbero particolarmente colpiti dai dazi, definiti da Newsom “illegali” e “caotici”.
La Casa Bianca ha reagito accusando Newsom di distrarre l’attenzione dai problemi locali, mentre il governatore ha avviato azioni parallele, come trattative con Paesi stranieri per esentare i beni californiani dalle ritorsioni e il rilancio di campagne turistiche. La causa si distingue dalle precedenti per il suo carattere unilaterale: a differenza di altre azioni coordinate con Stati democratici, qui la California si muove da sola, a dimostrazione del peso strategico che il commercio ha per l’economia dello Stato e della crescente tensione con la presidenza Trump.
Luigi Mangione è stato formalmente incriminato da un grand jury federale di New York con quattro capi d’imputazione, tra cui l’omicidio con arma da fuoco, reato che potrebbe comportare la pena di morte. La Procura Generale, guidata da Pam Bondi, ha autorizzato il Dipartimento di Giustizia a richiederla. Mangione è accusato dell’omicidio di Brian Thompson, CEO della UnitedHealthcare, avvenuto il 4 dicembre a Manhattan.
L'omicidio, avvenuto in pieno giorno davanti a un hotel, ha attirato forte attenzione mediatica. Mangione è stato arrestato settimane dopo in Pennsylvania. L’inserimento dei capi per stalking fa pensare a una premeditazione, ma le motivazioni restano ignote. Il doppio livello del procedimento – federale e statale – e la possibile richiesta della pena capitale rendono il caso particolarmente grave e complesso.
Purtroppo AOC e Bernie sono soltanto una minoranza controllata. Il futuro dell’America è una Gen Z più coinvolta