La fine dell'alleanza tra Musk e Trump
Trump e Musk hanno dato vita a un acceso scontro sui social, che ha sancito la fine della loro alleanza. Ma quali saranno le conseguenze?
Già nella newsletter della scorsa settimana avevamo parlato della lenta uscita di scena da parte di Elon Musk, che dopo la folgorazione e l’attivo impegno iniziale aveva programmato l’abbandono dell’amministrazione Trump. Sette giorni fa, però, era impossibile prevedere che la situazione sarebbe esplosa nel modo in cui è avvenuto da giovedì in poi. Le tensioni che avevano preso avvio con le ripetute critiche che Elon Musk ha effettuato a quello che nel gergo giornalistico è stato definito il “One Big Beautiful Bill”, ovvero il disegno di legge che contiene tutte le priorità repubblicane, sono degenerate sui social. Proprio quando il disegno di legge era in approvazione alla Camera (in attesa dell’esame del Senato), Musk ha iniziato a moltiplicare le sue critiche su X, la piattaforma da lui posseduta.
Prima ha iniziato con critiche aperte alla legge, poi si è passato scontro aperto, con numerosi botta e risposta con Donald Trump. Quando la situazione è degenerata, l’uomo più ricco del mondo ha lanciato un sondaggio su una possibile nuova formazione politica che rappresenti il “centro dell’80% degli americani”, ha messo in discussione l’efficacia delle politiche economiche repubblicane e si è spinto fino a suggerire che il presidente Trump comparirebbe nei dossier Epstein non ancora resi pubblici. “È ora di lanciare la bomba grossa: Trump è nei dossier Epstein. Ecco perché non sono stati pubblicati. Buona giornata DJT!”, ha scritto Musk, insinuando legami tra il presidente e il finanziere condannato per traffico sessuale, morto in carcere nel 2019. Dal canto suo, Trump non ha tardato a rispondere su Truth Social, accusando Musk di essere “impazzito” per la rimozione dei sussidi per i veicoli elettrici e minacciando di cancellare tutti i contratti pubblici con le sue aziende. “Il modo più semplice per risparmiare miliardi di dollari nel nostro budget è terminare i sussidi e i contratti con Elon”, ha scritto. “Sono sempre stato sorpreso che Biden non lo abbia fatto!”.
Ma la faida è solo all’inizio. Intervistato da Kristen Welker di NBC News, il presidente Trump ha dichiarato sabato che il rapporto con Musk è “probabilmente irrecuperabile”. Alla domanda se intendesse cercare una riconciliazione con il miliardario, la risposta è stata secca: “No”. Più che una lite passeggera, sembra il collasso definitivo di un’alleanza politica che aveva avuto un ruolo centrale nell’architettura del nuovo governo. Trump ha bollato Musk come “irrispettoso verso l’ufficio presidenziale” e ha promesso “gravi conseguenze” se dovesse finanziare candidati contrari al disegno di legge. Alcuni commenti di Musk sono stati successivamente rimossi, inclusa proprio l’accusa sui dossier Epstein e un altro messaggio in cui minacciava di ritirare dal programma NASA le capsule Dragon di SpaceX. Quest’ultimo post era arrivato in risposta diretta alle parole del presidente, che su Truth Social aveva rilanciato l’idea di tagliare i contratti federali con le aziende di Musk, a cominciare proprio da quelli in ambito aerospaziale. Venerdì, parlando a bordo dell’Air Force One durante il volo verso il New Jersey, Trump non ha escluso l’ipotesi. “Riceve molti sussidi. Ne parleremo. Se sarà equo per lui e per il Paese, ci penserò sicuramente. Ma dev’essere equo”, ha detto, lasciando aperta la porta a un vero e proprio strappo istituzionale.
Cosa può accadere ai contratti di Musk
Proprio quest’ultima questione è forse una delle più interessanti per capire quali conseguenze potrà avere lo scontro fra Donald Trump e Elon Musk. Il presidente ha minacciato pubblicamente di interrompere i contratti governativi con le aziende di Musk, in particolare SpaceX e Tesla, sostenendo che sarebbe “il modo più facile per risparmiare miliardi di dollari nel nostro bilancio”. La reazione di Musk non si è fatta attendere: in un primo momento ha annunciato l’intenzione di dismettere la capsula Dragon, l’unico mezzo americano in grado di trasportare astronauti sulla Stazione Spaziale Internazionale. Anche se poi ha fatto marcia indietro, questo episodio ha evidenziato quanto profonda sia diventata la frattura tra due figure che fino a poche settimane fa sembravano politicamente alleate.
Lo scontro arriva in un momento particolarmente delicato per l’industria spaziale americana. SpaceX ha ricevuto negli anni contratti per oltre 20 miliardi di dollari da agenzie come la NASA e il Pentagono, giocando un ruolo essenziale nel programma Artemis e nelle missioni ISS. Il rischio di uno stop ai contratti non solo metterebbe in difficoltà Musk, ma come sottolinea Reuters potrebbe anche rallentare l’intero programma spaziale statunitense, con ripercussioni geopolitiche e tecnologiche. A peggiorare la situazione, la rottura con Musk ha già avuto un primo effetto politico: la Casa Bianca ha ritirato la nomina di Jared Isaacman — sostenitore di Musk — alla guida della NASA, rivelando come la vendetta politica potrebbe influenzare anche le scelte strategiche dell’amministrazione.
Tesla, dal canto suo, è forse meno esposta ai finanziamenti diretti, ma non per questo immune. Il suo business si regge anche su incentivi pubblici, come i crediti di emissione venduti ad altri produttori e gli sgravi fiscali per l’acquisto di veicoli elettrici. Secondo CBS News, il solo taglio ai crediti ambientali in California potrebbe costare a Tesla oltre 2 miliardi di dollari, mentre l’abolizione dei bonus per l'acquisto di auto elettriche prevista dal “One Big Beautiful Bill Act” metterebbe in discussione altri 1,2 miliardi. Musk ha dichiarato che queste misure danneggerebbero più i concorrenti che Tesla stessa, ma il tono acceso dei suoi commenti, incluso il riferimento al disegno di legge come una “disgusting abomination”, suggerisce che le conseguenze economiche per la sua azienda potrebbero essere tutt’altro che trascurabili.
Musk e la possibilità di un nuovo partito
Un’altra delle minacce poste sul tavolo da Musk è la possibilità di creare un nuovo partito. Come già sottolineato in apertura, giovedì scorso, il miliardario ha lanciato un sondaggio sulla piattaforma X chiedendo ai suoi 220 milioni di follower se fosse “giunto il momento di creare un nuovo partito politico in America che rappresenti davvero l’80% al centro”. L’idea ha subito acceso il dibattito: l’80% dei votanti ha risposto sì, e Musk ha rilanciato scrivendo “è destino”. Il giorno dopo ha anche appoggiato la proposta di chiamarlo “America Party”, un nome che richiama da vicino America PAC, il comitato d’azione politica che ha creato nel 2023 e con cui ha speso 239 milioni di dollari per sostenere Trump e altri candidati repubblicani alle elezioni del 2024.
Ma fondare un nuovo partito politico negli Stati Uniti è tutt’altro che semplice. Democratici, Repubblicani e alcune terze forze maggiori hanno già accesso alle schede elettorali in quasi tutti gli stati, e per un partito emergente servirebbe superare un intricato sistema di regole statali. Inoltre, mentre Musk può finanziare America PAC senza limiti perché si tratta di un super PAC indipendente, i contributi a un partito politico formale sono soggetti a limiti rigidi (meno di un milione di dollari a ciclo elettorale, secondo la FEC). Le incertezze sul reale intento di Musk restano: solo poche ore dopo il sondaggio, ha risposto con un semplice “Ok” a un utente che suggeriva di agire all’interno del GOP, e ha commentato con un “Hmm” un altro post che proponeva di riformare uno dei due grandi partiti dall’interno.
Le altre notizie della settimana
Trump ha annunciato un nuovo Travel Ban che restringe l’ingresso negli Stati Uniti da 19 Paesi, citando motivi di sicurezza nazionale. L’ordine esecutivo, in vigore da lunedì, impone divieti totali per 12 Paesi tra cui Afghanistan, Iran e Somalia, e restrizioni parziali per altri 7, tra cui Cuba e Venezuela. Sono previste alcune eccezioni, come per residenti permanenti, titolari di visti esistenti e atleti in competizioni internazionali.
La decisione è stata motivata dal presidente con il recente attacco terroristico a Boulder, e segna un ritorno alla linea dura sull’immigrazione già vista nel suo primo mandato. Trump ha accusato Biden di politiche migratorie troppo permissive e ha sottolineato la necessità di controlli più severi. La misura richiama il controverso "Muslim Ban" del 2017, ma con una portata più ampia e nuove categorie di esclusione.
Trump ha raddoppiato i dazi su acciaio e alluminio portandoli dal 25% al 50%, escludendo temporaneamente solo il Regno Unito grazie a un accordo bilaterale. L’obiettivo, secondo voil’Amministrazione, è proteggere le industrie strategiche nazionali e la sicurezza del Paese da importazioni a basso costo, soprattutto dalla Cina. La misura è già in vigore e segna un ulteriore inasprimento della linea protezionista adottata dal presidente.
Immediate le reazioni internazionali: Canada, Messico e Unione Europea hanno criticato la decisione definendola ingiustificata e destabilizzante. Bruxelles minaccia contromisure entro metà luglio. Negli USA, l’industria si divide: produttori di acciaio approvano, mentre il settore alimentare teme un aumento dei prezzi per i consumatori.
La scorsa settimana avevamo parlato dell’uscita di Elon Musk dall’amministrazione Trump. Ora l’imprenditore torna all’attacco, criticando duramente la principale legge fiscale voluta dal presidente e definendola "una disgustosa abominazione". In un post su X, Musk ha accusato il Congresso di aver approvato un disegno di legge pieno di sprechi che porterà il deficit federale a livelli insostenibili, con un debito pubblico proiettato a 2.500 miliardi di dollari.
Le sue dichiarazioni segnano una frattura clamorosa con Trump, di cui era stato sia collaboratore che principale finanziatore durante la campagna 2024. La Casa Bianca ha minimizzato le critiche, ribadendo la fiducia nel “One, Big, Beautiful Bill” e chiarendo che la posizione del presidente resta invariata. Tuttavia, lo scontro pubblico mette in luce le tensioni interne al fronte trumpiano.
Kilmar Abrego Garcia, immigrato salvadoregno espulso a marzo “per errore” nonostante un ordine di rimpatrio annullato nel 2019, è stato riportato negli Stati Uniti e ora accusato di traffico di migranti. Il caso, che ha alimentato per mesi tensioni tra l’amministrazione Trump e la giustizia federale, è diventato simbolo delle critiche contro la gestione dell’immigrazione da parte della Casa Bianca, accusata di aggirare sentenze e diritti. Abrego Garcia, residente nel Maryland e sposato con una cittadina americana, si difenderà in tribunale, mentre i gruppi per i diritti degli immigrati denunciano una deriva autoritaria nelle politiche di espulsione.